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Recovery, Draghi replica al Senato: “Sud non è stato discriminato”

“Oggi è un giorno positivo per l’Italia, non è una cosa di cui dispiacersi. Il Senato è stato protagonista del disegno e dell’attuazione del piano. Molte delle osservazioni fatte richiamano la scarsità dei tempi, ma la data del 30 aprile” per inviare il piano a Bruxelles “è una data per avere subito i soldi”, ha detto il premier Mario Draghi, nel suo intervento di replica al Senato dopo la discussione seguita alla presentazione del Pnrr.

“Si potrà far meglio, ma il Sud non è stato discriminato. Le risorse saranno sempre poche se uno non le usa. Questo è il punto”, dice il Presidente del Consiglio, “c’è una storica inerzia che bisogna superare. Bisogna impegnarsi collettivamente”, afferma Draghi.

“Corruzione, stupidità, interessi costituiti continueranno ad essere i nostri nemici e sono certo saranno battuti”, ha proseguito. “Ma c’è anche l’inerzia istituzionale che si è radicata per la stratificazione di norme negli ultimi 30 anni. Le riforme ci aiuteranno a superarle e per questo sono così importanti. Le riforme saranno adottate con procedimenti legislativi e il Parlamento avrà un ruolo determinante. La collaborazione di potere legislativo ed esecutivo è cruciale”.

Il Pnrr “nasce da una scommessa collettiva in Europa sulla capacità di spendere ma soprattutto spendere bene il denaro e l’Italia è in prima fila”, ha sottolineato l’ex Presidente della BCE. “Saremo responsabili del successo o della perdita di questa scommessa”. Secondo Draghi infatti, dall’Italia dipende il successo della scommessa dell’Unione europea sul Recovery fund. “La sconfitta su questo fronte sarebbe grave perché a pagare il prezzo saremo noi ma anche per il futuro dell’Europa perché non sarà più possibile convincere gli altri europei a fare una politica fiscale comune, a mettere i soldi insieme. Questo torna a nostro beneficio perché siamo uno dei Paesi più fragili dell’Unione europea”.

Dopo il discorso di ieri alla Camera, il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha presentato al Senato nella giornata di oggi, martedì 27 aprile, il Recovery Plan che entro il 30 aprile sarà inviato alla Commissione europea. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che ha l’obiettivo di rilanciare l’economia italiana dopo la crisi innescata dalla pandemia di Covid-19, questa mattina è stato approvato con 442 sì alla Camera, dopo che Draghi ha tenuto in Aula la sua replica.

IL DISCORSO INTEGRALE DI DRAGHI

Signor Presidente, Onorevoli Senatori, sbaglieremmo tutti a pensare che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, pur nella sua storica importanza, sia solo un insieme di progetti tanto necessari quanto ambiziosi, di numeri, obiettivi, scadenze. Vi proporrei di leggerlo anche in un altro modo. Metteteci dentro le vite degli italiani, le nostre ma soprattutto quelle dei giovani, delle donne, dei cittadini che verranno. Le attese di chi più ha sofferto gli effetti devastanti della pandemia. Le aspirazioni delle famiglie preoccupate per l’educazione e il futuro dei propri figli.

Le giuste rivendicazioni di chi un lavoro non ce l’ha o lo ha perso. Le preoccupazioni di chi ha dovuto chiudere la propria attività per permettere a noi tutti di frenare il contagio. L’ansia dei territori svantaggiati di affrancarsi da disagi e povertà. La consapevolezza di ogni comunità che l’ambiente va tutelato e protetto. Ma, nell’insieme dei programmi che oggi presento alla vostra attenzione, c’è anche e soprattutto il destino del Paese. La misura di quello che sarà il suo ruolo nella comunità internazionale. La sua credibilità e reputazione come fondatore dell’Unione europea e protagonista del mondo occidentale.

Non è dunque solo una questione di reddito, lavoro, benessere, ma anche di valori civili, di sentimenti della nostra comunità nazionale che nessun numero, nessuna tabella potranno mai rappresentare. Dico questo perché sia chiaro che, nel realizzare i progetti, ritardi, inefficienze, miopi visioni di parte anteposte al bene comune peseranno direttamente sulle nostre vite.

Soprattutto su quelle dei cittadini più deboli e sui nostri figli e nipoti. E forse non vi sarà più il tempo per porvi rimedio. Nel presentare questo documento, al quale è strettamente legato il nostro futuro, vorrei riprendere, specie all’indomani della celebrazione della festa della libertà, una testimonianza di uno dei padri della nostra Repubblica.

Scriveva Alcide De Gasperi nel 1943: “Vero è che il funzionamento della democrazia economica esige disinteresse, come quello della democrazia politica suppone la virtù del carattere. L’opera di rinnovamento fallirà, se in tutte le categorie, in tutti i centri non sorgeranno degli uomini (diremmo oggi delle persone) disinteressati pronti a faticare e a sacrificarsi per il bene comune.” A noi l’onere e l’onore di preparare nel modo migliore l’Italia di domani.

Il ruolo del Parlamento

Prima di concentrarmi sulla descrizione del Piano, vorrei ringraziarvi per il prezioso lavoro di interlocuzione con Istituzioni e Parti sociali svolto dal Parlamento. La buona riuscita del Piano richiede uno sforzo corale delle diverse istituzioni coinvolte e un dialogo aperto e costruttivo. Il Parlamento ha effettuato, con eccezionale rapidità, un ingente lavoro di sintesi delle osservazioni e delle istanze di numerosi enti istituzionali, associazioni di categoria ed esperti che ha contribuito alla fase finale di definizione del Piano.

Tale lavoro di sintesi si è affiancato all’intensa collaborazione tra i diversi Ministeri a vario titolo coinvolti nella predisposizione del Piano, un lavoro che ha molto beneficiato dell’azione svolta dal precedente Governo. Ringrazio anche le Regioni, le Provincie e i Comuni, il cui ruolo va oltre queste consultazioni. Gli enti territoriali sono infatti determinanti per la riuscita del Piano.

Gli obiettivi del piano

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha tre obiettivi principali.
Il primo, con un orizzonte temporale ravvicinato, risiede nel riparare i danni economici e sociali della crisi pandemica. La pandemia ci ha colpito più dei nostri vicini europei. Abbiamo raggiunto il numero di quasi 120.000 morti per il Covid-19, a cui si aggiungono i tanti mai registrati.

Nel 2020 il PIL è caduto dell’8,9 per cento, l’occupazione è scesa del 2,8 per cento, ma il crollo delle ore lavorate è stato dell’11 per cento, il che dà la misura della gravità della crisi. I giovani e le donne hanno sofferto un calo di occupazione molto superiore alla media, particolarmente nel caso dei giovani nella fascia di età 15-24 anni. Le misure di sostegno all’occupazione e ai redditi dei lavoratori hanno notevolmente attutito l’impatto sociale della pandemia.

Tuttavia, l’impatto si è sentito soprattutto sulle fasce più deboli della popolazione. Tra il 2005 e il 2019, il numero di persone sotto la soglia di povertà assoluta è salito dal 3,3 al 7,7 per cento, per poi aumentare fino al 9,4 per cento nel 2020.
Ancora una volta ad essere particolarmente colpiti sono stati donne e giovani e ancora una volta soprattutto nel Mezzogiorno. Con una prospettiva più di medio-lungo termine, il Piano affronta alcune debolezze che affliggono la nostra economia e la nostra società da decenni: i perduranti divari territoriali, le disparità di genere, la debole crescita della produttività e il basso investimento in capitale umano e fisico. Infine, le risorse del Piano contribuiscono a dare impulso a una compiuta transizione ecologica.

L’articolazione del piano

Il Piano è articolato in progetti di investimento e riforme. L’accento sulle riforme è fondamentale. Queste non solo consentono di dare efficacia e rapida attuazione agli stessi investimenti, ma anche di superare le debolezze strutturali che hanno per lungo tempo rallentato la crescita e determinato livelli occupazionali insoddisfacenti, soprattutto per i giovani e le donne.

Le riforme e gli investimenti sono corredati da obiettivi quantitativi e traguardi intermedi e sono organizzate in sei Missioni. I progetti di ciascuna missione mirano ad affrontare tre nodi strutturali del nostro Paese, che costituiscono obiettivi orizzontali dell’intero Piano. Si tratta di colmare le disparità regionali tra il Mezzogiorno e il Centro Nord, le diseguaglianze di genere e i divari generazionali. Le risorse fornite attraverso il Dispositivo di ripresa e resilienza della UE sono pari a 191,5 miliardi.

Il Governo ha deciso di stanziare ulteriori 30,6 miliardi per il finanziamento di un Piano nazionale complementare da affiancare al dispositivo europeo. Questo piano complementare finanzia progetti coerenti con le strategie del PNRR, che tuttavia eccedevano il tetto di risorse ottenibili dal dispositivo europeo. Il PNRR e il Piano complementare sono stati disegnati in modo integrato: anche i progetti del secondo avranno gli stessi strumenti attuativi.

Sono stati stanziati, inoltre, entro il 2032, ulteriori 26 miliardi da destinare alla realizzazione di opere specifiche. Queste includono la linea ferroviaria ad Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria – che diventerà una vera alta velocità – e l’attraversamento di Vicenza relativo alla linea ad Alta Velocità Milano-Venezia. È poi previsto il reintegro delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, utilizzate nell’ambito del dispositivo europeo per il potenziamento dei progetti ivi previsti per 15,5 miliardi.

Nel complesso potremo disporre di circa 248 miliardi di euro. A tali risorse, si aggiungono poi quelle rese disponibili dal programma REACT-EU che, come previsto dalla normativa Ue, vengono spese negli anni 2021-2023. Si tratta di altri fondi per ulteriori 13 miliardi. Se si tiene conto solo di RRF e del Fondo Complementare, la quota dei progetti ‘verdi’ è pari al 40 per cento del totale. Quella dei progetti digitali il 27 per cento. Il Piano destina 82 miliardi al Mezzogiorno su 206 miliardi ripartibili secondo il criterio del territorio, per una quota dunque del 40 per cento circa. C’è una forte attenzione all’inclusione di genere e al sostegno per i giovani.

L’impatto del Pnrr

Questo piano, se attuato bene, ha effetti significativi su tutte le principali variabili economiche. Nel 2026 il Pil sarà di circa 3,6 punti percentuali superiore rispetto a uno scenario di riferimento che non tiene conto dell’attuazione del Piano. Ne beneficia anche l’occupazione che sarà più elevata, di 3,2 punti percentuali rispetto allo scenario base nel triennio 2024-2026.

Queste stime ipotizzano un’elevata efficienza degli investimenti pubblici effettuati, ma non quantificano l’ulteriore impulso che potrà derivare dalle riforme previste dal Piano e per quanto riguarda l’occupazione femminile e giovanile non tiene conto della clausola di condizionalità trasversale a tutto il Piano. L’accelerazione della crescita può essere superiore a quanto riportato nel Pnrr se riusciamo ad attuare riforme efficaci e mirate a migliorare la competitività della nostra economia.

La governance del piano

Il governo del Piano è strutturato su diversi livelli. L’attuazione delle iniziative e delle riforme, nonché la gestione delle risorse finanziarie, sono responsabilità dei Ministeri e le autorità locali, che sono chiamati a uno straordinario impegno in termini di organizzazione, programmazione e gestione.

Le funzioni di monitoraggio, controllo e rendicontazione e i contatti con la Commissione Europea sono affidati al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Poi è anche prevista una cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio, con il compito tra l’altro di interloquire con le amministrazioni responsabili in caso di riscontrate criticità nell’attuazione del Piano.

Voglio sottolineare l’importante ruolo svolto da Regioni ed Enti locali nell’ambito dell’attuazione del Piano. Sono infatti responsabili della realizzazione di quasi 90 miliardi di investimenti, circa il 40 percento del totale, in particolare con riferimento alla transizione ecologica, all’inclusione e coesione sociale e alla salute.

Missione 1: digitalizzazione

La prima Missione riguarda i temi della Digitalizzazione, Innovazione, Competitività e Cultura. Nel complesso, le risorse destinate a questa Missione sono quasi 50 miliardi, di cui 41 finanziate con il Dispositivo Europeo e 8,5 con il Piano complementare nazionale, pari al 27% delle risorse totali del Piano. L’obiettivo principale è promuovere e sostenere la trasformazione digitale e l’innovazione del sistema produttivo del Paese. Abbiamo scelto di investire nella crescita dimensionale delle nostre imprese e in filiere ad alta tecnologia. Una particolare attenzione va poi a turismo e cultura.

Facciamo un passo indietro rispetto a questi numeri: è facile quando si parla di digitale, parlare di fibra, di cloud, di 5G, di identità digitale, di telemedicina e delle molte altre tecnologie sulle quali proponiamo di investire. In realtà dobbiamo chiederci: per cosa la trasformazione digitale è essenziale per il nostro Paese? Noi vogliamo che dal 2027 le nostre ragazze e ragazzi possano avere accesso alle migliori esperienze educative, ovunque esse siano in Italia.

Vogliamo che i nostri imprenditori, piccoli e grandi, possano lanciare e far crescere le loro attività rapidamente e efficientemente. Vogliamo permettere alle donne imprenditrici di realizzare i loro progetti. Vogliamo che i lavoratori e le lavoratrici continuino ad acquisire le competenze per le professioni di oggi e di domani. Vogliamo che le persone più sole o vulnerabili possano esser assistite dagli operatori sanitari, dai volontari e dai loro famigliari nel miglior e più tempestivo modo possibile.

Vogliamo che le pubbliche amministrazioni e i loro servizi siano accessibili senza ostacoli, senza costi e senza inutile spreco di tempo. Vogliamo insomma accelerare l’adozione della tecnologia – nel pubblico, nel privato e nelle famiglie – per dare alla fine del quinquennio 2021-26 eque opportunità a tutti. In particolare a giovani, donne e a chi vive in territori meno connessi.

Per il rilancio della cultura e del turismo, due settori chiave per l’Italia anche per il loro significato identitario, una prima linea di azione riguarda investimenti di valorizzazione di siti storici e culturali, volti a migliorare la capacità attrattiva, la sicurezza e l’accessibilità dei luoghi. Gli interventi sono dedicati non solo ai cosiddetti “grandi attrattori”, ma anche alla tutela e alla valorizzazione dei siti minori. Si aggiungono misure per una riqualificazione ambientalmente sostenibile delle strutture e dei servizi turistici, che fanno leva anche sulle nuove tecnologie. Il Piano non trascura il fatto che il rafforzamento della digitalizzazione e la spinta all’innovazione devono essere realizzati in maniera sinergica tra settori e aree di intervento. Molte misure di cui dirò più avanti relativamente ad altre Missioni, ad esempio relativamente a Istruzione e Ricerca o Sanità, completano la strategia del Governo in questa area.

Missione 2: rivoluzione verde e transizione ecologica

La seconda Missione, denominata Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica, si occupa dei grandi temi dell’agricoltura sostenibile, dell’economia circolare, della transizione energetica, della mobilità sostenibile, dell’efficienza energetica degli edifici, delle risorse idriche e dell’inquinamento. E’ ovviamente particolarmente importante per l’Italia, che per le sue caratteristiche, ma anche per gli abusi cui è stata sottoposta, è maggiormente esposta a rischi climatici rispetto ad altri Paesi. La missione migliora la sostenibilità del sistema economico e assicura una transizione equa e inclusiva verso una società a impatto ambientale pari a zero. La dotazione complessiva di questa missione è la più cospicua tra le 6 proposte (quasi 70 miliardi, di cui 60 finanziati con il Dispositivo europeo).

Vi sono inoltre investimenti a supporto della transizione ecologica anche in altre Missioni. La Missione prevede misure per migliorare la gestione dei rifiuti e per l’economia circolare, rafforza le infrastrutture per la raccolta differenziata, e ammoderna o sviluppa nuovi impianti di trattamento rifiuti. Per raggiungere la progressiva decarbonizzazione, sono previsti interventi per incrementare significativamente l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili, per il rafforzamento delle reti e per una mobilità più sostenibile. Vi è un significativo sforzo per promuovere l’efficientamento energetico di edifici pubblici e privati. Per il Superbonus al 110 per cento sono previsti, tra Pnrr e Fondo complementare, oltre 18 miliardi, le stesse risorse stanziate dal precedente governo. Non c’è alcun taglio. La misura è finanziata fino alla fine del 2022, con estensione al giugno 2023 solo per le case popolari. È un provvedimento importante per il settore delle costruzioni e per l’ambiente.

Per il futuro, il Governo si impegna a inserire nel Disegno di Legge di bilancio per il 2022 una proroga dell’Ecobonus per il 2023, tenendo conto dei dati relativi alla sua applicazione nel 2021, con riguardo agli effetti finanziari, alla natura degli interventi realizzati, al conseguimento degli obiettivi di risparmio energetico e sicurezza degli edifici.

Inoltre, nella missione, non sono stati trascurati i temi della sicurezza del territorio, con interventi di prevenzione e di ripristino a fronte di significativi rischi idrogeologici, della salvaguardia delle aree verdi e della biodiversità, e quelli relativi all’eliminazione dell’inquinamento delle acque e del terreno, e alla disponibilità di risorse idriche.

Missione 3: infrastrutture

La Missione 3 dispone una serie di investimenti finalizzati allo sviluppo di una rete di infrastrutture di trasporto moderna, digitale, sostenibile e interconnessa. Nel complesso a questa finalità sono allocati oltre 31 miliardi. Gran parte delle risorse è destinata all’ammodernamento e al potenziamento della rete ferroviaria. Si prevede il completamento dei principali assi ferroviari ad alta velocità ed alta capacità (per una spesa stimata in 13,2 miliardi), l’integrazione fra questi e la rete ferroviaria regionale e la messa in sicurezza dell’intera rete. Vi sono poi interventi per la digitalizzazione del sistema della logistica, per migliorare la sicurezza di ponti e viadotti, e misure per innalzare la competitività, capacità e produttività dei porti italiani.

Missione 4: istruzione e ricerca

La Missione 4, Istruzione e Ricerca, incide su fattori indispensabili per un’economia basata sulla conoscenza. Oltre ai loro risvolti benefici sulla crescita, tali fattori sono determinanti anche per l’inclusione e l’equità. I progetti proposti intendono rafforzare il sistema educativo lungo tutto il percorso di istruzione, sostenere la ricerca e favorire la sua integrazione con il sistema produttivo.

Gli interventi principali riguardano: Il miglioramento qualitativo e ampliamento quantitativo dei servizi di istruzione, a partire dal rafforzamento dell’offerta di asili nido, scuole materne e servizi di educazione e cura per la prima infanzia. Lo sviluppo e il rafforzamento dell’istruzione professionalizzante. I processi di reclutamento e di formazione degli insegnanti. Il potenziamento e l’ammodernamento delle infrastrutture scolastiche, ad esempio con il cablaggio interno di circa 40.000 edifici scolastici La riforma e l’ampliamento dei dottorati. Il rafforzamento della ricerca e la diffusione di modelli innovativi per la ricerca di base e applicata condotta in sinergia tra università e imprese. Il sostegno ai processi di innovazione e trasferimento tecnologico. Alla Missione 4 sono destinati quasi 32 miliardi, di cui uno finanziato con risorse nazionali tramite il Fondo complementare, e 31 con il Dispositivo europeo.

Missione 5: lavoro

La quinta Missione è destinata alle politiche attive del lavoro e della formazione, all’inclusione sociale e alla coesione territoriale. I fondi destinati a questi obiettivi superano nel complesso i 22 miliardi. Ulteriori 7,3 miliardi di interventi beneficeranno delle risorse di REACT-EU. Sono previsti investimenti in attività di formazione e riqualificazione dei lavoratori. Si prevede l’introduzione di una riforma organica e integrata in materia di politiche attive e formazione, nonché misure specifiche per favorire l’occupazione giovanile. Sono introdotte misure a sostegno dell’imprenditorialità femminile e un sistema di certificazione della parità di genere che accompagni e incentivi le imprese ad adottare politiche adeguate a ridurre il gap di genere.

Si è scelto poi di destinare importanti risorse alle infrastrutture sociali funzionali alla realizzazione di politiche a sostegno delle famiglie, dei minori, delle persone con gravi disabilità e degli anziani non autosufficienti. A queste si affiancano misure per la riqualificazione dei tessuti urbani più vulnerabili (in particolare le periferie e le aree interne del Paese) e interventi di potenziamento dell’edilizia residenziale pubblica e di housing temporaneo e sociale.

Missione 6: Salute

La Missione 6 riguarda la Salute, un settore critico, che ha affrontato sfide di portata storica nell’ultimo anno. La pandemia da Covid-19 ha confermato il valore universale della salute, la sua natura di bene pubblico fondamentale e la rilevanza macro-economica dei servizi sanitari pubblici.

Le riforme e gli investimenti proposti con il Piano in quest’area hanno due obiettivi principali: rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio e modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario, al fine di garantire un equo accesso a cure efficaci. La dotazione per questa missione è complessivamente di 18,5 miliardi, di cui 15,6 relativamente a finanziamenti RFF e 2,9 di risorse nazionali.

Il miglioramento delle prestazioni erogate sul territorio è perseguito attraverso il potenziamento e la creazione di strutture e presidi territoriali (come le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità), il rafforzamento dell’assistenza domiciliare, lo sviluppo della telemedicina e una più efficace integrazione con tutti i servizi socio-sanitari.

A queste misure si affiancano progetti per il rinnovamento e l’ammodernamento delle strutture tecnologiche e digitali esistenti; per il completamento e la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico; per una migliore capacità di erogazione e monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza.

Rilevanti risorse sono destinate inoltre alla ricerca scientifica e a favorire il trasferimento tecnologico, a rafforzare le competenze e il capitale umano del Servizio Sanitario Nazionale. Nel più generale ambito sociosanitario, si introduce l’importante riforma per la non autosufficienza, con l’obiettivo primario di offrire risposte ai problemi degli anziani. Questa misura affronta in maniera coordinata i diversi bisogni che scaturiscono dalle conseguenze dell’invecchiamento. Vogliamo che i nostri anziani possano essere messi in condizione di mantenere o riguadagnare la massima autonomia possibile, in un contesto il più possibile de-istituzionalizzato. Dopo le sofferenze e le paure di questi mesi di pandemia, credo sia il minimo che possiamo fare.

Impatto su donne, giovani e Sud

Vediamo ora l’impatto del Piano su donne, giovani e sud. Eliminare gli ostacoli che limitano la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è fondamentale per la ripresa dell’Italia. Il Piano interviene sulle molteplici dimensioni del divario di genere e si inserisce nel percorso di riforma avviato con il Family Act. Il Governo intende lanciare entro il primo semestre 2021 la Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026. Il Pnrr sviluppa le priorità di questa Strategia nazionale e le articola in un ampio programma. 4,6 miliardi sono dedicati a costruire nuovi asili nido, scuole materne e servizi di educazione e cura per la prima infanzia.

Quasi un miliardo va a finanziare l’estensione del tempo pieno nelle scuole primarie per permettere alle famiglie – e alle madri in particolare – di conciliare meglio la loro vita professionale e lavorativa. Il Piano prevede 400 milioni per favorire l’imprenditorialità femminile, e stanzia oltre 1 miliardo per la promozione delle competenze in ambito tecnico-scientifico, soprattutto per le studentesse. Infine, grazie all’azione di questo Parlamento, l’assegno unico diventerà lo strumento centrale e onnicomprensivo per il sostegno alle famiglie con figli, in sostituzione delle misure frammentarie fino ad oggi vigenti. È una riforma che rappresenta un cambio di paradigma nelle politiche per la famiglia e a sostegno della natalità.

Misure per i giovani

Un Piano che guarda alle prossime generazioni deve infatti riconoscere la nostra realtà demografica. Siamo uno dei paesi con la più bassa fecondità in Europa: meno di 1,3 figli per ciascuna donna contro quasi 1,6 della media Ue. Per mettere i nostri giovani nella condizione di formare una famiglia, dobbiamo rispondere a tre loro richieste: un welfare adeguato, una casa e un lavoro sicuro. Oltre al piano agli asili nido, di cui ho già parlato, i giovani beneficiano dalle misure per le infrastrutture sociali e le case popolari. E in un prossimo decreto sono previste altre risorse per aiutare i giovani a contrarre un mutuo per acquistare una casa. E in particolare, oltre ad agevolazioni fiscali, sarà possibile ridurre l’anticipo, grazie all’introduzione di una garanzia statale.

1,8 miliardi vanno ad accrescere la competitività delle imprese turistiche, di cui una parte importante è destinata a incentivare la creazione di nuove imprese da parte di chi ha meno di 35 anni. Potenziamo il “Servizio Civile Universale” per i giovani tra i 18 e i 28 anni, al quale destiniamo 650 milioni per il periodo 2021-2023. Si tratta di una forma di cittadinanza attiva che è, allo stesso tempo, uno strumento di formazione e un motore di inclusione e coesione sociale.

I giovani possono orientarsi rispetto allo sviluppo della propria vita professionale e, allo stesso tempo, rendere un servizio nobile alla propria comunità e all’Italia. Sempre per i giovani, investiamo 600 milioni di euro per rafforzare il sistema duale e rendere i sistemi di istruzione e formazione più in linea con il mercato del lavoro. Questo intervento agevola l’occupazione giovanile e allo stesso tempo viene incontro alle esigenze delle imprese in termini di competenze.

Tra le altre misure legate all’istruzione, ribadiamo la centralità dello sport nel percorso formativo dei ragazzi e delle ragazze. Il Piano dedica un miliardo alle strutture sportive per i giovani, in parte dedicato a nuove palestre e attrezzature sportive nelle scuole, in parte a rafforzare il ruolo dello sport come strumento di inclusione sociale e di contrasto alla marginalizzazione.

Più in generale, i giovani saranno tra i principali beneficiari di tutto il Piano. Gli investimenti e le riforme sulla transizione ecologica creeranno principalmente occupazione giovanile. La creazione di opportunità per i giovani nel mondo del lavoro sarà anche l’effetto naturale degli interventi sulla digitalizzazione che, tra l’altro, consentiranno di completare la connettività delle scuole.

Persone con disabilità

Il Piano prevede una specifica attenzione per le persone con disabilità, nell’ambito degli interventi per ridurre i divari territoriali nella scuola secondaria di secondo grado. Gli interventi per la mobilità, il trasporto pubblico locale e le linee ferroviarie favoriscono il miglioramento e l’accessibilità di infrastrutture e servizi per tutti i cittadini. È previsto un investimento straordinario sulle infrastrutture sociali, nonché sui servizi sociali e sanitari di comunità e domiciliari, per migliorare l’autonomia delle persone con disabilità.

Il miglioramento di servizi sanitari sul territorio favorisce un accesso realmente universale alla sanità pubblica. Si prevede, infine, di introdurre la Legge Quadro sulle disabilità per semplificare l’accesso ai servizi e i meccanismi di accertamento della disabilità. Nel corso dell’attuazione del Piano, l’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità monitorerà che le riforme proposte siano adeguatamente inclusive.

Mezzogiorno

La crescita del Mezzogiorno rappresenta l’altro aspetto prioritario trasversale al Piano. Il potenziale del sud in termini di sviluppo, competitività e occupazione è tanto ampio quanto è grande il suo divario dal resto del Paese. Non è una questione di campanili: se cresce il sud, cresce anche l’Italia. Più del 50 per cento del totale degli investimenti in infrastrutture – soprattutto l’alta velocità ferroviaria e il sistema portuale – è diretto al sud. Gli interventi su economia circolare, transizione ecologica, mobilità sostenibile e tutela del territorio e della risorsa idrica destinano al Mezzogiorno 23 miliardi.

A questi investimenti si accompagnano la riforma delle Zone economiche speciali e un robusto finanziamento della loro dotazione infrastrutturale, pari a oltre 600 milioni. Stimiamo che l’incremento complessivo del PIL del Mezzogiorno negli anni 2021-2026 sarà pari a quasi 1,5 volte l’aumento del PIL nazionale. L’obiettivo è rendere il Mezzogiorno un luogo di attrazione di capitali privati e di imprese innovative.

Riforma della Giustizia

Come dicevo, il Pnrr non è soltanto un piano di investimenti, ma anche e soprattutto di riforme. La riforma della giustizia affronta i nodi strutturali del processo civile e penale. Nonostante i progressi degli ultimi anni, permangono ritardi eccessivi. In media sono necessari oltre 500 giorni per concludere un procedimento civile in primo grado, a fronte dei circa 200 in Germania. Il Piano rivede l’organizzazione degli uffici giudiziari e crea l’Ufficio del processo, una struttura a supporto del magistrato nella fase “conoscitiva” della causa.

Nel campo della giustizia civile si semplifica il rito processuale in primo grado e in appello, e si dà definitivamente attuazione al processo telematico, come richiesto nei mesi scorsi dal Senato. Il Governo intende ridurre l’inaccettabile arretrato presente nelle aule dei tribunali, e creare i presupposti per evitare che se ne formi di nuovo.

Questo è uno degli impegni più importanti ed espliciti che abbiamo preso verso l’Unione europea. L’obiettivo finale che ci proponiamo è ambizioso, ridurre i tempi dei processi del 40 per cento per il settore civile e almeno del 25 per cento per il penale. Vogliamo un sistema giudiziario strutturalmente più efficiente ed elevare la qualità della risposta del sistema.

Riforma della PA

La seconda riforma di sistema riguarda la Pubblica amministrazione, sulla cui capacità di rispondere in modo efficiente ed efficace incidono diversi fattori. Tra questi: la stratificazione normativa, la limitata e diseguale digitalizzazione, lo scarso investimento nel capitale umano dei dipendenti, l’assenza di ricambio generazionale e di aggiornamento delle competenze.

La riforma interviene su quattro ambiti principali. Assunzioni e concorsi, mediante una razionalizzazione delle procedure di assunzione e una programmazione degli organici mirata a fornire servizi efficienti a imprese e cittadini. Buona amministrazione, grazie a una semplificazione del quadro normativo e procedurale. Rafforzamento delle Competenze, tramite una revisione dei percorsi di carriera, la formazione continua del personale e lo sviluppo professionale. La Digitalizzazione, con investimenti in tecnologia, la creazione di unità dedicate alle semplificazione dei processi e la riorganizzazione degli uffici.

Inoltre, entro maggio presentiamo un decreto che interviene con misure di carattere prevalentemente strutturale volte a favorire l’attuazione del Pnrr e del Piano complementare. Oltre a importanti semplificazioni negli iter di attuazione e di valutazione degli investimenti in infrastrutture, si procede a una semplificazione delle norme in materia di appalti pubblici e concessioni.

Concorrenza

Il Piano vuole anche impegnare Governo e Parlamento a una continuativa e sistematica opera di abrogazione e modifica delle norme che frenano la concorrenza, creano rendite di posizione e incidono negativamente sul benessere dei cittadini. Questi principi sono essenziali per la buona riuscita del Piano: dobbiamo impedire che i fondi che ci accingiamo a investire finiscano soltanto ai monopolisti. A questo fine assume un ruolo cruciale la Legge annuale sulla concorrenza – prevista nell’ordinamento nazionale dal 2009, ma realizzata solo una volta nel 2017.

Intendiamo varare norme volte ad agevolare l’attività d’impresa in settori strategici come le reti digitali e l’energia. Alcune di queste norme sono già individuate nel Piano, ad esempio il completamento degli obblighi di gara per i regimi concessori oppure la semplificazione delle autorizzazioni per la realizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti. Il Governo si impegna a mitigare gli effetti negativi che alcune di queste misure potrebbero produrre, rafforzando i meccanismi di regolamentazione e la protezione sociale.

Conclusioni

Siamo arrivati alle conclusioni. Devo ringraziare questo Parlamento per l’impulso politico che anima tutto il Piano: l’attenzione a ambiente, giovani, donne, mezzogiorno che informa ogni intervento è prima di tutto frutto della vostra azione. Sono certo che riusciremo ad attuare questo Piano. Sono certo che l’onestà, l’intelligenza, il gusto del futuro prevarranno sulla corruzione, la stupidità, gli interessi costituiti. Questa certezza non è sconsiderato ottimismo, ma fiducia negli Italiani, nel mio popolo, nella nostra capacità di lavorare insieme quando l’emergenza ci chiama alla solidarietà, alla responsabilità. È con la fiducia che questo appello allo spirito repubblicano verrà ascoltato, e che si tradurrà nella costruzione del nostro futuro, che presento oggi questo Piano al Parlamento.

Pnrr: cosa succede adesso

Dopo l’approvazione alla Camera e quella al Senato, il testo del Recovery Plan sarà inviato a Bruxelles entro il 30 aprile, per ricevere l’ok della Commissione europea. Successivamente, il governo varerà tre decreti e leggi delega. Un decreto servirà a snellire le norme per rendere più rapide le autorizzazioni del Pnrr, con la nascita di un apposito ufficio a Palazzo Chigi. Un altro servirà per le assunzioni nella P.a. che rafforzeranno l’attuazione del Recovery. Il terzo per definire la governance del piano: una cabina di regia a Palazzo Chigi che dovrebbe coinvolgere le amministrazioni coinvolte, gli enti locali, le parti sociali.

Leggi anche: 1.  Draghi presenta il Recovery Plan: “Avremo 248 miliardi. In gioco il nostro destino, ho fiducia negli italiani”/2. Fratoianni a TPI: “Conte caduto per il Pnrr, ma Draghi lo ha gestito anche peggio” /3. Recovery plan, salta il salario minimo nell’ultima versione inviata al Parlamento /4. “Pensavamo che con Draghi ci sarebbe stata una svolta, ma nel Pnrr le donne sono ancora invisibili”: parla l’economista Azzurra Rinaldi

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