Esclusivo TPI – Covid, il verbale segreto del Cts che smentisce la versione di Conte sulla zona rossa in Val Seriana
L’ex premier sostiene di essere stato informato dei rischi della situazione contagi in Val Seriana solo il 5 marzo 2020. Ma un verbale segreto del Cts lo sconfessa:ne era al corrente dal 2 marzo. E aspettò cinque giorni prima di emanare il Dpcm
L’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in una intervista rilasciata ad aprile 2020 a Il Fatto Quotidiano, dichiara: «La sera del 3 marzo il Cts propone per la prima volta la possibilità di una nuova zona rossa per i Comuni di Alzano Lombardo e Nembro. Ormai vi erano chiari segnali di un contagio diffuso in vari altri Comuni lombardi […]. Chiedo così agli esperti di formulare un parere più articolato: mi arriva la sera del 5 marzo e conferma l’opportunità di una cintura rossa per Alzano e Nembro. Il 6 marzo, con la Protezione Civile, decidiamo di imporre la zona rossa a tutta la Lombardia. Il 7 marzo arriva il decreto». Falso. A marzo del 2021 pubblico sul quotidiano Domani il contenuto di un documento esclusivo che smentisce questa versione dei fatti. È un verbale riservatissimo (già acquisito dalla Procura di Bergamo) di una riunione informale e ristretta del Comitato tecnico scientifico che si tiene il pomeriggio del 2 marzo 2020. Alle ore 18. All’incontro partecipa anche il presidente Conte. Con lui riuniti ci sono il ministro della Salute, Roberto Speranza, il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro e alcuni membri del Cts, tra cui il coordinatore Agostino Miozzo. Di questa riunione non esistono verbali ufficiali. Eppure qualcuno prende appunti. È lo stesso procuratore capo di Bergamo, Antonio Chiappani, a rivelare al giornalista del quotidiano Il Giornale, Stefano Zurlo, che del suddetto verbale del 2 marzo abbia parlato con gli inquirenti l’ex coordinatore del Cts, Agostino Miozzo, durante la sua audizione in Procura. Ed è così che si scopre che le date non tornano. E nemmeno le dichiarazioni ufficiali rilasciate dall’allora presidente del Consiglio.
Quello che oggi sappiamo è che tra il 2 e il 3 di marzo la Regione governata dal leghista Attilio Fontana invia all’Istituto Superiore di Sanità una mappa epidemiologica della Lombardia, compresa la Val Seriana, ma non un’istanza formale di zona rossa. I contagi nella bergamasca sono già 366 e il 24% dei casi lombardi sono concentrati in Val Seriana. La Lombardia era da sigillare seduta stante. Non a caso, il 2 marzo, l’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera, invia una email al capo del Dipartimento di Protezione Civile Angelo Borrelli esprimendo «la necessità di reclutare con la massima urgenza medici per rafforzare gli organici del sistema sanitario regionale, non più sufficienti per affrontare gli impatti dell’epidemia in corso», chiedendo anche «di attivare il Ministero della Difesa e la Sanità Militare al fine di poter concertare con la massima sollecitudine la disponibilità di medici militari in supporto del nostro sistema». Regione Lombardia sollecita l’invio di medici militari, ma non chiede una zona rossa. Il 2 marzo 2020 è una data fondamentale.
Quel giorno, infatti, il Cts si riunisce due volte: una al mattino e una al pomeriggio. La seduta del pomeriggio non viene messa ufficialmente a verbale. In quella seduta, però, è presente anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che viene messo al corrente della situazione critica nella bergamasca. Non solo: in quella riunione il Cts suggerisce a Conte di adottare misure restrittive in Val Seriana, ma il premier è titubante. Il punto, oggi, non è solo la titubanza dell’allora premier di fronte a dati epidemiologici drammatici provenienti dalla Lombardia, che avrebbero richiesto la chiusura immediata dell’intera regione governata dalla Lega (che non prende mai iniziative autonome): quello che lascia senza parole è il fatto che lo stesso Conte, sentito dalla Procura come persona informata sui fatti il 12 giugno 2020, avrebbe dichiarato anche ai pm bergamaschi – come da indiscrezioni pubblicate dal Corriere della Sera – di avere appreso la situazione epidemiologica in Val Seriana e le raccomandazioni dei suoi tecnici – verbalizzate il 3 marzo – solo il 5 marzo. Due giorni dopo. In realtà viene informato il 2 marzo. Tre giorni prima.
Che a quella data la situazione fosse critica in Lombardia lo dimostra la prima nota riservata dell’Iss di quello stesso giorno, in cui si raccomanda di chiudere Alzano e Nembro in una zona rossa, una notizia che TPI ha rivelato in esclusiva il 26 marzo 2020. Il Cts il 3 marzo la mette a verbale, discutendone in via riservata il giorno prima con Conte e Speranza. Ma il Governo prende tempo. E Conte dichiara di aver letto quel verbale del 3 marzo solo 48 ore dopo (senza mai citare la riunione del 2 marzo) e di aver deciso poi di chiudere la Lombardia in accordo con il governatore Fontana il 7 marzo (con un Dpcm in vigore dall’8 marzo che chiude la regione in una zona arancione e non rossa, lasciando le fabbriche aperte), perché chiudere solo la Val Seriana sarebbe stato insufficiente. In realtà le cose non sono andate così. E il verbale riservato del 2 marzo lo dimostra.
Di che cosa si discute esattamente in questo incontro? Di estensione della zona rossa ai Comuni di Alzano Lombardo e di Nembro, che evidenziano «numeri preoccupanti» rispetto alla diffusione del contagio. A illustrare al premier la grave situazione epidemiologica in Val Seriana è il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro, che suggerisce di limitare l’accesso a questi Comuni a chi viene da fuori. Tuttavia Conte, quel pomeriggio del 2 marzo, obietta che non sia possibile ricostruire la catena di trasmissione e sottolinea che la zona rossa vada usata «con parsimonia, perché ha un costo sociale, politico, non solo economico, molto alto». Il verbale riservato – compilato a mano, poi trascritto al computer, mai protocollato, né firmato, ma acquisito dalla Procura di Bergamo e che pubblichiamo in esclusiva in originale – si conclude con questa frase attribuita a Conte: «Decide di rifletterci». Quanto dura questa riflessione? Sei giorni. Sei giorni in cui i cittadini bergamaschi e lombardi muoiono a decine.
Conte ha forse mentito ai pm bergamaschi? O ha solo avuto un vuoto di memoria? Difficile ipotizzare che di una riunione così cruciale, in cui si prefigurano «numeri preoccupanti» in una zona economicamente strategica della Lombardia, non vi sia traccia nella memoria del nostro ex premier. La versione di Conte sulla “mancata zona rossa” mi viene comunicata – da lui in persona – il 27 aprile 2020, quando lo incontro per la prima volta davanti alla prefettura di Bergamo, dopo essere stata ascoltata per circa tre ore dagli inquirente della Procura come persona informata sui fatti. In quell’occasione davanti alle telecamere chiedo conto al premier – per la prima volta in visita nella città martire della pandemia – del perché il Governo abbia temporeggiato nel chiudere la Val Seriana. La risposta è, fondamentalmente, la medesima consegnata alla stampa e – due mesi dopo – ai pm bergamaschi: «Il 5 marzo, dopo aver letto il verbale del Cts del 3 marzo, ho ritenuto insufficiente chiudere solo la Val Seriana e il giorno dopo ho deciso, sentita la Protezione Civile, di chiudere a partire dall’8 marzo tutta la Lombardia in una zona rossa». Gli rispondo che la Lombardia non è mai stata zona rossa, perché le fabbriche hanno continuato a restare aperte e i lavoratori a circolare. La sua replica è indimenticabile: «Quando sarà lei al Governo i Dpcm li scriverà lei».
Oggi sappiamo con certezza che Conte non ha detto tutta la verità. E per la cronaca, nemmeno il ministro della Salute Roberto Speranza lo ha fatto. Per dimostrarlo basta leggere il suo libro Perché guariremo. Dai giorni più duri a una nuova idea di salute che avrebbe dovuto essere pubblicato da Feltrinelli in piena seconda ondata – il 22 ottobre 2020 – ma la cui messa in commercio è stata prima rimandata e poi definitivamente bloccata, perché il ministro – come riferito in un comunicato stampa dalla casa editrice – non avrebbe avuto il tempo per promuoverlo a causa degli impegni istituzionali. Nel libro, che abbiamo letto e che circola sul web a prezzi esorbitanti (fino a 990 euro su eBay, provate a googolare), a pagina 110 il ministro Speranza afferma di aver saputo solo il 3 marzo 2020 della necessità di creare una zona rossa ad Alzano e Nembro e di aver sollecitato all’indomani una «relazione più strutturata da parte dell’Iss» al suo presidente, Silvio Brusaferro. Insomma, nemmeno il ministro cita quella riunione pomeridiana del 2 marzo a cui partecipa insieme a Conte e che, formalmente, non è mai esistita. Un po’ come il libro di Speranza, poi finito al macero.
Se non stessimo parlando di un virus contagiosissimo la differenza di pochi giorni non susciterebbe tanto scalpore. Ma sei giorni in epidemiologia sono fatali. La Lombardia andava chiusa subito. Invece Conte decide di rifletterci, omettendo di dire all’opinione pubblica e ai pm che già dal 2 marzo fosse a conoscenza della gravissima situazione in Val Seriana. In Italia questa notizia, pubblicata in prima pagina dal quotidiano Domani, scivola via senza nessuna replica e senza conseguenze politiche. È evidente che la trasversalità delle responsabilità sulla mancata zona rossa in Val Seriana è tale che nessun partito ha il coraggio di scagliare la prima pietra. Fatta eccezione per gli esponenti di Fratelli d’Italia (all’opposizione) e per alcuni giornali di destra, che hanno tutto l’interesse politico a cavalcare questa notizia per attaccare il Governo e il suo ministro della Salute.
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L’INCHIESTA DI TPI SULLA MANCATA CHIUSURA DELLA VAL SERIANA PER PUNTI:
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- ESCLUSIVO TPI: Una nota riservata dell’Iss rivela che il 2 marzo era stata chiesta la chiusura di Alzano Lombardo e Nembro. Cronaca di un’epidemia annunciata (Parte II inchiesta di Francesca Nava su TPI)
- Il dirigente condannato, l’assessore incompetente, il direttore pentito. La catena di comando che poteva fermare il virus all’ospedale di Alzano Lombardo ma non l’ha fatto (Parte III inchiesta di Francesca Nava su TPI)
- Quel decreto del 23 febbraio ignorato da tutti: Alzano e Nembro dovevano essere chiusi anche con un solo positivo
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