Letta, Giorgetti, Di Maio: ecco chi ha aiutato Draghi nella scelta dei ministri (di Marco Antonellis)
Segnatevi questi nomi: Gianni Letta, Dario Franceschini, Giancarlo Giorgetti e Luigi Di Maio. Saranno loro i ‘king maker’ – insieme al presidente della Repubblica uscente Sergio Mattarella, che non a caso il giorno stesso dell’incarico all’ex numero uno della Bce, ricordando Antonio Segni, faceva sapere ‘urbi et orbi’ di rinunciare al bis – per l’ascesa di Mario Draghi al Quirinale; questo si sussurra nelle stanze del potere.
Ci sono tre governi: c’è quello di Mario Draghi che gestirà in prima persona i soldi del Recovery Plan e il rilancio del paese, poi c’è quello dei partiti fatto sulla base di un rigoroso manuale Cencelli e poi c’è quello, appunto, dei “grandi tessitori’ che servirà a portare Mario Draghi sul Colle più alto della capitale (ed è per questo che all’ultimo istante è stato ‘salvato’ Giggino di Maio agli Esteri a scapito di Antonio Tajani).
Non è un caso poi che nella squadra del ‘Professore’ ci siano Brunetta, Carfagna e Gelmini. Tutti nomi graditi a Gianni Letta: l'”eminenza azzurrina” è stato uno dei personaggi chiave della nascita del governo Draghi tanto che i due, spiegano fonti di primo piano, forti di una stima reciproca ventennale si sono sentiti spessissimo sin da quando l’ex governatore è stato incaricato dal Capo dello Stato.
Insomma, Mario Draghi con la composizione di questo governo si è voluto garantire tre cose: il rilancio del paese con i soldi del Recovery Plan, il consenso dei partiti in parlamento con il manuale Cencelli e l’elezione a prossimo Capo dello stato con i quattro ‘king maker’ che da destra a sinistra garantiranno la copertura di tutto l’arco costituzionale per l'”operazione Quirinale”.
Nel frattempo, è partita la “caccia” al portavoce di Mario Draghi: in attesa di capire chi sarà il ‘fortunato” ambienti vicini al neo presidente del Consiglio non escludono che per gestire la comunicazione Draghi possa sposare il ‘modello Berlusconi’, ovvero con un “sottosegretario o il consigliere e poi un addetto stampa più da battaglia”.
Questo consentirebbe di portare a Palazzo Chigi anche i grossi calibri del giornalismo italiano, che viceversa difficilmente potrebbero accettare. Comunque, “finora il tema del portavoce non è stato mai trattato da Draghi. Prima bisogna fare la squadra di governo e poi pensare allo staff” spiegano ambienti vicinissimi al neo premier.
Nel frattempo, però, impazza il totonomi; circola con insistenza il nome di un importante ex direttore di giornale in ottimi rapporti con il premier (“è molto stimato da tutti, non avrebbe controindicazioni”), quello di un giornalista politico ben visto ai piani alti delle istituzioni e quello di un giornalista economico che ha sempre seguito da vicinissimo la Bce.
Leggi anche: 1. Con Draghi cambieranno i vertici della Rai: per il dopo-Salini in pole Cattaneo e Scrosati / 2. Roma, il rebus dei candidati nel centrodestra: Meloni punta su Abodi, Berlusconi e Salvini spingono Bertolaso