De Magistris a TPI: “De Luca è un tiranno, mi ha escluso da tutto. Il Covid l’ha smascherato. Serve la verità e io ho il dovere di dirla”
"Il Covid sta mostrando le crepe di un sistema messo in ginocchio dai tagli. In questi mesi ho cercato un dialogo, ma De Luca si gira dall'altra parte. Serve verità, rigore, servizi a tutela della salute, non la politica muscolare della propaganda. Senza collaborazione i focolai sono diventati incendi": intervista al sindaco di Napoli all'indomani dell'impennata di casi in Campania
In Campania è record di contagi e il governatore Vincenzo De Luca minaccia il lockdown nel caso in cui questi dovessero superare quota 1.000. Intanto gli ospedali sono in affanno e le code per i tamponi aumentano. Secondo il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, in questi mesi gli interventi messi in campo per prepararsi a un’impennata sono stati insufficienti. “Servivano tamponi e presidi sanitari, non la politica muscolare della propaganda”, afferma a TPI. E ora i problemi endemici di un sistema messo in ginocchio dai tagli e dall’inefficienza di questi mesi hanno tolto la maschera al governatore rieletto alle Elezioni Regionali del 20 e 21 settembre con il 69 per cento dei voti. Ma per arginare il contagio la narrazione del lanciafiamme non basta più.
Sindaco De Magistris, sembra che si stia avverando una profezia: nei mesi di piena emergenza si diceva che se il virus avesse colpito il sud come avvenuto in Lombardia, il sistema sanitario non avrebbe mai retto.
Io le mie battaglie contro lo smantellamento della sanità pubblica in Campania, non solo da parte del governatore Vincenzo De Luca, non le ho iniziate adesso. Quello che però indigna e preoccupa è che il Paese a febbraio dal punto di vista sanitario ha mostrato tutte le sue crepe, e da allora mi sarei aspettato, considerando i poteri commissariali e la concentrazione di denaro pubblico solo su questo, una messa in campo di una rete di protezione diversa. Vedo pochi passi in avanti, e anche spesso non particolarmente efficaci. Questo chiama la politica alle sue responsabilità, soprattutto quelle regionali, visto che la sanità è regionalizzata da tempo.
Cosa poteva essere realizzato e invece non è stato fatto nel territorio di Napoli, oltre i Covid center..
Mi sarei aspettato una rete più efficace di tamponi, di medici in prima linea sul territorio, più presidi sanitari, posti letto di terapie intensive e sub-intensive, risorse umane. Invece c’è stata la politica muscolare della propaganda: le immagini dei tir che arrivavano per montare il Covid center a Ponticelli sembravano la raffigurazione dell’onnipotenza. E invece quel reparto funziona male, a singhiozzo, e non com’era stato detto. Da questo punto di vista sta venendo fuori non solo quello che non si era fatto, ma anche quello che non si è riuscito a costruire in questi pochi mesi.
Ora i contagi sono in aumento e i nodi stanno venendo al pettine. Ma perché nessuno ha parlato e denunciato prima?
Io personalmente l’ho sempre detto, dal secondo giorno, sono un uomo delle istituzioni e dico sempre quello che penso. C’è chi si è fatto delle fortune sul consenso fondato sulla paura, sui poteri assolutistici diventati tirannici, sulla mistificazioni. La gente si è affidata alla narrazione di ansia e di paura: è stata raccontata una storia che non esiste. Adesso ci si sta rendendo conto che c’è stato il merito civico dei napoletani e campani che hanno attuato in maniera responsabile il lockdown, non c’è stato il merito politico di chi ha gestito la sanità pubblica. Noi ce l’abbiamo fatta non per le politiche pubbliche ma nonostante quelle. Ma credo di essere tra i pochi dal punto di vista istituzionale ad avere la coscienza pulita.
Adesso non basta più chiamare alla responsabilità minacciando con il lanciafiamme. Di cosa hanno bisogno allora i cittadini?
Di servizi a tutela della salute e di verità, non di allarmarsi di terrorismo e operazioni ansiogene. Verità, responsabilità, rigore, chiarezza e fatti concreti a tutela della salute.
È necessaria una nuova narrazione. Lei potrebbe e vorrebbe favorire questo passaggio?
Sto provando a farlo, sento il dovere, non tanto il diritto, anche perché non stiamo in campagna elettorale e volutamente non mi sono candidato alle Elezioni Regionali per dedicarmi alla città. Non ho il diritto di esprimere le mie opinioni, quello me lo da già l’articolo 21 della nostra costituzione, ho il dovere di farlo, di dire la verità, essere trasparente, cooperare, non fare polemiche sterili. La verità bisogna dirla. Anche perché passiamo, e già siamo, in una fase di alterazione della democrazia. Siamo in una fase in cui si è costruito un consenso su paura e ansia, anche non fornendo i dati.
Ieri però De Luca nella sua diretta ha affermato che siamo di fronte a una mistificazione da parte della stampa e che alcuni servizi erano falsi, che quelle code davanti alle Asl si smaltivano in un’ora.
Abbiamo racconti e testimonianze di persone in fila per fare il tampone. Addirittura un mio amico ha detto io mi allontano perché se non ce l’ho me lo prendo.
Si candida a essere il nuovo De Luca, non in termini elettorali…
Io non mi candido a niente, io faccio il sindaco di Napoli. Siamo completamente diversi, c’è un distanziamento etico e politico, siamo diversi.
Le è mai venuto in mente di iniziare a usare anche lei lo strumento delle dirette Facebook?
No non ne trovo l’esigenza, mi piace il confronto con i cittadini più che il monologo, mi piace sottopormi alle domande a differenza di De Luca che racconta solo una storia, bisogna dire le cose ma anche esporsi alla critica. Le dirette non le amo molto. Non ho strateghi della comunicazione, ho il mio cervello. Comunichiamo in maniera adeguata ogni giorno.
Tornando ai numeri, i dati che lei lamenta di non ricevere non sono disponibili a monte, o non c’è la volontà di trasmetterli?
È gravissimo che il sindaco del capoluogo di Regione e sede della città metropolitana che rappresenta il 56 per cento della popolazione campana non partecipa per volontà del presidente all’unità di crisi: volutamente veniamo esclusi dalle decisioni più puntuali. Credo ci sia una volontà di non trasmettere i dati in maniera elaborata. Se fossimo nell’unità di crisi potremmo contribuire ancor meglio alla funzione di prevenzione e contrasto al virus. Abbiamo avuto testimonianze e casi dove non siamo riusciti ad avere la cooperazione dell’unità di crisi, ci sono stati rifiutati incontri da parte del presidente della Regione.
Qual è il danno che provoca tutto questo?
È un po’ come gli incendi: se tu individui il focolaio immediatamente, e per farlo ci vuole la cooperazione di tutti, eviti che diventi incendio boschivo, invece ora siamo in una situazione a cui non riescono più a stare dietro a positivi e contatti diretti dei positivi. E quindi il focolaio è diventato incendio. Sono state fatte una serie di cose dannose sul piano della salute, sociale ed economico che con la conoscenza che hanno i sindaci si sarebbero potute adattare ai territori e essere efficaci.
Per esempio?
L’ultima ordinanza che imponeva la chiusura dei locali alle 23 è stata dannosa. Se chiudi tutti i locali alle 23 stai dicendo alle persone di concentrarsi tra le 21 e le 23. E in quella fascia oraria si concentreranno gli assembramenti. Invece noi come città abbiamo favorito in questi mesi l’utilizzo di spazi all’aperto in tutti i quartieri: questo è stato utile perché la gente è stata all’aperto. Noi siamo disponibili a lavorare su ordinanze con misure più efficaci ma se il presidente della Regione sta i per fatti suoi e fa calare dall’alto provvedimenti per far vedere che con le maniere muscolari affronta il contagio, non risolviamo i problemi. Con la pandemia non serve lo sceriffo.
Ma sembra quasi incredibile che la volontà di apparire e accentrare possa essere così grande da non capire l’importanza del coordinamento.
Capisco la sua incredulità. Non si riesce neanche ad incontrarlo. De Luca decide e nasconde, decide e cela, decide e non informa, fa calare dall’alto. Operazioni che puntano al dito nascondendo la luna. Ora siamo di fronte a un’operazione pulcinella, che ha la capacità di togliere la maschera al potere. Ma di fronte a tutto questo lui continua a distrarre l’opinione pubblica e a prendersela con il ragazzino fuori della scuola con un video.
De Luca la teme?
Questa è una domanda che deve fare a lui. Ho cercato in tutti i modi di provare ad avere un dialogo. Dobbiamo riconoscere che ha gestito in modo astuto la pandemia perché abbiamo visto tutti il consenso che si è conquistato. Ma aldilà del consenso politico non si riesce nemmeno a salutarlo perché si gira dall’altra parte, intollerabile in tempi di pandemia, e il governo nazionale non può tollerarlo. Anche perché le conseguenza di come ha gestito la sanità regionale ricadono anche sul governo, c’è una responsabilità a livello di coordinamento nazionale.
Alcuni lo chiamano De Lukashenko, presidente del Campanistan: è corretto dunque definirlo un dittatore?
Io credo che lui ha avuto come tutti i presidenti di regione poteri assolutistici, che ha utilizzato in maniera tirannica, ha utilizzato strumenti emergenziali per diventare una sorta di tiranno. La formula che mi sembra più efficace è questa.
Cosa chiede a Conte?
Intervenire ed evitare che ci sia una esclusione della massima autorità nazionale del territorio, finora ha fatto finta di non vedere tutto questo perché c’erano le Elezioni regionali. La politica è prevalsa sulla salute, si sono fatti calcoli per non disturbare il manovratore, dare poteri assoluti, tenere fuori i sindaci, ma questo scherzetto ricade sulla salute e sulla pelle dei cittadini. Mi sembra evidente che il governo non ha fatto nulla per intervenire su questa grave violazione dei rapporti istituzionali.
Teme discriminazioni contro le Regioni del sud nel caso in cui il virus dovesse colpire la Campania in modo più feroce? A marzo è stato fatto un lockdown nazionale per non chiudere la sola Lombardia. Adesso potrebbe non essere lo stesso?
La Campania di oggi non è paragonabile alla Lombardia di sette mesi fa: era un altro scenario. In questo momento bisogna affrontare il virus coordinandosi di più a livello nazionale e locale, aggredire subito i focolai per evitare che divampino. Sono stati fatti errori nel passato: si doveva arginare la Lombardia quando aveva numeri altissimi e essere più attenti sul liberi tutti di quest’estate, ora è necessari forti interventi locali mirati. Ma non vedo condizioni per chiudere una regione piuttosto che un’altra.
Intanto però De Luca parla di lockdown: lo farà davvero se si raggiungono i 1.000 contagi o è solo una minaccia?
Sarà una certezza. Nel momento in cui ha smantellato la sanità pubblica e visto che in questi mesi non ha fatto nulla, l’unico argomento rimasto per salvare la pelle, innanzitutto politica, è cercare di evitare una catastrofe. Ma produrrà una catastrofe economica per via delle sue responsabilità politiche sulla sanità. Se l’ha detto arriverà quello però questa è la certificazione finale del suo fallimento.
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