Dl aiuti bis: salta il tetto agli stipendi dei super dirigenti pubblici
Niente tetto agli stipendi dei manager pubblici, secondo quanto previsto dall’emendamento a prima firma Forza Italia inserito nel dl aiuti bis e votato ieri in Senato. Il tetto era stato fissato a 240mila euro dal governo Renzi, ma la deroga riformulata dal Mef e approvata durante l’esame a Palazzo Madama lo ha eliminato.
Significa dunque che al Capo della polizia, al Direttore generale della pubblica sicurezza, al Comandante generale dell’Arma, al Comandante generale della Gdf, al Capo del Dap, così come agli altri capi di stato maggiore, nonchè ai Capi dipartimento della presidenza del Consiglio e al Segretario generale della Presidenza del Consiglio, e ai Capi Dipartimento e ai Segretari generali dei ministeri, è consentito – in deroga al tetto di 240mlia euro previsto per i manager pubblici (pari alla retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione) – un “trattamento economico accessorio per ciascuno di importo determinato nel limite massimo delle disponibilità del fondo” determinato con decreto del presidente del Consiglio su proposta del ministro dell’Economia.
È rimpallo di responsabilità adesso tra partiti e esecutivo, con i primi che puntano il dito contro il Mef, il quale secondo essi sarebbe i ero artefice della riformulazione. Ma il governo sottolinea che quanto è avvenuto è riconducibile a un’iniziativa parlamentare. “E’ un tetto che avevo messo io”, ha dichiarato il leader di Italia viva, specificando che non vi era alternativa al voto favorevole in Senato al fine di sbloccare i 17 miliardi previsti dal dl aiuti per venire incontro a imprese e famiglia contro il caro bollette. “Spero si torni al ‘tetto Renzì di 240mila euro: non mi sembra un’idea geniale aumentare adesso gli stipendi ai massimi dirigenti, ma non potevamo che votare il decreto altrimenti saltavano 17 miliardi di aiuti, ma il tetto a 240mila euro mi sembrava molto piu’ serio di quanto è stato deciso oggi”, ha continuato Renzi. Anche le presidenti dei gruppi dem di Camera e Senato, Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, hanno criticato la modifica “di Forza Italia riformulata dal Mef”, che “non condividiamo in alcun modo”.
Secondo alcune fonti parlamentari a palazzo Madama citate da Agi, la modifica – già approvata durante l’esame in commissione – aveva ricevuto il via libera “proprio da chi oggi grida allo scandalo”, oltre che dai firmatari della norma. Stando a quanto riportato dall’Ansa, l’emendamento è stato votato in commissione, prima dell’approdo in Aula, da Pd, Fi e Italia viva. Astenuti Fratelli d’Italia, Lega e Movimento 5 stelle. Subito dopo fonti Pd fanno sapere nelle commissioni riunite al Senato (Bilancio e Finanze) he l’emendamento “è stato votato da tutti”. In Aula invece si sono registrate poi le astensioni di Fdi, Lega e M5s.