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Cronaca dalla Camera nel giorno della fiducia al governo Conte

Immagine di copertina
Montecitorio. Credit: Anna Ditta

Il racconto della giornata dall'interno di Montecitorio nel giorno in cui il governo Conte ha ottenuto la fiducia con 350 voti a favore

dall’inviata Anna Ditta. Sono circa le tre del pomeriggio. Alla Camera dei deputati la seduta è sospesa dopo la discussione della mattina sulla fiducia al governo Conte. Si riprende alle 15.45 con la replica del premier Giuseppe Conte e il voto (qui la diretta sulla fiducia al governo).

Nel cortile interno a un certo punto si sente puzza di bruciato: qualcuno ha buttato della carta nel posacenere, e così quando qualcun’altro butta una sigaretta ancora accesa, inizia a uscire del fumo.

Me ne accorgo e vado a chiamare il personale di Montecitorio, che interviene prontamente per spegnere il “principio d’incendio”. Qualcuno fuori, nel frattempo, si è già munito di un bicchiere d’acqua. Non serve, pericolo scampato.

La frase incendiaria, invece, quella che ha fatto discutere nell’arco della giornata, l’ha detta Matteo Salvini in mattinata. “È giusto che chi guadagna di più paghi di meno”, è il virgolettato che gli viene attribuito intorno alle 11 dopo un’intervista in radio. Ma l”ufficio stampa della Lega smentisce che Salvini abbia detto queste parole.

Il neoministro dell’Interno arriva alla Camera poco dopo le 12.30. Entra a passi svelti. “Gianmà”, saluta il ministro delle politiche agricole, Gian Marco Centinaio, con cui inizia a parlare mentre si dirige verso l’Aula.

Ai cronisti in Transatlantico Salvini puntualizza sulla flat tax: “L’obiettivo è aiutare tutti e che tutti paghino meno: chi guadagna di meno e chi guadagna di più”.

Ma la polemica ormai è partita. “Oggi Salvini è stato onesto intellettualmente”, dice il presidente del Pd Matteo Orfini parlando con TPI. “L’ha detto chiaramente: “la flat tax serve a far pagare meno i ricchi perché è giusto che paghino di meno”. Per noi la riduzione della pressione fiscale va rimodulata soprattutto a favore di chi guadagna di meno”, aggiunge.

Intanto, per i corridoi di Montecitorio circolano vecchi e nuovi ministri. Beatrice Lorenzin, Marianna Madia, ma anche Marco Bussetti, ex insegnante e nuovo ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fontana, il leghista nuovo ministro della Famiglia, e Alfonso Bonafede, insediatosi al dicastero della Giustizia.

Alfonso, come mi dovete chiamare?”, dice il neoministro della Giustizia a chi gli fa le congratulazioni, e poi scherza: “Se mi volete chiamare eccellenza…”

I deputati vengono richiamati in Aula per la replica di Conte. Ieri al Senato, per esporre le linee programmatiche del suo governo, ha parlato un’ora e undici minuti. Stavolta dovrebbe essere più conciso.

Alla fine il neo presidente del Consiglio parla per quasi un’ora e, come ha fatto ieri al Senato, risponde argomento per argomento in base alle osservazioni della discussione.

Davanti agli schermi del Transatlantico, con la diretta del suo discorso, nei momenti più vivaci si raduna una piccola folla di giornalisti. Ad esempio quando il presidente della Camera Roberto Fico redarguisce Roberto Giachetti, ex vicepresidente della Camera, che aveva protestato, e si prende un lungo applauso.

Oppure quando il premier dichiara che “questo governo oltre al contratto ha ben chiari i principi costituzionali”, provocando un applauso scrosciante che riceve accanto al sorriso compiaciuto del vicepresidente del Consiglio e ministro Luigi Di Maio. Ma soprattutto quando scoppia una piccola baraonda dopo che Conte tocca il delicato tema del conflitto d’interessi.

“Quello del conflitto di interessi è una vexata quaestio e queste interruzioni dimostrano che ciascuno ha un piccolo conflitto d’interesse da risolvere”, dice il premier. Scoppiano le contestazioni Fico richiama qualche deputato a sinistra. Siccome la situazione si protrae per qualche minuto, davanti allo schermo si raduna un gruppetto di gente, tra cui anche il vicepresidente del Senato Ignazio La Russa, che si informa di cosa stia accadendo.

“Sarà qualche amico di Berlusconi”, scherza.

Conte riprende la parola dicendo di essere stato frainteso e chiarisce che ciò che intendeva è che il conflitto d’interessi è una questione generale e “si annida a tutti i livelli della società, anche nelle amministrazioni dei condomini”.

Seguono gli interventi di altri deputati, tra cui Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, e Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera.

Graziano Delrio, capogruppo dem, è duro con il premier a cui dice: “Studi! Prima di venire qui studi!”. “Lei non ha il privilegio di rispettare la Costituzione, lei ha il dovere di rispettarla”, aggiunge. “Se vuole rispettare la Costituzione stracci quel contratto, riscriva il programma e nomini nuovi ministri, perché lei è il presidente del Consiglio”.

Delrio invita Conte a essere prudente quando parla di populismo, perché “in nome del popolo in Europa sono stati commessi crimini orribili e genocidi”.

Seguono gli interventi di Nicola Molteni (Lega) e di Francesco D’Uva, neo capogruppo della Camera, che andrà a sostituire Giulia Grillo, ora al ministero della Salute.

Prende la parola anche Vittorio Sgarbi, che ha annunciato la sua fiducia al governo “perché dove c’è ignoranza e disordine io prospero”. “Inglobiamo i Cinque Stelle e facciamoli morire”, aggiunge.

Alla fine arriva il momento del voto, e finisce senza sorprese: il governo Conte ottiene la fiducia anche alla Camera con 350 voti favorevoli, 236 contrari e 35 astenuti.

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