L’educazione civica torna a scuola: da settembre un’ora a settimana e voto in pagella
Approvato in Senato il disegno di legge con 193 sì. Il ministro dell'Istruzione Bussetti: "Un traguardo necessario per le giovani generazioni"
Educazione civica a scuola: l’insegnamento torna obbligatorio da settembre
Da settembre, a scuola, si tornerà a studiare educazione civica. Con trentatré ore annuali e un voto finale in pagella. Ieri, giovedì 1 agosto, il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge che ne introduce in classe l’insegnamento obbligatorio. A favore 193 voti, 38 gli astenuti.
Il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti ha accolto positivamente l’esito della votazione del testo unificato, uscito dalla Commissione Cultura della Camera: “Oggi è una giornata storica. Finalmente ritorna l’educazione civica come materia obbligatoria nelle scuole. Un traguardo necessario per le giovani generazioni perché sono i valori indicati nella Costituzione a tenere unito il nostro Paese. Il compito della scuola è di educare alla cittadinanza attiva, al rispetto delle regole, all’accoglienza e all’inclusione, valori alla base di ogni democrazia”.
La nuova legge, che si compone di dodici articoli, prevede l’insegnamento trasversale dell’educazione civica nella scuola primaria e secondaria. E iniziative di sensibilizzazione alla cittadinanza responsabile saranno avviate a partire dalla scuola dell’infanzia.
Costituzione e istituzioni dello Stato. Educazione ambientale e alla legalità. Educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni, alcune delle questioni studiate sui banchi a partire dal prossimo anno scolastico.
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha commentato: “Finalmente l’educazione civica torna in classe. Con la legge della Lega approvata definitivamente oggi al Senato, da settembre sarà di nuovo materia di studio obbligatoria, con 33 ore e voto in pagella. Vita concreta contro inutili polemiche. Promessa mantenuta, non si molla”.
Simona Malpezzi, senatrice del Partito Democratico che si conta tra gli astenuti, ha affermato: “Per fare le riforme è necessario investire, invece il governo non solo non prevede finanziamenti per la scuola ma chiede agli insegnanti un lavoro aggiuntivo gravoso, senza un minimo compenso”.