Consulenze alla figlia di Fontana negli ospedali della Lombardia: la nuova inchiesta di Report
Il programma di Rai 3 svela gli incarichi conferiti alla figlia di Fontana dall'Asst anche durante il periodo di pandemia. Si tratta dell'ultima grana per il governatore, già alle prese con il caso della fornitura di camici
Maria Cristina Fontana, figlia del governatore lombardo Attilio Fontana, ha svolto una serie di consulenze per due ospedali milanesi, anche durante i mesi dell’emergenza sanitaria per il Coronavirus. È il nuovo caso sollevato da un’inchiesta di Report, che minaccia di diventare l’ennesima grana per il presidente della Regione Lombardia, già alle prese con le indagini sul caso della fornitura di camici da mezzo milione di euro all’azienda Dama del cognato Andrea Dini.
Conflitto d’interesse
Questa volta a imbarazzare Fontana sono tre incarichi assegnati alla primogenita, subentrata al posto del padre alla guida dello studio legale di famiglia, uno dei più noti a Varese. La prima consulenza è stata assegnata con la delibera numero 526 del 6 settembre 2018 dall’Azienda socio sanitaria Nord Milano per un importo di 6.383,65 euro. Un secondo incarico parte il 20 settembre dello stesso anno: una consulenza di cui non si conosce il costo perché la spesa è coperta dall’assicurazione dell’ente sanitario. Una terza consulenza viene assegnata con una delibera del 31 gennaio 2019 dall’ospedale Sacco: 5.836,48 euro per occuparsi della “costituzione nel giudizio promosso davanti al tribunale di Milano” per la difesa dell’ente in una causa di lavoro.
Ma c’è di più. Il rapporto con l’Azienda socio sanitaria Nord Milano diventa ancora più stretto, anche per il 2020, visto che il 29 aprile la stessa Asst, guidata dal direttore generale Elisabetta Fabbrini, delibera l’elenco dei professionisti legali cui affidarsi. Anche qui Maria Cristina Fontana risulta presente in due elenchi, quello degli avvocati da chiamare in caso di “medical malpractice” (ovvero casi di negligenze mediche) e quello dei legali esperti in “diritto fallimentare e procedure concorsuali”.
Nomine della giunta regionale
C’è un altro elemento che rende le trame dell’inchiesta più fitte: le nomine dei dirigenti della sanità sono fatte proprio dalla giunta regionale: nel caso del Sacco Alessandro Visconti, nominato al vertice dell’azienda ospedaliera in quota Lega, mentre Fabbrini alla guida della Asst nord è stata nominata in quota Forza Italia.
Il nome di Visconti compare negli atti dell’inchiesta “Mensa dei poveri” sugli appalti pilotati nella sanità lombarda dal “burattinaio” delle nomine di Forza Italia Nino Caianiello. Ne parla proprio Attilio Fontana nel suo esame, da testimone, di fronte ai magistrati. I pm chiedono se la nomina di Alessandro Visconti alla guida del Sacco-Fatebenefratelli sia in quota Lega. Qualche anno prima, dopo le nomine del 2014, è stato proprio Visconti ad ammettere la sua militanza leghista: “Dal 1995 dono alla Lega il mio tempo, il mio impegno e in certi casi dei contributi in denaro: per tredici anni sono stato assessore a Sumirago, ho passato le domeniche nei gazebo, alle feste della Lega ho aiutato in cucina. Ho sempre sostenuto che i partiti più che sui soldi pubblici debbano contare sui finanziamenti della gente”.
La risposta della figlia
Dopo la diffusione dell’anteprima del servizio del programma condotto da Segfrido Ranucci, Maria Cristina Fontana ha dichiarato all’Ansa di ritenersi danneggiata nella sua attività professionale e nella sua sicurezza personale. “Faccio l’avvocato dal 2007 in totale trasparenza – ha detto – Sono una persona retta e non posso tollerare che venga gettata dell’opacità sulla mia vita professionale e non. Soprattutto, non sono una persona che ha una vita pubblica. E avevo invitato Report a non espormi perché sono già stata oggetto di minacce per cui sono in corso dei procedimenti”.
Le altre inchieste che scuotono la Regione Lombardia
Il caso delle consulenze assegnate alla figlia di Fontana è solo l’ultimo nel lungo elenco di grane che hanno scosso la Regione Lombardia:
Caso camici – Il governatore Fontana risulta direttamente indagato solo per la vicenda della fornitura di camici da parte della società Dama, partecipata dal cognato Andrea Dini e dalla moglie Rebecca, che, in conflitto di interessi, doveva fornire 75mila camici alla Regione Lombardia per 500mila euro, in piena emergenza Covid. L’accusa rivolta a Fontana è di frode in forniture pubbliche, approfondita dalla procura di Milano.
Caso test sierologici – Questa inchiesta è della procura di Pavia. La Regione Lombardia non usò nel mese di marzo i test sierologici, ritenendoli scarsamente affidabili. Poi l’11 aprile scelse, con affidamento esclusivo, la Diasorin, azienda di Saluggia, che nel frattempo aveva ottenuto un accordo esclusivo con il Policlinico San Matteo di Pavia per sviluppare la ricerca, senza avere ancora la certificazione CE.
Caso Rsa – Sono aperti molti fascicoli, in varie procure. Fra tutti spicca quello di Milano relativamente al Pio Albergo Trivulzio, dove la mortalità è salita più del doppio rispetto allo scorso anno. Sono indagati per omicidio colposo i vertici della società (e in generale ci sono decine di indagati in tutta la Lombardia). Per quanto riguarda la Regione Lombardia, sotto la lente degli inquirenti ci sono tre delibere regionali, emanate tra l’8 e il 30 marzo. In particolare la prima, dell’8 marzo, chiedeva di poter inserire, su base volontaria, malati Covid nelle Rsa; la seconda rendeva possibili i finanziamenti per ogni paziente in più accettato (150 euro al giorno a testa) e la terza bloccava le visite ai partenti.
Caso mascherine – Si indaga anche sulla mancanza di dispositivi medici: dalle ricostruzioni emerge che le mascherine siano state usate poco, in quanto la direzione chiedeva di non farne uso per non spaventare i pazienti. È emersa anche una circolare della Regione che diceva di limitarne l’impiego per via della difficoltà a reperirle sul mercato.
Caso ospedale in Fiera – L’inchiesta aperta sull’ospedale nel quartiere Portello di Milano, realizzato dalla Fondazione Fiera Milano. Si tratta in questo caso di donazioni private, pari a 22 milioni, ma gli inquirenti vogliono approfondire, dopo un esposto dei Cobas, se i costi sostenuti siano compatibili con le attrezzature acquistate, finalizzate alla realizzazione di 220 posti letto per la terapia intensiva.
Caso mancata zona rossa in Val Seriana – Dopo l’inchiesta in più parti di TPI, la Procura di Bergamo ha aperto un fascicolo per “epidemia colposa” sulla mancata zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro. Tra il 27 febbraio e il 3 marzo 2020 i contagiati e soprattutto i morti in Val Seriana stavano salendo esponenzialmente, più che in altre province. Il 2 e il 5 marzo l’Istituto Superiore di Sanità invia due note al Comitato tecnico Scientifico invitando a chiudere quelle zone. Cosa che non è mai successa e che ha permesso la propagazione del virus a partire dall’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo, facendo diventare la provincia di Bergamo il peggior focolaio d’Europa. L’inchiesta è ancora verso ignoti e Fontana non risulta al momento indagato, ma sicuramente questa vicenda ha scosso le sorti della Regione Lombardia e dell’intero Paese.
L’inchiesta di TPI sulla mancata chiusura della Val Seriana per punti:
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