Il governo ha desecretato solo metà dei documenti del Cts. Ora tiri fuori anche quelli sulla mancata zona rossa
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Cts, ora il governo renda accessibili anche i verbali sulla mancata zona rossa in Val Seriana
N.12 del 28 febbraio, n.14 del primo marzo, n.21 del 7 marzo, n.39 del 30 marzo e n.49 del 9 aprile: sono i cinque atti del Comitato Tecnico Scientifico (Cts) che la fondazione Luigi Einaudi ha reso pubblici oggi dopo che il governo ha accettato di desecretarli in seguito a mesi di richieste, appelli e ricorsi giudiziari. Una battaglia condotta anche da noi di TPI, che a partire da aprile abbiamo inviato al governo pec e avanzato richieste scritte e verbali – durante ogni conferenza stampa della Protezione Civile – per conoscere le evidenze in base a cui il governo ha preso le decisioni cruciali per il Paese tra febbraio e marzo: non solo le chiusure stabilite, prima tra tutte quella dell’Italia con il lockdown previsto dal Dpcm del 9 marzo, ma anche quelle mancate, come avvenuto per i comuni bergamaschi di Alzano Lombardo e Nembro, in Val Seriana. Eppure sono proprio questi i documenti che mancano ancora all’appello: tra i verbali del Cts pubblicati dalla Fondazione, infatti, non compaiono gli atti relativi alle riunioni del 2 e del 5 marzo, in cui si decise di non istituire la zona rossa in Val Seriana e in cui è inserita anche la nota del 2 marzo con cui l’Istituto Superiore di Sanità raccomandava invece di istituirla sulla base di considerazioni mediche e scientifiche.
Il motivo per cui non sono stati resi accessibili anche quei due verbali lo spiega a TPI uno dei tre avvocati che ha condotto la battaglia per la Fondazione Luigi Einaudi, Rocco Todero. “All’epoca conoscevamo solo l’esistenza dei verbali citati via via dal governo nei vari Dpcm emanati. La numerazione partiva dal n.12, questo lasciava presupporre che ce ne fossero di precedenti, che però non conoscevo, e che verosimilmente sono stati adottati nei periodi subito dopo la dichiarazione dello stato d’emergenza il 30 gennaio, fino a inizio marzo: in questo mese si sono riuniti e hanno fatto delle valutazioni, ma queste non sono state citate nei Dpcm. Quando leggevo gli atti non le vedevo, e quindi ho chiesto solo quelle contenute nei decreti”, spiega il legale.
Nel contenzioso avviato a fine aprile, dunque, la Fondazione Einaudi si è limitata a chiedere i verbali citati dal governo nei decreti emanati a partire dal 28 febbraio. “Noi abbiamo presentato la richiesta a fine aprile, questo vuol dire che mancano non solo quelli precedenti al n.12, ma anche quelli successivi”, continua Todero. “A maggio sono state fatte altre valutazioni per gli altri Dpcm. Ora la questione è: dobbiamo avviare un altro contenzioso giudiziario o il governo affermando questo principio deciderà di pubblicarli spontaneamente?”, si chiede il legale, sottolineando come la pubblicazione dei primi atti del Cts – anche se incompleta – sia una vittoria simbolica, che afferma un principio di trasparenza in virtù del quale ora il governo dovrebbe desecretare spontaneamente anche tutti gli altri documenti del Comitato.
“Abbiamo avuto contezza per via non ufficiale del fatto che il Cts aveva redatto anche altri verbali quando già avevamo fatto la richiesta. Ma abbiamo aspettato per condurre una nuova battaglia perché per noi era sufficiente la pubblicazione di un solo atto per affermare il principio della trasparenza. L’affermazione di questo principio, adesso, dovrebbe portare il governo a pubblicarli tutti. Che senso ha dopo questo primo contenzioso avviarne un secondo? Speriamo che l’esecutivo si convinca a renderli tutti accessibili”, si augura Todero.
Ce lo auguriamo anche noi di TPI: l’interesse pubblico al fine di comprendere la più grave pandemia dell’ultimo secolo riguarda anche le decisioni relative alla settimana che va dal 1 marzo all’8 marzo, periodo cruciale per la mancata chiusura dei due comuni della Bergamasca di Alzano Lombardo e Nembro, diventati poi il peggiore focolaio d’Europa, dove nei primi 21 giorni di marzo si è registrato oltre il 1000 per cento di morti in più rispetto al 2019 e su cui noi di TPI abbiamo pubblicato un’inchiesta in più parti. Tra quelle pagine c’è la nota dell’Istituto Superiore di Sanità in cui si chiedeva l’isolamento della Val Seriana già il 2 marzo e anche le ragioni del CTS per cui quest’ultima è stata ignorata. Prima che il governo Conte desse il via libera alla pubblicazione dei primi verbali, l’Avvocatura dello Stato aveva respinto il ricorso del Tar che ne chiedeva la pubblicazione parlando di “danno concreto all’ordine pubblico e la sicurezza che la conoscenza dei verbali del Cts comporterebbe sia in relazione alle valutazioni tecniche che agli indirizzi generali dell’organo tecnico”.
Se la pubblicazione del resto dei verbali non dovesse avvenire “spontaneamente”, come si augurano adesso gli avvocati della Fondazione, sarà naturale pensare che esista ancora la volontà di non far conoscere le reali ragioni alla base della mancata istituzione della zona rossa nella Val Seriana, e che queste siano tali da poter generare un’ondata di forte scontento. Eppure, fino a quando non conosceremo la posta in gioco, gli interessi, le considerazioni e il processo che hanno portato a quella decisione cruciale, non si potrà cantare vittoria né dire che il principio di trasparenza abbia trionfato: senza la pubblicazione dei verbali del 2 e 5 marzo questo avrà prevalso solo a metà.
Zona rossa, documenti Cts desecretati: come siamo arrivati qui
Lo scorso aprile la Fondazione Luigi Einaudi aveva chiesto l’accesso agli atti sui documenti che sono richiamati in tutti i Dpcm emanati per la gestione dell’emergenza sanitaria. Di fronte al no del governo, la fondazione aveva presentato un ricorso al Tar, poi accolto. L’esecutivo a quel punto aveva fatto ricorso contro la sentenza dinanzi al Consiglio di Stato, che il 31 luglio aveva stabilito di sospendere in via cautelativa la decisione del Tar che dava il via libera all’accesso agli atti e quindi di mantenere la segretezza sui documenti in attesa del 10 settembre, data in cui era previsto il nuovo verdetto. La tesi del governo – almeno finora – era che i documenti dovessero essere mantenuti segreti in quanto atti amministrativi e allo scopo di tutelare “la sicurezza pubblica” e “l’ordine pubblico”. La notizia che i documenti sono stati desecretati è arrivata nella serata di ieri, giovedì 6 agosto, poche ore dopo che il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza) aveva chiesto al governo di poter visionare gli atti. La mossa dell’esecutivo ha fatto venir meno la necessità di ottenere un via libera da parte dei giudici per poter visionare gli atti.