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Home » Politica

Dl sicurezza, Biffoni (Anci) a TPI: “Ripristinato il ‘modello Sprar’: vi spiego perché è l’unico che funziona”

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"Bene il Dl sicurezza, ma ora va cambiato il Testo Unico sull'immigrazione": parla il sindaco di Prato e delegato Anci all'Immigrazione

“Bene il Dl sicurezza, ma ora va cambiato il Testo Unico sull’immigrazione. Altrimenti rimangono provvedimenti a metà e poi sono i territori a doverne pagare le conseguenze”. A dirlo a TPI è Matteo Biffoni, sindaco di Prato e delegato Anci per l’Immigrazione. L’abbiamo intervistato per capire meglio come funzionerà l’accoglienza diffusa che viene ripristinava con il decreto approvato ieri sera in CdM (Qui un approfondimento su cosa prevede). Sarà infatti proprio l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, attraverso Cittalia e Siproimi, a gestire la seconda accoglienza.

Prima cosa: si ritiene soddisfatto delle modifiche ai decreti sicurezza appena approvate?
“Siamo abbastanza soddisfatti come Anci, perché avevamo segnalato tutte le difficoltà dei Decreti Salvini per i territori e per i comuni. L’integrazione era davvero messa in pericolo, non potevamo fare formazione, non potevamo insegnare italiano. Ci sono i nuovi casi di protezione speciale che erano soggetti che non potevano più avere lo status di rifugiati. Ma la svolta di questo Dl è nell’accoglienza”.
Torna infatti centrale l’accoglienza diffusa, quella gestita dai comuni e dai territori. Cosa significa questo?
“In un piccolo centro di accoglienza, dove ci sono al massimo qualche decina di persone, tu è chiaro che puoi organizzare un sistema di vigilanza, di formazione e di uscita delle persone che è più ordinario e che fa sicuramente meno paura di un centro di centinaia di persone incontrollate. L’impatto sulla popolazione è diverso, soprattutto nei piccoli paesi. In un paesino con 2-3mila persone se ci metti un centro con 200 migranti diventa tutto molto più complicato da gestire”.

Ma come funzionerà esattamente? Verranno allargati i progetti Siproimi (ex Sprar)?
“Si chiameranno probabilmente in un modo ancora diverso, però la struttura sì, è quella. Secondo le disposizioni del ministero dell’Interno sarà ancora una volta l’Anci e Cittalia-Siproimi (ex Sprar, Servizio centrale) ad avere un ruolo centrale”.
Il modello Sprar era vincente?
“Assolutamente sì, l’unico possibile. Perché  passaggio tra la prima e la cosiddetta seconda accoglienza deve essere funzionale e ben organizzato. Più  fai rimanere le persone nei CAS (centri di accoglienza straordinaria), più crei disordini sul territorio. Il nuovo decreto Lamorgese accorcia i tempi per entrare in seconda fase e soprattutto si torna alla formazione per i migranti”.
Salvini però stava cercando di smantellarli. Perché?
“Ti dico solo che all’epoca anche diversi sindaci di centro-destra ne sottolinearono la pericolosità per i territori…E nonostante ogni tentativo da parte dell’ex ministro dell’Interno di eliminare il sistema d’accoglienza diffusa, gli Sprar hanno comunque resistito, perché sono la realtà più funzionale per i comuni. Il sistema si è mantenuto da solo”.
E come?
“Deroghe. Per esempio nel periodo Covid – nel quale abbiamo avuto soltanto 40 casi circa in totale in tutto il Paese – abbiamo gestito tutto in deroga. Questo significa automaticamente che la legge non funzionava”.
Per esempio la Lamorgese a maggio aveva reinserito i richiedenti asilo nel sistema con una circolare, giusto?
“Esatto, ma perché non teneva il sistema. Le tensioni venivano scaricate sui comuni”.

[Nei video di seguito due storie di “ordinaria accoglienza”: racconti di eccellenze dei progetti SPRAR nel 2016]

Cosa si fa nel pratico nei Siproimi o Sprar, chiamiamoli come vogliamo?
“Corsi di formazione lavorativa, corsi di lingua, inserimento professionale e molte altre cose”.
Tutte cose che hanno bisogno però anche di risorse…
“Assolutamente sì, risorse che erano state prosciugate. Perché 25 euro al giorno non sono dignitosi. O almeno: ci puoi pagare il cibo e le spese vive, ma non il supporto psicologico, gli assistenti sociali, gli insegnanti, eccetera…Questo aveva portato le associazioni di qualità a ritirarsi”.
Con il nuovo Dl i migranti saranno più sicuri?
“C’è una grande novità nel decreto a cui tengo molto: finalmente il permesso di soggiorno potrà essere convertito in permesso di lavoro.Questo è fondamentale. Perché il lavoro è il più potente mezzo di integrazione. Questo rende meno precari i migranti, più vicini al paese che li accoglie ed è un incentivo per combattere il lavoro in nero e assumere per i datori di lavoro”.

Attualmente ci sono circa 30.500 posti in 1200 comuni. Basteranno o serviranno più posti?
“Decisamente serviranno più posti. Non bastano i posti attuali, dovranno essere allargati i progetti. Come già era stato previsto a partire da Minniti in poi”.
Di quanti posti avrebbe bisogno la seconda accoglienza?
“Difficile rispondere in modo preciso perché dipende dal numero degli sbarchi e dal numero dei rimpatri…Va benissimo, sono importanti, ma sono quasi un tema politico. Se devo essere onesto, ora abbiamo fatto solo un pezzo del lavoro che c’è da fare”.
Cioè? 
“Le modifiche ai decreti Salvini, se restano fini a se stesse sono monche. C’è ancora tutto un percorso da fare. Il dl sicurezza riguarda infatti sbarchi e accoglienza. Mancano però i rimpatri, tutte le norme sulla cittadinanza. Ma soprattuto va riformato il Testo Unico sull’immigrazione, la Bossi-Fini. E’ una legge vecchia, vetusta, parla a un mondo che non esiste più. Bene il Dl Sicurezza, ma ora cambiamo il Testo Unico”.
Per cambiare davvero i decreti Salvini, forse, va cambiata anche la narrazione dell’accoglienza. Come si fa?
“Con le azioni, con i comuni spopolati che si ripopolano. Con un permesso di lavoro che permette la regolarità. Con i paesini che migliorano i servizi anche per i cittadini oltre che per i migranti grazie al sistema di accoglienza diffusa”.

Leggi anche: 1. A un anno dall’insediamento, il Governo cambia i decreti immigrazione di Salvini / 2. Se la Corte Costituzionale arriva prima del Pd a bocciare i decreti sicurezza di Salvini (di G. Cavalli) / 3. Migranti, sbarchi in Italia: dati alla mano, ecco come stanno davvero le cose

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