“Ora cambieremo il Patto di Stabilità”: cosa ha detto Draghi in Parlamento in vista del consiglio europeo
Il premier Mario Draghi nella giornata di ieri, 15 dicembre, ha parlato prima alla Camera e poi al Senato in vista del Consiglio europeo di oggi 16 dicembre. In serata è arrivato anche il via libera dell’Aula a Palazzo Madama alla proposta di risoluzione presentata dai Gruppi di maggioranza dopo le comunicazioni del presidente del consiglio.
Nel suo discorso Draghi ha affrontato vari temi: il Covid e i vaccini; le vittime di Ravanusa e le parole del professore di storia Carmina. Ha parlato anche del Patto di stabilità, del prezzo dell’energia, della questione dei migranti, delle tensioni tra Russia e Ucraina.
“Volevo intanto ringraziarvi per tutti gli spunti e per i complimenti che molti di voi hanno fatto all’azione di Governo. Vorrei fare due osservazioni di carattere generale: una è che questo Governo, come avete visto, affronta il cambiamento non con spirito difensivo, ma lo affronta con coraggio, con determinazione. E di questo credo tutti voi abbiate dato atto. Ma è anche un cambiamento molto difficile. Nell’arco di due anni e mezzo, tre anni è cambiata la nostra prospettiva in maniera radicale: il Covid, la transizione ecologica, la transizione digitale, le nuove sfide geopolitiche. Un periodo di grandissimo cambiamento. E questo suggerisce l’altra linea dominante dell’azione di governo: il cambiamento va si affrontato con coraggio, se volete con lungimiranza e intelligenza, ma costante in questo deve essere lo sguardo ai più deboli. Altrimenti il cambiamento non avviene.
La seconda considerazione di carattere generale riguarda i vaccini, l’azione del Governo nella campagna vaccinale. Desidero prima di tutto rivolgere un ringraziamento pubblico al generale Figliuolo. Come alcuni di voi hanno osservato, lo sforzo organizzativo, lo sforzo logistico è stato imponente. Ma, nelle varie posizioni che si possono prendere a riguardo, vorrei soltanto ricordare che noi ci siamo ripresi questa normalità, con la quale possiamo guardare a questo Natale e alle feste con una certa tranquillità, al prezzo di più di 134.000 morti. Qui riprendo le parole di una deputata stamattina: noi vogliamo difendere, e difenderemo questa normalità con le unghie e con i denti. Ora vengo ad alcuni punti sollevati da alcuni di voi.
Condivido con il senatore Renzi il senso straziante delle parole del professore di storia Carmina: è una lettera bellissima quella che scrive ai suoi studenti, una lettera che va ricordata per sempre. Un altro punto sollevato dal senatore Renzi: quanto è realistico oggi pensare ad una riformulazione del Patto di stabilità nei termini in cui è stato in vigore fino a poco prima della pandemia. Secondo me non è realistico. Le regole del patto di stabilità si sono dimostrate inefficaci e pro-cicliche, cioè dannose. Ho cominciato a dirlo negli ultimi 3 anni della mia permanenza alla Bce, ne sono sempre più convinto. Avrebbero dovute essere cambiate in ogni caso. Poi c’è stato l’avvento della pandemia, ci sono state le enormi spese che abbiamo dovuto affrontare per la pandemia ma, soprattutto, le enormi spese che dovremmo affrontare per vincere quelle transazioni a cui l’Unione Europea ci chiama: la transizione ecologica, la transizione digitale e poi la difesa. Anche con riferimento alle regole sugli aiuti di Stato, ma come si può pensare di fare una transizione ecologica, una transizione digitale senza un ruolo attivo dello Stato nel processo di creazione di queste nuove imprese? Quindi credo che lo sforzo di riflessione a cui si appresta tutta l’Unione europea sarà profondo e complesso. Peraltro la Commissione ne è consapevole, sia la commissione concorrenza sia la commissione che cura il Patto di stabilità. Non c’è motivo, secondo me, di dubitare che una discussione approfondita possa poi generare una soluzione che possa essere condivisa. Perché quel che ho appena detto io è in effetti quello che sta succedendo in tutto il resto d’Europa, quindi è molto difficile tornare al passato. Detto questo, però, voglio aggiungere che le regole servono e quindi occorrerà arrivare a un nuovo sistema di regole.
In tutto questo occorre tener presente inoltre che, insieme a questa riflessione sulle regole, ci sarà anche una riflessione che ha cominciato a trovare concretezza con il Next Generation Eu e cioè la creazione di un Bilancio comune sia nel creare solidarietà per affrontare gli eventi che abbiamo avuto sia nel creare in prospettiva quella che viene definita una “capacità fiscale “, che permetta ai Paesi di affrontare la stabilizzazione del ciclo economico in maniera tale da non aggravare la loro posizione quando ci sono queste crisi, come è successo peraltro nel periodo successivo alla crisi finanziaria.
Professor Monti sono d’accordo con lei: si è rafforzata l’Italia in Europa, si è rafforzata l’Europa in Italia e si è rafforzata l’Italia nel mondo. Devo però aggiungere che questa sensazione di una ritrovata fiducia diciamo da parte del resto del mondo, da parte dell’Europa nell’Italia, porta anche una grande responsabilità del Paese per dimostrare che questa fiducia è meritata. Forse ne abbiamo parlato l’ultima volta: se voi riflettete i 220 miliardi circa del Next Generation Eu che sono stati dati all’Italia significa che gli altri Paesi europei hanno accettato di tassare i loro cittadini per dare soldi all’Italia. Questo significa che noi siamo profondamente responsabili, dobbiamo essere profondamente responsabili nel dimostrare che questa fiducia è meritata. E, quindi, queste spese, questi investimenti del Next Generation Eu, le riforme che questo programma comporta, devono essere fatti e fatti bene molti interventi.
Molti interventi – del senatore Ripamonti, senatore Renzi, senatore Girotto, senatore Candura – hanno toccato la questione del prezzo dell’energia. Come ho detto prima, il Governo sta intervenendo in maniera senza in misura, che non ha precedenti per proteggere le fasce più deboli della popolazione: dai disagiati alle famiglie, alle micro imprese, gli esercizi commerciali con una cifra che, se ci pensiamo un momento, è di circa 8 miliardi di euro in meno in sei mesi: cioè noi in sei mesi, alla fine di Marzo, avremmo speso 8 miliardi.
Per questo chiaramente si pensa che la seconda parte dell’anno i prezzi del gas potranno scendere. Questo è quanto ci dicono le previsioni dei mercati. Ma, come dicevo, ci sono delle componenti strutturali che probabilmente renderanno questa discesa meno marcata di quanto sarebbe desiderabile. Quindi dovremmo probabilmente rassegnarci a un aumento strutturale del prezzo dell’energia. Su questo si impone anche una riflessione di carattere strutturale. La Commissione europea ha già fatto proposte per gli acquisti congiunti di stoccaggi, e vi sono altre proposte. Bisogna che le interconnessioni siano migliorate in maniera tale da poter sovvenire ai vari Paesi dell’Unione europea con forniture che vengono da altri Paesi dell’Unione europea. Ma il prezzo del gas è influenzato anche da fattori geopolitici. In particolare il gasdotto Nord Stream2 è o potrebbe divenire uno strumento negoziale nella politica tra l’Unione europea e la Russia. Se dovesse diventare parte dell’apparato sanzionatorio, che noi ci auguriamo non debba essere necessario, è chiaro che l’influenza sul prezzo del gas sarà molto marcata. Bastano voci oggi per vedere l’effetto che hanno sull’aumento del prezzo del gas. Occorre una riflessione anche più approfondita, in particolare sulla formazione del prezzo del gas.
Oggi l’energia prodotta dall’idroelettrico, l’energia prodotta dalle rinnovabili ha un prezzo diciamo quasi nullo: in particolare l’idroelettrico è stato ammortizzato già da tempo. E però viene pagata da noi al prezzo del gas. A a fronte del sacrificio di tanti cittadini, ci sono degli enormi profitti fatti da coloro che producono con l’idroelettrico e da coloro che producono con le rinnovabili. Se voi pensate, stiamo pagando ancora gli incentivi per le rinnovabili che furono decisi 15 anni fa, 10 anni fa. Oltre questo oggi c’è il guadagno che deriva dal prezzo del gas, della possibilità di vendere l’energia a quel prezzo. Questa è uno schema di formazione del prezzo europeo, la discussione è cominciata in Europa e il ministro Cingolani ne è parte attiva di questa discussione. E poi ci sono molti altri aspetti che chiaramente suggeriscono che è venuto il momento di una riflessione strutturale sulla questione.
Senatore Girotto: sono d’accordo con lei certamente, ma non è solo un problema di norme, è anche un problema di tecnologia. Noi oggi paghiamo l’energia in maniera molto diversa e, in particolare, noi paghiamo probabilmente più di tutti gli altri. La Germania paga molto meno di noi, la Francia un po’ più della Germania, un po’ meno dell’Italia, la Spagna credo che sia più o meno a livello italiano. Quindi i mix di energia, le condizioni di partenza, le tecnologie impiegate. Oggi, per esempio, alcuni Paesi europei si sono rifiutati di sottoscrivere la decisione durante la Cop26 di bloccare gli investimenti negli impianti a carbone. E questi sono paesi dell’Unione europea che naturalmente pagano l’energia molto meno di noi, quindi anche in questo caso occorre una riflessione complessiva, è una questione di norme, ma è anche una questione di tecnologia.
La senatrice Bonino e altri hanno sollevato il problema del rispetto dei diritti umani al confine tra Bielorussia e Polonia. Condivido completamente le osservazioni della senatrice Bonino, tra l’altro si tratta di 3-4 mila persone, e noi, solo quest’anno, dicevo, ne abbiamo prese più di 63.000. Quindi neanche i numeri giustificano quei trattamenti inumani e questo verrà detto al Consiglio europeo. Più generalmente, il problema è molto complesso e credo che un primo sforzo è forse quello di de-ideologizzare la questione della migrazione. Certi numeri non sono assolutamente sostenibili, certi altri sì.
Come si fa che le migrazioni diventino risorse? E qui purtroppo abbiamo moltissimo da fare. Come italiani abbiamo moltissimo da fare per, non dico migliorare, ma costruire un sistema di accoglienza che faccia diventare queste persone delle risorse sul mercato del lavoro e infine degli amici degli italiani e non dei nemici. Perché se noi facciamo questo produrremo solo dei nemici. Abbiamo già fatto questa discussione un’altra volta: con questo sistema di accoglienza le capacità che l’Italia ha di assorbire le persone legalmente presenti in Italia sono poche. Quindi dobbiamo investire molto, molto di più e probabilmente ricostruire il nostro sistema. Perché dico de-ideologizzare la questione? Perché sento parlare di difesa delle radici, dell’identità. Non voglio entrare nella definizione di che cosa sono le radici, cos’è l’identità, ma credo che un modo di difendere le radici e l’identità sia quello di affermare di vivere i valori caratteristici delle nostre radici, della nostra identità. Ecco, per esempio, uno di questi valori è la solidarietà, un altro è la responsabilità però.
Quindi bisogna stare attenti a ragionare in termini possibilmente non ideologici ma pragmatici sull’argomento. Insieme però l’affermazione che ci vuole più Europa, e ne sono convinto. Per affrontare sfide globali occorre andare oltre i confini nazionali. È chiaro, si è visto: la pandemia, l’ambiente, il cambiamento climatico, la difesa europea, la transizione digitale ed ecologica sono tutte sfide che per la loro stessa definizione travalicano i confini nazionali.
Quindi bisogna trovare un modo per lavorare insieme. La senatrice Labate richiama la necessità che tutti facciano la loro transizione, che non ci siano Paesi che si tirano via. E qualche passo avanti è stato fatto durante il G20. È un processo lungo, ma il fatto che sia lungo e sia difficile non ci esime dalla responsabilità del richiamare tutti questi Paesi a fare la loro transizione. Naturalmente come dicevo prima le condizioni di partenza son diverse, e la transizione non è immune da costi. Se voi pensate il Paese che produce il 50% dell’acciaio mondiale ha quasi tutti questi impianti a carbone, ora li sta convertendo in impianti a gas e il prezzo del gas aumenta, ed aumenta credo strutturalmente, perché se la transizione in questo paese continua l’aumento sarà strutturale.
Senatore Zaffini, i numeri dell’Europa sono migliori o come quelli degli altri Paesi. Nel mondo il problema non è tanto o non è solo la quantità di vaccini che si danno. Oggi è molto più importante riuscire a somministrarli. Oggi la dimensione logistica è diventata la più pressante, tant’è vero che con tutte queste donazioni i tassi di vaccinazione in Africa restano ancora molto bassi.
Condivido l’analisi delle complessità attuali del senatore Zanda e la necessità di progredire verso l’unione politica. Con riferimento a molte delle cose di cui abbiamo discusso oggi, dalla politica estera alla necessità di superare il principio dell’unanimità, e oggi ‘unanimità’ significa inazione, non azione. Con l’unanimità noi non reagiamo. E’ stata una cosa meno sentita degli scorsi anni quando l’ombrello protettivo dell’alleato Atlantico, tutto sommato, ci aiutava a non affrontare queste sfide. Oggi le priorità geopolitiche del nostro alleato si stanno modificando. Altre parti del mondo stanno acquistando più importanza e quindi noi ci dobbiamo attrezzare e ci attrezziamo soltanto se riusciamo a decidere. E per decidere bisogna in qualche modo superare l’unanimità, ma che questo vale per la politica estera, per la politica della difesa e anche per altre sfide. In questi due settori la necessità di avere, come dicevo prima, compiti chiari, ben definiti, e decisioni rapide, è essenziale. Ma qui viene il punto: forse non ci si riesce ad arrivare a quel punto senza un percorso convinto verso l’Unione politica, perché ci si chiedeva prima come si fa a non avere una decisione unanime, cioè a rassegnarsi che i miei figli vadano a combattere e a morire per decisione di un altro, perché c’è la maggioranza. Ci si deve riuscire soltanto se ci avviamo convintamente verso un’Unione politica, verso un’Unione in cui tutti ci sentiamo membri dello stesso Stato.
Sono d’accordo con il Senatore Laforgia. Quando noi ricordiamo quello che è successo durante questi mesi e diciamo che lo sforzo logistico – come ho appena detto – è stato imponente, in effetti, dobbiamo ricordare il posto che in questi mesi hanno avuto le donne: l’essenzialità, il fondamentale ruolo della donna sia nella fase della pandemia, sia nella fase successiva. L’assistenza che è stata prestata a milioni di famiglie. Questa è una cosa per cui ringrazio il Senatore Laforgia per averla richiamata.
Per quanto riguarda i sindacati, da parte del Governo non c’è stata nessuna volontà punitiva, tant’è che la settimana prossima – credo che sia lunedì o martedì – abbiamo convocato la prima riunione per aprire un tavolo su una possibile riforma delle pensioni. C’è volontà di colloquio, di condivisione, di ascolto, come abbiamo fatto, peraltro, sul decreto sulla sicurezza sul lavoro.
Un’ultima considerazione a proposito delle relazioni tra Unione europea, Ucraina e Russia: l’impressione, da questi ultimi scambi che ci sono stati, è che si voglia da parte della Russia rimanere coinvolti, non si è sull’orlo di una decisione irreparabile. Questa non è certezza, ma sicuramente il fatto che sia stato il Presidente Putin a voler cercare un contatto telefonico col Presidente Biden dimostra, suggerisce che c’è necessità di rimanere – come detto nel corso della telefonata con il Presidente Biden – ingaggiato. Questo significa anche che l’Unione europea deve essere attenta – e qui mi riferisco in particolare al punto sollevato dal Senatore Candura – a non forzare le cose, a mantenere questo ingaggio e però a pretendere il rispetto degli accordi di Minsk, sia da parte del Presidente Putin sia da parte del Presidente Zelensky. Questa deve essere la situazione. Naturalmente è una situazione in evoluzione, quindi bisogna vedere, per esempio, se la retorica del Presidente Putin assume dei toni meno marcati, cosa avviene per quanto riguarda gli spostamenti delle truppe al confine con Donbass, cosa fa il Presidente Zelensky a proposito del riconoscimento del Donbass, cosa fanno tutte e due a proposito dello scambio di prigionieri. E’ una situazione in evoluzione, occorre osservarla e occorre evitare decisioni irreparabili”, ha concluso il premier.