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Home » Politica

La grana Gasbarra per Enrico Letta: il Pd ora rischia pure nel Lazio

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Le decisioni di Enrico Letta sulle candidature al Parlamento stanno provocando molte polemiche all’interno del Partito democratico. I principali fronti su cui il segretario è chiamato a difendersi sono la mancata candidatura di Luca Lotti, leader insieme a Lorenzo Guerini della nutrita corrente “Base riformista”, e la candidatura di Monica Cirinnà, da anni paladina della comunità LGBT, in un collegio complicato e poco incline ai temi della Senatrice dem.

I dirigenti nazionali di “Base riformista” hanno scelto di sottolineare il loro malcontento non partecipando al voto di approvazione delle liste nella direzione nazionale ferragostana. Lotti si è scagliato contro Letta definendo le sue scelte “guidate dal rancore”. Monica Cirinnà, che sembrava orientata a rifiutare la candidatura come fatto da altri parlamentari uscenti, ha invece annunciato che correrà per il collegio assegnatole dal segretario. Cui non ha risparmiato aspre critiche e dal quale lamenta di non aver ricevuto neanche una telefonata che le annunciasse il suo destino.

Nelle ultime ore, infine, l’ex premier deve affrontare un’altra questione spinosa: le liste di Roma e del Lazio, in cui ci sono esclusioni eccellenti. Prima su tutte quella dell’ex Parlamentare Europeo, e ora alto dirigente Tim, Enrico Gasbarra, dato per sicuro nei giorni scorsi a Roma Centro (suo territorio di nascita e da cui ha sviluppato tutta la sua brillante carriera politica). A quanto risulta a Tpi, il nome di Gasbarra era stato suggerito a Letta dall’ala più a sinistra del Pd, quella rappresentata da Andrea Orlando e Goffredo Bettini (che nelle scorse settimane aveva declinato l’invito di Letta a candidarsi), per allargare i consensi dem verso i mondi del cattolicesimo democratico. Inoltre, il nome di Gasbarra era sul taccuino di Nicola Zingaretti dai tempi delle elezioni europee del 2019, alle quali l’ex Vicesindaco di Roma aveva rinunciato a candidarsi per non ostacolare la rielezione di Gualtieri (che comunque risultò primo dei non eletti e venne confermato a Bruxelles solo grazie alla rinuncia di Bartolo, eletto anche nel collegio delle isole). L’ex segretario Zingaretti aveva preso un impegno a candidare l’amico Enrico alla prima occasione utile. Ma quando l’occasione si era presentata, alle elezioni suppletive di Roma Centro, Zingaretti aveva dato il via libera alla candidatura di Cecilia D’Elia (ora confermata da Letta).

Insomma, la candidatura di Gasbarra sembrava cosa fatta per varie ragioni, non ultima l’antica consuetudine tra i due Enrico, Letta e appunto Gasbarra, cresciuti entrambi nella grande scuola della Democrazia cristiana. L’ultima grana per Letta riguarda infine la mancata candidatura dell’assessore regionale Massimiliano Valeriani, da sempre vicinissimo a Zingaretti, che sperava di seguire il suo quasi ex Governatore correndo nel collegio Roma 04 (municipi VII e VII). Tuttavia, il segretario dem ha deciso di confermare il vicecapogruppo Pd alla Camera Roberto Morassut, molto radicato nel territorio e fautore della riforma bipartisan sui poteri di Roma Capitale che solo la caduta del Governo Draghi ha impedito di portare a compimento.

Insomma, per Enrico Letta serviranno non due occhi della tigre, ma almeno il triplo per fronteggiare tutte le insidie interne. Anche se tutti garantiscono di voler deporre le armi della contesa interna fino al 26 settembre. Dopo si apriranno le danze anche per la segreteria Pd, soprattutto se i risultati non saranno soddisfacenti.

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