Elezioni italiane, il 4 marzo ha vinto la paura
L'Italia è diventata un paese in cui si ragiona di pancia. Il commento di Sabika Shah Povia su TPI all'indomani della vittoria di M5S e Lega alle elezioni politiche 2018
Alle elezioni ha vinto la paura. Quella del diverso, dell’immigrato, dello straniero. Quella dei barconi e dell’invasione. Quella che troppi politici hanno strumentalizzato e reso tangibile. La paura che i media ci hanno sbattuto in faccia così tante volte da riuscire a penetrare sotto la nostra pelle. 334.
Questo è il numero di volte in cui negli ultimi due mesi di campagna elettorale è comparsa la parola paura nei titoli dei quotidiani nazionali. 334 volte in cui noi giornalisti abbiamo contribuito a rendere più reali le paure spesso infondate di persone comuni. Di quegli italiani che alle elezioni del 4 marzo hanno votato per la Lega di Matteo Salvini, che di questa paura ha fatto il suo cavallo di battaglia.
Perché il Movimento 5 Stelle ha ottenuto un ottimo risultato, certo, ma non particolarmente sopra alle aspettative. Quello che preoccupa davvero è il 18 per cento di noi che alle elezioni ha votato un populista, razzista e xenofobo come Salvini.
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A me, che sono cresciuta in un’Italia differente, un’Italia generosa e curiosa, che sapeva accogliere, tutto questo fa ancora più male. Sono convinta che la maggior delle persone che ha votato per Salvini non sia cattiva. È spaventata.
È bastata l’immagine di qualche disperato senza più nulla da perdere che giunge sulle nostre coste e un politico che gli dice che quell’uomo è pericoloso per far chiudere a chiave mente e cuore.
Fino a un mese fa, non avrei mai detto che l’immigrazione sarebbe stata al centro del dibattito pre-elettorale perché non conveniva a nessuno: la destra non avrebbe avuto interesse a parlarne perché la sinistra guidata da Minniti era riuscita a ridurre gli sbarchi, e la sinistra non aveva interesse a sottolineare gli accordi presi con la Libia che hanno provocato un senso di delusione e tradimento nei suoi elettori.
Poi è successo Macerata.
Ne hanno parlato tutti. Secondo l’analisi fatta sulla copertura mediatica dei fatti di Macerata (l’omicidio di Pamela Mastropietro e la tentata strage di matrice razzista di Luca Traini) da parte dell’Associazione Carta di Roma, che nasce con lo scopo di dare attuazione al protocollo deontologico per un’informazione corretta sui temi dell’immigrazione, tra il 30 gennaio e il 28 febbraio, le parole più usate dai media sono state proprio Salvini, migrare, immigrazione, immigrato, odio, razzismo e straniero.
In televisione, 403 servizi sono stati dedicati alle due vicende, ovvero una media di 2 notizie a Tg al giorno per un mese. “I fatti di Macerata risultano strettamente interrelati con il discorso politico nel racconto della stampa: entrano e dominano l’agenda della campagna elettorale all’inizio di febbraio”, scrive Associazione Carta di Roma.
“Compaiono più volte i termini rabbia, odio, paura, colpa, associati alla drammaticità degli eventi e a un inasprimento complessivo dei toni”.
È anche colpa nostra quindi, se non siamo riusciti ad arginare la deriva xenofoba di questo paese. È colpa nostra se non siamo riusciti a calmare e rassicurare i nostri concittadini che hanno votato per la Lega.
È naturale avere paura, specie quando si respira un clima teso come quello dell’Italia negli ultimi mesi, e la paura ci rende spesso ciechi. Era nostro dovere assicurarci che gli italiani si concentrassero sulle priorità di questo paese e non alimentare sciocche paure di chi è diverso da noi.
Avremmo dovuto fare un’informazione corretta e oggettiva, e abbiamo fallito. Purtroppo abbiamo smesso da tempo di ragionare con la testa. L’Italia è diventata un paese in cui si ragiona di pancia, un paese che Simone Mosca ha descritto su La Repubblica come “rapito dallo spavento, incapace di valutare la complessità dei fenomeni e convinto che un episodio riassuma la verità del mondo – una Repubblica fondata sulla percezione schizofrenica della realtà, non sui fatti”.
All’indomani delle elezioni, sono io ad avere paura. Io che ancora ragiono di testa.
Io, musulmana di origine pakistana, che ho la cittadinanza dalla nascita grazie alla generosità di un uomo italiano e cristiano che ha visto in mio padre il figlio che non aveva mai avuto.
Io che ho la pelle scura, i tratti somatici diversi da quelli degli italiani che vengono “prima” di me, secondo la logica di Salvini e i suoi amici.
Io che da questo paese non scapperò e sarò qui a scrivere ogni giorno che l’odio, la discriminazione e la chiusura non portano a nulla di buono e che andrò porta a porta, se necessario, a raccontare la mia storia nella speranza di risvegliare le coscienze di chi ha dimenticato chi siamo: un popolo antifascista, antirazzista, ma soprattutto umano e solidale.