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Home » Politica

“I sondaggi, le tv, l’incontro con Berlusconi”: colloquio con Luigi Crespi

Immagine di copertina
Chi è davvero uno spin doctor?

“È un signore che ha una sensibilità particolare. Alla quale unisce una particolare competenza. Questa due particolarità lo portano a saper rappresentare il generale, la realtà, nel migliore dei modi possibile”.

Come si fa?

“Comunicando, comunicando, comunicando. Ascoltando il battito del cuore di chi parla. Lo fa, come diceva Archiloco, “ascoltando il ritmo che governa gli uomini””.

Ma lei è uno spin doctor o fa lo spin doctor?

“Io faccio lo spin doctor, ma non lo sono. La cosa principale di uno spin doctor… Ma no, pensandoci bene, ha ragione lei: io sono quello che faccio. D’altronde, in tutta la mia vita non ho fatto altro che cercare di tirare fuori il meglio dalle persone che ho incontrato e dalle cose che ho fatto. Io sono uno spin doctor”.

Lei rivendica di essere un boomer?

“Certo. C’è una differenza abissale tra la mia generazione e quella di chi ha 20/30 anni adesso. Quelli che lei chiama sprezzantemente i boomer, sono donne e uomini di un “super-tipo”. Hanno dovuto superare l’idea che il mondo nel quale sono nati non esistesse più. Non esiste quasi più nulla del mondo in cui io sono nato. È cambiato il modo di intendere i rapporti interpersonali e il sesso, dopo la tragedia dell’AIDS. È cambiato il modo di fare l’amore. Noi da ragazzi vivevamo una libertà sessuale piena ed assoluta…”.

Per questo le suore, quando la ricoverarono, le somministrarono del bromuro!

“Già. Ma davvero ora è tutto diverso. Pensi alla comunicazione. Ora sembra lapalissiano poter raggiungere tutti, ovunque e sempre. Quando facevo il militare, circolavo con le tasche piene di gettoni. È cambiata la politica dopo la caduta del muro di Berlino. Nulla di quello che era, è”.

Il mondo si evolve…

“Si, ma non tutti sanno adattarsi al cambiamento. Ecco, noi, noi della mia generazione, siamo persone adatte alle mutazioni. Anche se ci mancano gli ancoraggi”.

Perché ha scelto di scrivere una storia della sua vita? Anzi, delle sue sette vite, più una.

“Intanto questa non è la storia della mia vita, sono episodi messi in ordine cronologico che danno il senso della mia presenza in questo mondo. Quando mi trovavo a raccontarmi alla mia compagna, che ha 20 anni meno di me, capivo di non essere compreso. Allora ho cominciato a scrivere per lei, ma la mia storia personale è indissolubilmente legata a quella di questo Paese. Ecco, “Spin doctor” è un atto di amore e di conoscenza”.

Chi è questa donna?

“Lucia, la donna per cui del doman non v’è certezza. Però è la persona che più di tutti è stata silenziosamente al mio fianco in anni difficili. A lei devo il cambio di paradigma e la rilettura – difficile – della mia storia. La gratitudine è un sentimento irrinunciabile”.

Il suo istinto di protezione è il suo modo di amare?

“È il mio modo di esistere. Io proteggo le persone che amo e le persone che amo proteggono me. Io sono un capobranco e amo il mio branco. Sono un vecchio leone”.

Quanto è stato segnato il suo destino dal rapporto conflittuale con suo padre?

“Ho pensato a lungo, mentre scrivevo, se fosse opportuno parlare delle mie questioni più private e antiche. Non volevo farlo, perché questo è un libro politico, non personale. Ma sono arrivato alla determinazione che per comprendere quello che sono oggi, e quello che sono stato, era doveroso parlare sia del rapporto difficile e traumatico con mio padre, sia della figura straordinaria di mia madre. Lei ha salvato me e mio fratello Ambrogio. Ecco, in controluce in questo libro ci siamo noi: due fratelli che attraversano sempre insieme una vita intensa e generosa. Nonostante tutto. Senza dimenticare chi ha condiviso il nostro cammino. Penso alla mia ex moglie, Natascia, che resta un’amica e una collega fidata. O ad Helene, l’eroica moglie di Ambrogio, raccontata straordinariamente nel film “Stato di Grazia” … Era doveroso dichiarare al lettore quale è stata la mia esperienza, perché potesse capire”.

Capire cosa?

“Il percorso che ha portato uno che credeva nella rivoluzione armata a passare dall’affiliazione ad Autonomia Operaia sino a diventare il consulente di Berlusconi, ha bisogno di una spiegazione psicanalitica. Occorre molto coraggio per esporsi, per mostrare le proprie fragilità. Ma era necessario”.

Tra le sue sette vite, ce n’è una in cui si occupava di casting in costume da bagno…

“Ero giovane e cercavo le modelle per un giornale il cui nome risulterà familiare a chi ha più di 40 anni: Vestro. Era un sistema di vendite concorrente di Postal Market. Un’altra delle cose che non esiste più. Io dovevo selezionare attraverso Assomoda le modelle che facevano gli shooting. Eravamo a Capriate. Un momento interessante”.

Immagino…

“No no, non si permetta questo tono malizioso ed allusivo. Sono sempre stato molto serio, non ho mai fatto lo stupidino con le persone con cui lavoravo”.

Controlla anche l’erotismo?

“Ma si immagini! Certo. Le modelle erano attraenti, ovviamente. Ma c’è qualcosa di molto più erotico”.

Cosa?

“La comunicazione. C’è un’eccitazione intellettuale irresistibile nel capire cosa pensano le persone. Cosa desiderano. Cosa dà senso alle loro giornate. Cosa cambia le sfumature del loro umore. Cosa li convince”.

Vero.

“Nel comunicare si trova la vera sensualità. Nulla vi è di più erotico. Li dentro c’è la tua anima, l’eros, il pathos. La comunicazione riesce a toccare l’anima delle persone, a migliorare la loro vita. Siamo dinanzi a Martin Luther King, a Nelson Mandela, a personaggi che attraverso la loro capacità di comunicare hanno cambiato il mondo”.

Lei è conosciuto come il re dei sondaggi. Un professore di statistica, parlando di bugie, diceva che esistono “le balle, le balle spaziali e le statistiche”.

“È molto più semplice: tutto ciò che non trova conferma nella realtà è falso. Tutto ciò che trova conferma, è vero”.

Discorso pericoloso…

“Ma perché mai? Un sondaggio può non piacere a chi lo legge. Può non essere convinto. Eppure, se questo sondaggio predice quello che succederà il giorno delle elezioni, allora è vero. Se non corrisponde, allora è malfatto, falso, inutile. La verità è quello che accade. Pochi giochi”.

La realtà? Non è solo interpretazione?

“No. I fatti sono fatti. Non si sfugge”.

Come ha iniziato coi sondaggi?

“Nel 1988 comprai Datamedia. Avevo 26 anni, ma avevo intuito il grande potenziale di quello strumento. Lavorai per un po’ con il mondo delle radio, delle tv locali, a cui diedi un grande contributo. Ma ancora non mi occupavo di politica”.

Perché?

“La politica di allora era una palude dove non succedeva mai nulla di vistoso. Il gran visir dei sondaggi era Renato Mannheimer. Io preferii occuparmi di Radio Deejay, Radio Montecarlo, Radio 105, Radio Italia solo musica italiana, insieme al grande Mario Volanti. E poi un grande posizionamento antisistema e anti auditel con le radio e le tv locali, da Videolina e TeleNorba. Ma quel mercato cominciava ad esaurirsi nel 1992. E proprio allora vi fu un grande cambiamento in politica”.

Quale?

“I collegi uninominali. Noi di Datamedia acquisimmo tre clienti. A loro seguivamo professionalmente la campagna elettorale. Uno della Lega Lombarda, Antonio Marano, che era direttore di Rete 55, a Varese. Uno del PD e uno di Forza Italia, che era stato Direttore di Tele Lombardia, Paolo Romani. Inventammo una tecnica innovativa di comunicazione nei collegi: furono eletti tutti e tre. Un successone”.

E poi…?

“Da allora ebbi un interlocutore intelligente e capace dentro il Parlamento, proprio quell’Antonio Marano che fu nominato come sottosegretario alle Poste e Telecomunicazioni. Fu lui a presentarmi una delle mie sliding door, Gianfranco Funari. Da li nacque la mia storia televisiva…”.

Fino alla telefonata del braccio destro del cavaliere, Niccolò Querci. Ma davvero l’ha mandato a quel paese?

“Sì sì! Ma sa perché?”.

Racconti.

“Un mio direttore di ricerca mi aveva fatto uno scherzo (stupido), solo sette giorni prima. Aveva organizzato una finta telefonata di Berlusconi che mi voleva incontrare…”.

E lei ci cadde?

“Certo, mi precipitai ad Arcore. Io avevo lo studio in via Plinio, era un bel viaggio. Presi un Taxi e andai a Villa San Martino. I miei amici mi avrebbero dovuto chiamare a metà strada e farmi tornare indietro. Ma io ero attaccato al telefono per prepararmi all’incontro del secolo…”.

E poi?

“Arrivai al cancello, suonai e feci la mia figuraccia. Ero incazzatissimo. Uno scherzo imbecille”.

Come si vendicò?

“Il mio carnefice di allora divenne vittima. Ha mangiato per mesi cioccolatini che io farcivo con Guttalax. Immagini le conseguenze. Non lo ha mai saputo, ma se legge questa intervista, lo saprà. Meglio tardi che mai”.

Arriviamo a Querci.

“Una settimana dopo arrivò la telefonata che mi cambiò la vita. Quella vera. Quando Niccolò Querci chiamò, io lo mandai a fare in culo. Richiamò e chiese alla mia segretaria di essere richiamato ad Arcore. Così verificammo che non si era trattato di un altro scherzo”.

Andò ad Arcore…

“Sì, con mio fratello. Sembravamo i fratelli Caponi di Totò, Peppino e la malafemmina…”.

Un’altra sliding door?

“Sì, sì. Non c’è dubbio”.

Berlusconi era come lo aveva immaginato lei?

“No. Io ne avevo un’idea mitologica. Un uomo alto due metri, che non aveva bisogno di parlare, ma che leggeva direttamente nel pensiero…”.

E invece?

“Incontrai un uomo bassotto, stempiato, rotondetto. Indossava una tuta e scarpe da tennis. Ma aveva un modo cordialissimo, un atteggiamento molto disponibile all’ascolto. Mi propose subito di lavorare con lui e io subito risposi di sì, a patto che questa cosa rimanesse riservata. Non volevo fare baccano. Lui aveva un altro sondaggista che si chiamava Gianni Pilo e che poi lavorò per me”.

Cosa è stata Forza Italia per questo Paese, 30 anni dopo la sua fondazione? Lei cosa hai cooperato a fare?

“Guardi, io ero considerato una specie di…”

Di guru?

“No, questo lo dice lei. No, la mia funzione era quella di motivante, di energizzante. Una specie di dima. Un integratore potenziante”.

Addirittura? Berlusconi ne aveva bisogno?

“Tutti ne abbiamo bisogno. Quando arrivavo da lui, io ero molto positivo, molto energico, portavo delle idee e delle strutture di pensiero che non erano abituali per i tanti yes man di cui lui amava circondarsi”.

Andavate d’accordo?

“Sì, ma con un rapporto molto dialettico. La mia prima previsione quotava incredibilmente Forza Italia al 24,2%. Alle elezioni FI si attestò al 25%. Quel punto scarso in meno mi è costato moltissimo”.

Cioè?

“Tra lui e me c’era una continua trattativa. Io arrivavo con un sondaggio e lui lo doveva ritoccare, arrotondare, esagerare, enfatizzare. Io ero – ovviamente – contrario. Mi rompeva le scatole in modo impressionante, trattava come in un suk arabo. Era sempre tutto così. Pensi che voleva che i sondaggi partissero dal 33% per motivare le persone. Gli dissi di chiamarsi un altro sondaggista”.

Ma tra voi c’era feeling?

“No. Aveva un’intesa molto forte con mio fratello Ambrogio. Con lui fu sempre affettuoso, sembravano due monelli. Con me aveva un rapporto non emotivo. Non vorrei essere presuntuoso, ma penso che lui tenesse molto a convincermi. Con me voleva un rapporto paritario. Sapeva che quando lo criticavo, lo facevo per fare grande lui e non me”.

Dopo?

“E poi ci sono le altre vite. Tutte appassionanti. Dolorose, belle, incredibili. Ma non le racconto tutto, altrimenti mica se lo comprano il libro”.

E la vita in più? Non le bastano sette?

“Quella è la vita di e con quella donna che mi ha ispirato, cambiato, fatto adirare tanto e tanto gioire. Gliel’ho detto già: la comunicazione è amore, passione, senso. Vita.”

Insomma, parafrasando D’Alema: Crespi, è ancora in giro?

“Sì, sono ancora qui. Ci sono”.

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