Qui Radio Colle, Draghi premier ma solo se blinda già la presidenza della Repubblica (di M. Antonellis)
Sergio Mattarella convoca Mario Draghi: ma il Colle aveva già pronto il piano "D". L'ex presidente della BCE non accetterebbe mai di guidare il Paese senza avere la certezza di approdare tra un anno al Colle. Garanzia che ha avuto quando Sergio Mattarella ha formalmente escluso la possibilità di una sua ricandidatura. E i partiti tra un anno si riprenderanno Palazzo Chigi "spedendo" Super Mario al Quirinale
“Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha convocato al Quirinale il professor Mario Draghi”. Le parole del portavoce del Presidente della Repubblica Giovanni Grasso, rilasciate poco dopo le 21.30 del 2 febbraio, hanno certificato la “vittoria” di Matteo ‘Biden’ Renzi su tutta la linea, tanto che da Italia Viva si gongola: “Conte voleva farci fare la fine del Papeete ma stavolta è lui che è stato asfaltato”. Insomma, Conte ha fatto la fine dell’amico Trump a pochissimi giorni di distanza.
E non poteva essere altrimenti, spiegano fonti molto bene informate sui fatti: “Quando c’è un cambio di fase internazionale di questa portata come con l’arrivo di Biden alla Casa Bianca è praticamente impossibile che non ci siano immediate ripercussioni anche nei principali paese alleati, in particolar modo proprio in Italia che gli Usa vorrebbero trasformare nel loro ‘gendarme europeo’ per tenere d’occhio le mosse di Francia e Germania”.
Però la scelta del Quirinale per l’ex governatore della Banca Centrale Europea solleva il dubbio che fosse già pronta. La comunicazione di Grasso infatti è arrivata pochi minuti dopo le parole del Presidente: parole che avevano sancito che la maggioranza che sosteneva Conte non esisteva più. Un tempismo, quello di Mattarella, perfetto. Come se il Quirinale avesse già pronta la carta Mario Draghi, nel caso la missione di Fico fosse fallita.
I “bene informati” però aggiungo ulteriori succulenti dettagli al retroscena: “Già dalla mattina di ieri il Capo dello Stato aveva preparato il terreno arrivo di Mario Draghi”. Il segnale erano state le dichiarazioni rilasciate da Mattarella ricordando Antonio Segni; citando un suo discorso aveva sottolineato la sua contrarietà a un bis al Quirinale. Antonio Segni espresse “la convinzione che fosse opportuno introdurre in Costituzione il principio della ‘non immediata rieleggibilità del Presidente della Repubblica”, parole fatte proprie anche da Sergio Mattarella. Segni definì ‘il periodo di sette anni sufficiente a garantire una continuità nell’azione dello Stato'”.
Questo era il segnale che attendeva Mario Draghi per dire ‘si’ al governo: la possibilità, per non dire la certezza, di essere lui il prossimo Capo dello Stato e quindi la garanzia che Sergio Mattarella non si fosse ricandidato (l’unico in grado di mettere d’accordo tutto il parlamento e quindi di impedire la salita al Colle di Super Mario). Garanzia che ha avuto, guarda caso proprio nella stessa giornata in cui accettava l’incarico. In poche parole, Mario Draghi non avrebbe mai accettato di guidare il governo senza la certezza di poter approdare tra un anno al Quirinale. Garanzia che soltanto Sergio Mattarella chiamandosi ufficialmente fuori dalla partita poteva dare.
Così, tra un anno, dopo aver impostato il lavoro di rilancio del paese da palazzo Chigi, Draghi potrà continuare a seguire le sorti del paese dal Colle più alto della capitale, seguendo lo schema del suo predecessore e maestro Carlo Azeglio Ciampi. E i partiti, tra appena un anno, votando Draghi al Colle, potranno riprendersi la scena (e il potere) a palazzo Chigi. La quadratura del cerchio.
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