Ddl Zan, Arcilesbica: “Cattiva legge, ha ragione Renzi. Cambiamola e troviamo accordo con tutti”
Ddl Zan, Arcilesbica: “Cattiva legge, ha ragione Renzi. Cambiamola e troviamo accordo con tutti”
Nel controverso dibattito politico sul ddl Zan interviene anche Arcilesbica, per cui quella approvata alla Camera a novembre 2020, che il 13 luglio approderà in Senato, è una “cattiva legge”. “Minaccia i diritti delle donne e ingenera solo confusione e problemi, aprendo a contenziosi legali a pioggia che pagheremo tutti”, dichiara a Repubblica la presidente nazionale Cristina Gramolini.
“Da quando il testo era in discussione alla Camera abbiamo scritto, fatto delle riunioni con Alessandro Zan per spiegargli che in quegli articoli ci sono grossi rischi di interpretazione che spalancano le porte a scenari aberranti“, spiega Gramolini. Tra questi, quello in cui “chi critica le persone che vanno all’estero a fare la Gpa (affittare un utero per avere un figlio, ndr) potrebbe essere denunciato per omofobia”.
Un tema che per la associazioni come Arcilesbica è sempre stato delicato, in quanto la maternità non è considerata un diritto da tutelare, ma una possibilità, e la Gpa viene vista come un tentativo di mercificare il corpo della donna, sfruttando la sua capacità riproduttiva per soddisfare i desideri altrui. Per lo stesso motivo Arcilesbica auspica una misura simile a quella introdotta dal presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini nella legge regionale contro l’omotransfobia approvata nel 2019, che vieta il finanziamento di associazioni che promuovono la surrogazione di maternità.
Sul rischio che ulteriori modifiche rallentino fin troppo l’iter parlamentare, l’Associazione appoggia la soluzione proposta da Matteo Renzi. “Non posso certo essere considerata renziana – afferma Gramolini – però Renzi ha detto una cosa di buon senso: rivediamo i punti più controversi e poi stringiamo un patto solenne fra tutte le forze politiche per approvarla subito alla Camera”. Altro punto caldo, su cui per Arcilesbica è necessario cambiare la legge, è quello relativo all’identità di genere.
“Specificare che l’identità di genere è “l’identificazione percepita di sé” anche se “non corrispondente al sesso” significa aprire un varco all’autodefinizione legale di genere. Basta dichiararsi donna all’anagrafe per diventarlo. Ed è sbagliato”, assicura, paventando il rischio che questo possa essere di ostacolo alla promozione della parità di genere.
“Fra poco ci sono le olimpiadi. Se un maschio dice che si sente donna e vuole partecipare ai tornei, con la Zan lo può fare. Pensiamo a Valentina Petrillo, una trans italiana che intende concorrere alle competizioni femminili. L’espressione “identità di genere” è troppo ampia. Basterebbe estendere la definizione di transessuale, già prevista da una legge dello Stato, anche a quelli che sono nel percorso della transizione, non solo a chi lo ha completato”, conclude Gramolini.