Elezioni europee, quello strano referendum pro o contro Salvini che ne ricorda tanto un altro
Istruzioni per buttare via le prossime elezioni europee, ovvero, a grandi linee, le votazioni che decideranno il futuro anche del nostro Paese in temi di economia, lavoro, messa in sicurezza del territorio, scuole, nuovi investimenti e soprattutto questi tanto temuti migranti che ci invadono in nome della sostituzione etnica: prendere un ministro, in questo caso anche vicepremier, e lasciargli lo spazio di trasformare il prossimo appuntamento elettorale in un referendum personale (deve essere caratteristica dei Matteo d’Italia) in modo che il dibattito si pialli su un mera affermazione o su un tifo contrario.
È quello che sta avvenendo da settimane in Italia, dove il ministro dell’inferno ha pensato bene di chiedere il voto agli italiani in nome di una presunta e non ben definita affermazione della Lega da rivendere poi sul futuro del governo, come in un moderno mercato delle vacche, per avere una presunta libertà di azione (in nome poi non si sa di cosa) e per poter rimpastare il governo a proprio uso e consumo.
Nel continuo percorso di banalizzazione e di deturpamento delle istituzioni e dei ruoli istituzionali ora anche l’Europa diventa uno straccetto con cui pulirsi i piedi e prepararsi per un’entrée in grande stile.
Avete per caso sentito dibattere di temi europei? Poco, pochissimo: i giornali sono pieni delle dispute tra i due litiganti che sono al governo e allo stesso tempo sono all’opposizione di loro stessi, come in una farsa melodrammatica.
Avete per caso sentito qualcuno proporre una soluzione su scala europea per la gestione dei migranti? No, niente, troppo complesso, e noi siamo nell’epoca degli slogan facili che arrivano dritti dritti all’intestino.
Salvini (ma anche Di Maio gli sta andando dietro) vive le prossime europee come il tagliando di un’auto che deve capire quanto possa funzionare bene per i mesi prossimi venturi e, mentre i giovani si interessano di Bruxelles consapevoli di un’Europa che sicuramente inciderà nelle loro vite, i nostri al governo insistono nel trattare Strasburgo semplicemente come un lungo, abusato, eroso referendum su una mai chiarita imposizione che subiremmo per stare dentro le regole. Le regole, appunto. Che poi, se ci pensate bene, sono quelle che bisognerebbe proporre di cambiare nel caso in cui non ci si trovi d’accordo ma per farlo servirebbe una campagna elettorale densa di contenuti e di valori. E invece niente.
“Votatemi e datemi la forza di poter fare di più”, continua dire Salvini durante i suoi comizi e nessuno, nessuna tenue manina, che si alzi per chiedere esattamente “per fare cosa?”.
Cosa vuole farne Salvini? Puntare in alto, sempre più in alto, come un Icaro convinto di potersi sedere sopra al sole. Ma il referendum su se stesso, la storia recente ce lo insegna, non ha mai portato proprio bene. E intanto la possibilità di parlare davvero e sul serio d’Europa è persa anche questa volta.
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