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Home » Politica

Elezioni: tutte le tappe per la formazione di un nuovo governo

Immagine di copertina

Il 4 marzo gli elettori italiani hanno votato per rinnovare il parlamento. Ma quali sono le prossime tappe che porteranno alla formazione di un nuovo governo?

I risultati usciti dalle elezioni del 4 marzo 2018 sono chiari. La direzione che ha preso l’Italia e i suoi elettori anche. Quello che è un po’ meno chiaro è quale sarà la maggioranza parlamentare che potrà dare la fiducia a un esecutivo che governi l’Italia nei prossimi anni.

Ma nel concreto, quali passaggi ci aspettano adesso? Quand’è che avremo un nuovo governo? Eccoli.

L’Italia è una Repubblica parlamentare, una forma di governo secondo la quale gli elettori eleggono il Parlamento, che a sua volta dà la fiducia a un esecutivo.

Una volta che usciranno i risultati definitivi rilasciati dal ministero dell’Interno, la palla passerà al presidente della Repubblica, che tra i suoi ruoli istituzionali principali ha quello di nominare il presidente del consiglio e, dietro sua proposta, i ministri.

Il presidente del consiglio attuale, Paolo Gentiloni, rimarrà in carica fino a quando non saranno eletti i presidenti di Camera e Senato. Solo dopo potrà “salire al Colle” e rassegnare le dimissioni.

L’elezione dei presidenti di Camera e Senato

La prima seduta delle nuove camere deve avvenire entro 20 giorni dalle elezioni legislative.

Il 23 marzo è quindi il giorno in cui i neo eletti deputati e senatori si riuniranno per la prima volta e sceglieranno i loro presidenti.

L’elezione del presidente della Camera avviene a scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dei componenti nel primo scrutinio, con maggioranza dei due terzi dei voti al secondo e terzo e dal quarto in poi a maggioranza assoluta.

Per quanto riguarda l’elezione del presidente del Senato della Repubblica, il regolamento della camera, prevede che l’elezione avvenga a maggioranza assoluta dei voti nei primi due scrutini. Al terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta dei presenti, e se nessuno vince, si procede al ballottaggio tra i due che hanno ottenuto il maggior numero di voti, che sarà eletto con maggioranza relativa.

Le elezioni dei presidenti è un banco di prova delle intese e delle alleanze che i partiti potrebbero mettere in campo nella formazione della maggioranza che andrà a sostenere l’esecutivo.

L’iter di formazione del nuovo governo

Nelle prossime settimane, dopo la prima seduta e dopo l’elezione dei presidenti delle due camere, i senatori e i deputati dovranno dichiarare a quale gruppo parlamentare appartengono; se non lo fanno, o se per qualsiasi ragione non sono accettati da alcun gruppo, confluiscono nel “gruppo misto”.

Il numero minimo prescritto è di 20 deputati e 10 senatori.

Una volta che Gentiloni avrà rassegnato le dimissioni, toccherà ai presidenti delle Camere recarsi “al Colle”, per le consultazioni con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Oltre a loro vi si recheranno anche i rappresentanti dei gruppi parlamentari e l’ex presidente Napolitano.

Il presidente Mattarella, dopo i primi giri di consultazioni, potrebbe affidare il mandato esplorativo al leader della coalizione che potrebbe avere raggiunto la soglia del 40 per cento. Se nessuno avrà ancora trovato un’alleanza per garantire una maggioranza al governo, le consultazioni andranno avanti esplorando le alleanze percorribili.

Al momento il Movimento Cinque Stelle che è il partito con più voti, ha da solo il 32 per cento circa, una percentuale ben lontana dal 40 per cento necessario per formare la maggioranza.

La coalizione di centro-destra, pur avendo già circa il 37 per cento dei consensi, tra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, avrebbe comunque bisogno di trovare altri partiti disposti ad appoggiare un eventuale governo Salvini.

In ultima istanza, se non si dovesse trovare una maggioranza per dare la fiducia a un esecutivo, vi è l’ipotesi della formazione di un governo di scopo, di breve durata, con il solo obiettivo di modificare la legge elettorale per andare di nuovo al voto.

La fiducia

Il presidente del Consiglio incaricato a quel punto accetta con riserva, e dopo un breve giro di consultazioni, si reca nuovamente dal Presidente della Repubblica per sciogliere la riserva, sia che abbia un esito positivo che negativo.

Se le consultazioni andranno a buon fine, e ci sarà un governo in grado di ricevere la fiducia del Parlamento, il presidente della Repubblica emanerà tre decreti: quello di nomina del Presidente del Consiglio, controfirmato dal Presidente del Consiglio nominato, quello di nomina dei singoli ministri, controfirmato dal Presidente del Consiglio, e quello di accettazione delle dimissioni del Governo uscente.

A quel punto, prima di assumere le funzioni, l’esecutivo dovrà prestare giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica e, entro dieci giorni, il governo deve presentarsi davanti a ciascuna Camera per ottenere il voto di fiducia, voto che deve essere motivato dai gruppi parlamentari ed avvenire per appello nominale.

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