Fioramonti: “Casalino mi diceva: ‘Lorenzo, i giornalisti hanno 48 ore di memoria’. Non conta ciò che fai ma quello che dici”
Intervista all'ex ministro dell'Istruzione: "Questo governo non ha una visione, si guarda troppo alla comunicazione, l'ideatore è Casalino. Con una ventina di parlamentari faremo da cane da guardia sul Recovery Fund. Serve un rimpasto, ma non con Berlusconi. Azzolina? Arrogante, pensa di sapere tutto. E non è vero che ha messo 6 miliardi sulla scuola"
Come Davide Casaleggio, intervistato da noi di TPI la scorsa settimana e le cui parole hanno fatto discutere aprendo un dibattito sui diversi fronti che dividono i 5s, anche l’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti è preoccupato. Perché? “Sono un progressista ed ecologista convinto, e questa maggioranza è la migliore possibile visti i numeri parlamentari, ma sono deluso dal governo. Difficile essere coerenti con se stessi e al contempo essere soddisfatti di questa maggioranza”, ci spiega.
Fioramonti, professore e oggi deputato, si dimise da ministro a dicembre 2019 in protesta con il governo che non gli diede ascolto quando lui chiedeva quei famosi 3 miliardi di euro per la scuola. Ha le idee molto chiare sul dibattito che si è creato intorno alla ministra che ha preso il suo posto, Lucia Azzolina. Picchia duro sul modo di comunicare di questo governo e spiega la sua idea per un movimento ecologista e progressista le cui fondamenta sono già state gettate e intorno al quale si muovono diversi deputati e senatori.
Ha appena scritto un libro: “Un’economia per stare bene – Dalla pandemia del coronavirus alla salute delle persone e dell’ambiente” (Chiarelettere). “Oggi sono un deputato, appartengo al gruppo misto, ma tanti partiti mi hanno chiesto di entrare a far parte dei loro schieramenti politici”.
Chi?
“Dagli ex Dc, alla sinistra ed alcuni esponenti di centrodestra, passando anche per alcuni pezzi del Pd”:
E alla fine?
“Non m’interessa. Sono interessato a vedere se si può creare un sinergia che porti a un movimento progressista ed ecologista, ma non sono Calenda o Renzi, non credo in chi fa un movimento da solo”.
Mi faccia capire meglio.
“Sto dialogando con pezzi di società per punti molto concreti: il mondo così va alla deriva, il genere umano rischia di estinguersi ed il Paese di collassare sotto disastri ecologici e sociali. E noi siamo lì a fare i distinguo, quando invece dovremmo fare gioco di squadra tra persone che la pensano al 99% allo stesso modo. Mi interessa il progetto, la condivisione di un percorso, non la rielezione. Non ho alcun problema a tornarmene al mio lavoro, in Germania, dalla mia famiglia”.
Quanto guadagnava prima?
“Prima di diventare deputato guadagnavo, spannometricamente, 2 milioni di rand in Sudafrica, pari a circa 130mila euro, ma lì la vita costa un quarto di quello che costa in Italia, quindi come se ne guadagnassi 400mila”.
E oggi?
“Quello che guadagna qualsiasi deputato. Complessivamente 12mila euro al mese, poi toglici 3mila per collaboratori e le spese di gestione dell’ufficio, quindi siamo sugli 8-9mila euro al mese netti. Un lauto compenso, ovviamente, ma non difforme da quanto guadagnavo prima”.
Torniamo al suo movimento, chi ci starebbe in questo suo gruppo?
“Noi abbiamo iniziato…”.
Aspetti, noi chi?
“Ho lanciato una rete, nemmeno un movimento si può chiamare, ma appunto solo una rete: un dialogo che coinvolge tanti parlamentari ed esponenti della società. La settimana scorsa abbiamo fatto un dibattito online con tante persone, da parlamentari di LEU come De Petris, Fratoianni, Palazzotto, Laforgia fino ad ex M5s come Fattori, Nugnes e Pizzarotti), fino ad esponenti PD come Smeriglio e Majorino. Molte persone”.
Nemmeno uno dell’opposizione?
“No, no. Il nostro è un fronte progressista. Alcuni leghisti mi vogliono bene, ma non sono politicamente affine a quel mondo lì. E non voglio neanche. Guardo a un ambito che va dal centro moderato fino alla sinistra radicale”.
Poi?
“Ho ottimi rapporti con amministratori come Elly Schlein, De Magistris, Sala, Emiliano”.
Qual è il nome del movimento?
“Non è un movimento ma una rete di persone, il nome dell’evento, che si è svolto venerdì e che è stato trasmesso in streaming su Radio Radicale, il Manifesto e sulla Rivista Left, è ‘Insieme per il futuro’. A settembre faremo un’altra conferenza simile in cui lanceremo 10 proposte su come gestire il Recovery Plan”.
Per fare la conta dei voti in Parlamento?
“Bè, chi parteciperà alla nostra conferenza sul Recovery spero si impegni a fare il cane da guardia in Parlamento per far sì che le proposte vengano prese sul serio dal Governo”.
Di quanti parlamentari parliamo?
“Almeno una ventina hanno partecipato ai lavori della rete. Tra questi ci sono otto senatori, numeri decisivi”.
Senta, ma questo governo dura?
“Penso di sì, ma se dura potrebbe non essere per merito suo”.
Oggi serve un rimpasto?
“Sì. Un nuovo approccio”.
Chi va cambiato?
“Non lo so, non mi faccia fare i soliti nomi, penso che serva un segnale di inversione”.
Oggi serve un Conte 3, quindi, mi faccia capire?
“Sì, ma non con un nuovo Conte”.
Serve un nuovo premier, cioè?
“Serve un governo con un respiro nuovo, va bene anche lo stesso Conte come premier, ma che cambi passo. Deve dare una visione. Deve essere un programmatore, non solo un annunciatore. Oppure, l’alternativa è un governo diverso con nuovo premier, ma la vedo dura”.
Cioè cosa deve fare Conte per cambiar passo?
“Ponga condizioni: se non si va avanti così dica ‘Io me ne torno a casa e ve la vedete da soli’…”.
Cioè come fece lei, Fioramonti …
“Sì, magari a lui gli va bene…”.
Perché?
“Perché nel mio caso fu proprio lui a non prendere una decisione. Non fu in grado di gestire quel percorso. Il premier è scappato senza confronto o altro, per mesi”.
Ma alla fine a questo governo finora che voto dà?
“L’emergenza è stata gestita bene tutto sommato, con alcuni errori come l’incoerenza sulle mascherine o le mancate zone rosse…”.
Alt, ovvero? Andavano fatte secondo lei?
“Per me la salute delle persone e dell’ambiente vengono sempre prima. Le zone rosse vanno fatte se ci dicono che vanno fatte. Punto”.
Dicevamo, sul giudizio del governo…
“Sì, questo governo – per stile – va molto a tentoni, una gestione politica un po’ improvvisata. Fa gli stati generali ma è una passerella, non tira fuori uno straccio di programma. C’è la task force di Colao e poi non ne esce nulla. A me spaventa un governo che con 209 miliardi di euro a disposizione non sa che fare. Pensa più alla forma che alla sostanza, troppo peso alla comunicazione. Serve invece una visione e tanta capacità di programmazione. Non solo a 3 mesi, ma a 30 anni”.
Come mai è così severo?
“Sono stato due anni al governo e c’è stata sempre molta improvvisazione. Poca strutturazione. Non c’è una visione complessiva”.
A proposito, ma Casalino come lo giudica?
“È il grande ideatore di questo sistema. Ha sempre detto: non conta quello che fai, conta quello che dici. Mi diceva: ‘Lorenzo, i giornalisti hanno 48 ore di memoria, dopodiché gli devi dare altro da dire’. È per questo che si fanno gli stati generali e poi task force come quella che ha prodotto il piano Colao… Casalino ha capito bene come funziona in Italia. Il giornalismo investigativo è molto limitato, spesso è online, e i giornali devono fare anche gossip politico, dove lui sguazza. Lui è bravissimo su questo. Ma l’Italia non la migliori così”.
Nel parlare così, in modo diretto e dirompente, fuori dal coro, outcast puro, mi ricorda Calenda. Lei si sente un po’ un Calenda grillino?
“Con Calenda c’è un buon rapporto, ci sentiamo al telefono, siamo cani sciolti entrambi, abbiamo idee molto diverse, come ad esempio su Ilva, e su altre cose ancora come Eni, contro cui io mi scontrai, ma sicuramente nello stile potremmo avere qualcosa in comune”.
Dieci anni dopo, dei 5s cosa rimane?
“Io ci ho creduto, ma devono ritrovare una bussola. Dovevano essere una cintura di trasmissione tra cittadinanza e politica, ma si sono piegati alle poltrone, più ossessionati dalle nomine nei CdA che dalla trasformazione del Paese. I 5s oggi si stanno comportando molto più come politici di lungo corso anziché come voce di cittadinanza”.
Qualche nome di ministro da cambiare me lo deve fare però…
“Mmm …meglio di no, veramente le dico, altrimenti esce fuori il titolo che Fioramonti attacca il ministro X, e si perde tutto il resto del mio discorso“.
Andiamo avanti: Governissimo sì o no?
“Bah, le ripeto: non sono contrario a un governo di più ampio respiro”.
Definisca “di più ampio respiro”.
“Se un Conte 3 con guida diversa ha bisogno anche di voti moderati, mica dico di no”.
Sì ma Berlusconi?
“Eviterei anche per una questione di carattere simbolico-narrativa. È il simbolo di un Italia alla deriva culturale e sociale”.
Mes sì o no?
“I soldi vanno presi, ma attenzione: se non lo facciamo insieme ad altri Paesi europei, come Spagna, Portogallo e magari Francia, rischiamo l’effetto stigma. Sembrerebbe cioè un segno di debolezza per l’Italia se va da sola, farebbe alzare i tassi d’interesse sui mercati”.
Lo stato emergenza va prorogato sì o no?
“No. Perché rischiamo di fare più il male che il bene dell’Italia. Rischia di soffocarci. Se si vuole, tanto, decreti e leggi si fanno in 3 giorni, non servono DPCM”.
Azzolina: qual è il suo giudizio del nostro ministro dell’Istruzione?
“Lucia Azzolina ha sbagliato l’impostazione perché è arrivata al ministero pensando di sapere tutto. Da sottosegretaria all’Istruzione, quando io ero ministro, già si era messa di traverso su molte cose, creando gravi problemi con i sindacati, generando tensioni nella scuola. Un’arroganza che l’ha portata a intraprendere scelte non condivise. Dice di aver trovato tutti questi soldi ma non è così, sono sempre stati lì”.
In che senso, scusi? Non è vero che ha messo 6 miliardi sulla scuola?
“Assolutamente no. Voi giornalisti non lo sapete, ma nel mondo della scuola tutti lo sanno: non sono mai mancati i finanziamenti in conto capitale (finanziamenti europei, prestiti europei, finanziamenti strutturali), ciò che manca da sempre è la spesa corrente. C’è una enorme differenza. La ministra lo sa ma fa una comunicazione tendenziosa, rivendendosi fondi in conto capitale già presenti come se fossero risorse fresche in spesa corrente. Allo stato attuale questo governo ha messo 1,4 miliardi sulla scuola in spesa corrente tramite il Decreto Rilancio. Punto. Questi sono soldi veri. Nient’altro”.
Quindi, quando dice che ha messo 6 miliardi, come fa a dirlo?
“Fa un misto fritto: 1,4 miliardi in spesa corrente e poi il resto lo attinge da fondi europei – che già c’erano – e che dice che spenderà. Prende soldi che già c’erano. Fa finta che li ha trovati lei”.
Quanti ne sarebbero serviti in spesa corrente invece?
“Almeno 3 miliardi”.
Cioè gli stessi che chiedeva lei quando si dimise…
“Quando chiedevo 3 miliardi, non chiedevo quei soldi in conto capitale ma in spesa corrente. Se io avessi fatto quello oggi sta dicendo la Azzolina sarei stato preso in giro. Ma tutti lo sanno nel mondo della scuola e della amministrazione, e anche lei non sta facendo una bella figura, a settembre la verità verrà fuori. Azzolina conosce molto bene la scuola. Avrebbe potuto coinvolgere la comunità scolastica nelle sue decisioni e la pandemia le avrebbe dato l’autorità morale per essere amata da tutti”.
Si è pentito di essersi dimesso?
“Mah guardi, no, non mi sono pentito… Se non mi fossi dimesso sarei stato connivente, ho seguito una linea di coerenza. E sarei rimasto nella memoria degli studenti come un altro politicante chiacchierone. Invece ancora oggi molti riconoscono la coerenza e la serietà del mio gesto, ma certo mi rimpiangono a viale Trastevere”.
E sui banchi?
“Sono un effetto di quello che le ho detto: la ministra deve far vedere che ha speso i soldi. E siccome non ha risorse sufficienti in spesa corrente per gli organici, si riduce a comprare banchi e tablet”.
Ma arriveranno per tempo questi banchi sì o no?
“Non faccio il falegname di lavoro ma penso sia impossibile. Nemmeno a livello europeo. Forse in Cina potrebbero produrne così tanti e così velocemente, ma dubito avranno capacità di farlo, e non so se valga la pena darli ai cinesi quei soldi”.
Cosa ne pensa di questa idea delle 10 milioni di mascherine al giorno per alunni e prof? Alla fine dell’anno produrremo 2 miliardi di mascherine. E come le smaltiamo?
“Una follia. Classi più piccole e distanziamento. Questo serve. Che per inciso ci aiuta a costruire una scuola migliore, a prescindere dal Covid. Pensare di tenere i bambini con le mascherine è folle. Dobbiamo cogliere questa opportunità per ritrovarci una scuola migliore in futuro. Ed è fondamentale investire su studenti e insegnanti. Sulle persone che fanno la scuola”.
Insegnanti, ne sono stati chiesti 80mila…
“Tutti gli anni intorno a luglio il ministro dell’Istruzione chiede al MEF circa 50mila cattedre, a prescindere dalla pandemia. La Azzolina ne ha chiesti 30mila in più. Ancora pochi a fronte dei pensionamenti e delle esigenze della pandemia. Vedremo se glieli daranno”.
Azzolina è stata troppo dura con i sindacati?
“Non sono amante del mondo dei sindacati a prescindere, ma sono indispensabili. Da ministro ti siedi e ci parli”.
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