De Petris a TPI: “Il Pd non può più essere il primo partito del centrosinistra”

(Sospirone). Ehhhh… La vedo male. 

La situazione nel Lazio è ormai su di un binario morto. Siamo giunti ad un paesaggio molto complicato. 

Mi pare molto difficile. 

La responsabilità non è mai da una sola parte. Però avevamo avuto un segnale di apertura, da parte del M5S, e invece…

Dopo il nostro incontro di coalizione il Pd ha convocato un attivo con quello che tutt’ora dichiara essere il suo candidato, l’assessore D’Amato. 

Questa candidatura è stata proposta da Calenda, fatta propria dal Pd in modo unilaterale, ma non condivisa da nessun altro. 

Ma scusatemi! Se tu ricevi una sola richiesta, che fra l’altro viene da tutti i tuoi possibili alleati, ed è quella di non procedere in maniera solitaria, ma poi invece vai dritto per la tua strada con un tuo candidato… 

Tutti capiamo che tu, Pd, in realtà abbia già deciso. Io sono convinta che sia così e ho una mia ipotesi su perché arriviamo così a questo passaggio così delicato. 

È un errore fatto oggi, ma questa storia parte da molto più lontano. Dalla caduta del governo Draghi. E forse c’è un retroscena che spiega tutto, collegato al famoso inceneritore del Lazio.

Loredana De Petris, ex capogruppo di Liberi Uguali. Dopo la fine di quella coalizione si è unita a Stefano Fassina e agli altri dirigenti – tutti alla sinistra del Pd – che hanno costruito il “Coordinamento 2050” con l’obiettivo di favorire l’alleanza di tutte le forze di opposizione. Alle politiche il coordinamento ha dato indicazione di voto per il movimento di Conte, e nel Lazio pensa che sia vitale mantenere unite tutte le forze della giunta Zingaretti, quello che un tempo era “il campo largo”. 

È un paradosso. Abbiamo discusso per giorni di temi e di programmi, trovato molte convergenze tra le diverse componenti coinvolte: la Sinistra, i Verdi, Demos… 

La Taverna, che guida la delegazione del Movimento, lunedì ci ha detto: stiamo chiedendo un incontro per chiarirci, ma il Pd non ci risponde più. 

Non credo. il Pd non ha convocato quell’attivo con D’Amato, la mobilitazione degli iscritti attorno ad un nome è di fatto l’apertura della campagna elettorale. 

Perché voi chiedete “l’azzeramento” del candidato? 

Per almeno due motivi. Il primo è di metodo: non ci si può sedere intorno ad un tavolo comune con altri se si è già deciso. È intuitivo. 

Ho un buon giudizio su Alessio. È serio, ha lavorato bene nella pandemia. 

A parte alcuni dubbi che ho sulle gestione complessiva della Sanità nel Lazio, mi chiedo: capisco l’ambizione personale, ma come pensa di vincere se si rompe? Dovrebbe capirlo lui stesso che viene usato solo per rompe“Abbiamo chiesto l’azzeramento della candidatura di D’Amato: non ci si può sedere intorno ad un tavolo se si è già deciso”re. 

La legge elettorale è spietata: turno unico, come alle politiche. Anche per le politiche si agitava il voto utile. Ma se ci dividiamo non c’è spazio per i miracoli. Infine un ultimo tema. 

Non comprendo neanche come D’Amato possa pensare di correre da governatore con una condanna della Corte dei conti per la sua esperienza in giunta. 

La ritiene pregiudiziale? 

Lasciamo perdere per ora la sentenza: conosco la vita dell’amministratore e so che è dura. Ma D’Amato deve pagare 270mila euro di risarcimento alla regione! 

Sarebbe necessario che iniziasse la campagna elettorale pagando questi soldi. Oppure si troverebbe in un conflitto di interessi, dovrebbe  astenersi da qualsiasi decisione un pasticcio. 

Conosce il vero motivo per cui una coalizione che era unita con Zingaretti è arrivata a questo? 

Ho una mia idea. 

Sono convita che sia stato lo stesso Letta a non volere un accordo.

È stato sconfitto alle politiche, è dimissionario, ma si trova a gestire un possibile accordo politico con un alleato che aveva espulso e sottovalutato. E che ora lo sopravanza. 

Mi ha colpito quello de La7 che dà il M5S due punti sopra il Pd. Ma sono un dirigente politica, lo avverto nell’aria. 

Perché si ruppe l’accordo delle politiche? 

Io di quella querelle sono testimone diretta. Se ricordate, fu dovuta sempre allo stesso inceneritore di cui si parla oggi. 

No. Infatti mi astenni anche io. Letta ruppe l’alleanza e così abbiamo la destra destra al governo una legge di bilancio assurda. 

Quanti ne vuole: piccoli e grandi condoni, e poi i poveri, se sono poveri, è colpa loro. Scelte reazionarie. 

Il costume secondo cui il Pd era abituato ad essere il partito cardine di tutto, con intorno dei cespuglietti. Il sole e suoi satelliti…

E ora?  

Se il M5s arriva al 17,4% e il Pd resta intorno al 15, perdi lo status, ma non la tua abitudine a decidere da solo. 

Di questo cambio di paradigma Letta non riesce a capacitarsene. Anche sulle elezioni regionali conserva l’impostazione di prima. Ma oggi siamo in una situazione molto diversa. 

Un dialogo alla pari. E invece si fanno ingabbiare da Calenda e Renzi. Solo in Lombardia resistono al terzo polo perché la candidatura Moratti è indigeribile  per chiunque. 

Inevitabile. I numeri sono chiari sia alle politiche che alle regionali del Lazio. 

Dimettersi e andarsene, prima del congresso. Io non ho mai visto uno che dice: ho perso ma resto a gestire.

Cosa dovrebbe fare il M5S? 

Conte ha sempre detto che con chi non lo ha voluto è difficile accordarsi. E qui si torna al termovalorizzatore. 

Era una trappola al momento della crisi, lo è anche oggi. 

Il Pd allora ha perseguito la rottura sul termovalorizzatore sapendo che era un pretesto. 

Era evidente che non si facesse. Non lo hanno voluto mettere in un decreto ad hoc lo hanno infilato nel decreto Aiuti, scelta assolutamente sbagliata dal punto di vista tecnico e politico. 

Perché dal punto di vista tecnico? 

Io ho fatto l’assessore a Roma. Hai di fronte due scelte: o l’innovazione o l’inceneritore. Ma anche Zingaretti dice di volere la prima.

Si stanno smantellando le linee di Colleferro. Si potenzia l’inceneritore di San Vittore e il sindaco di Roma fa un impianto da 600 mila tonnellate? 

Troppe? 

È come dire: non vogliamo più la differenziata a Roma. È come rinunciare a qualsiasi progetto green, con un costo di gestione altissimo, insostenibile. 

Per l’Europa quello è il passato. Non solo non avranno contributi, ma saranno anche tassati. Quindi l’inceneritore nel decreto era già per rompere. Anche la scissione di Di Maio è stata coltivata per rompere. È chiaro che si è fatta una scelta disastrosa.  

E oggi le regionali? 

Possono avere effetti deleteri per tutti. Una seconda sconfitta sarebbe un colpo carico di ripercussioni.

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