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Coronavirus, Matteo Renzi a TPI: “Non mi rimangio nulla, la pandemia rischia di diventare carestia”

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Illustrazione di Emanuele Fucecchi per TPI.it

L’intervista rilasciata ieri dall'ex premier, che chiede di riaprire tutto, mentre il paese è ancora nel pieno dell’emergenza, ha irritato scienziati, politici e cittadini. Ma lui non ha intenzione di rimangiarsi nulla e rilancia: "Chi mi critica presto mi darà ragione"

Coronavirus, Renzi a TPI: “Non mi rimangio nulla, la pandemia rischia di diventare carestia”

“Riapriamo il prima possibile”. “Le fabbriche devono aprire prima di Pasqua, le scuole il 4 maggio”. “Dovremo imparare a convivere con il Coronavirus per molto tempo, non possiamo rimanere chiusi in casa”. L’intervista rilasciata ieri da Matteo Renzi ad Avvenire, mentre il paese conta 9mila morti ed è ancora nel pieno dell’emergenza, ha irritato scienziati, politici e cittadini.

Hai letto i giornali oggi?

Sì, non c’è un solo commento positivo.

A Sallusti che ha detto che fai il fenomeno coi polmoni altrui vuoi rispondere?

Quello di Sallusti è un populismo da quattro soldi anche un po’ volgare. Sarebbe facile andare a rinfacciargli gli articoli che ha scritto sull’emergenza sanitaria, ma preferisco aspettare i suoi prossimi editoriali sull’importanza di ripartire economicamente.

Scanzi ha detto che ti devi vergognare.

Dopo il famoso video che ha fatto lui, direi che c’è poco da replicare.

In molti hanno minimizzato, all’inizio.

Sono forse l’unico che non ha mai detto nulla nei giorni in cui tutti dicevano di riaprire. Se avessi organizzato io l’aperitivo a Milano o se avessi detto come Conte “È tutto sotto controllo!”, immaginati cosa sarebbe successo.

Quindi oggi diresti le stesse cose che hai detto ieri.

Certo. E ti faccio questa previsione: nelle prossime ore quello che sto dicendo io lo diranno tutti.

“Ore” forse no.

Ti farei vedere la differenza tra i messaggi privati che ho ricevuto e quelli pubblici. L’ipocrisia dei politici, delle associazioni di categoria che da un lato ti chiedono “dateci una mano che stiamo morendo” e dall’altra se prendi una posizione tacciono.

Dicono che hai detto “Riapriamo” per farti notare.

Io ho fatto il sindaco, il presidente del consiglio, ho avuto tutto. Perché dovrei farmi notare?

Perché è un momento irripetibile della storia in cui partecipare al dibattito vuol dire esistere.

Io posso piacere o non piacere – e di solito non piaccio – però ho esperienza e network internazionali, se dico una cosa, potrà esserci l’idea che io la pensi davvero? Ma come si fa a ritenere che lo faccia per farmi notare?

Si fa perché la sensazione è che tu sia voluto entrare nel dibattito con un po’ di sensazionalismo.

Ma io ci sono nel dibattito politico e pure troppo. Tutti i giorni mi parlano di Draghi, di Conte, faccio interventi in Parlamento. Non ne ho bisogno.

Si tratta di azzeccare i tempi, per dire certe cose. La gente sta morendo, gli ospedali sono pieni.

Non è che la dimensione umana mi sfugga, sia chiaro. Ieri a mezzogiorno è morta la Fiorella, la farmacista del paese. Era una delle donne a cui volevo più bene, mamma di un mio amico carissimo. Quando da premier sono tornato in paese a Rignano, un’unica volta, mi hanno fatto una foto mentre la abbraccio. Tutto questo è devastante sul piano emotivo, solo che chi fa politica deve riuscire a vedere oltre.

Adesso?

Proprio adesso. C’è un’emergenza imminente, dopo quella sanitaria.

Appunto, dopo. Il presente richiede attenzione, ascolto.

È una critica che accetto da un medico, da un giornalista, da un cittadino. Il politico ha un onere diverso però, deve avere anche quella distanza emotiva che permetta di vedere e di prevedere. Il papa ha scelto un’immagine evangelica molto bella, quella della “tempesta”, non della guerra. Ci deve essere qualcuno che guida la barca nella tempesta, e che sappia immaginare il dopo.

E le persone anziane? Le sacrifichiamo in nome della produttività?

No, ma non possiamo rimanere tutti chiusi in casa per due anni, non si possono raccontare balle alle persone dicendo che il virus sarà sconfitto nel breve termine.

Pensi allisolamento selettivo?

Dirò una cosa forte ma per me l’unica strada possibile è non dico quella israeliana, ma è la riapertura differenziata per età. So che è pesante, ma chi ha 70 anni, uscirà dopo chi ha 20 anni. Gestendola, non rincorrendola, dovremo trovare una nuova normalità.

Hai detto che vuoi riaprire le scuole a maggio. Ti pare il caso?

Ad aprile le fabbriche devono riaprire e a maggio o a settembre le scuole. Butto lì delle idee. Facciamo fare almeno ai ragazzi delle terze medie e ai maturandi gli screening di massa. Io ho un figlio che fa la maturità e uno che fa la terza media. Se il test sierologico è affidabile, si individua chi degli studenti ha già preso la malattia.

Ho capito, ma poi che si fa con quelli che non lhanno avuta? Listruzione selettiva?

No. Dai degli strumenti di protezione a quei ragazzi che non sono immuni.

Parliamo del presente, per un attimo. Che ne dici dei buoni spesa?

Vanno bene, è una soluzione che ha voluto la Bellanova non polemizzo. La gente ha delle priorità ed è giusto accontentarle. Ma non si può pensare di risolvere tutto con l’assistenzialismo, perché poi ti ritrovi tra sei mesi col debito al 150 per cento e i balconi diventano forconi. La pandemia diventa carestia.

Se riapri tutto e ti ritrovi un focolaio in una delle aziende con migliaia di operai tra tre mesi?

Come ho detto, si fa lo screening di massa alla popolazione tramite le analisi del sangue. Si pensa a una sorta di “pass covid”, Gli operai devono lavorare col social distancing, con le mascherine.

Non si può pensare che tutti gli operai manterranno le distanze di sicurezza. Penso al settore edilizio nel bergamasco, come fai a pensare che nei cantieri, per esempio, saranno tutti a un metro di distanza dallaltro?

D’accordo, infatti ne stiamo discutendo insieme, senza avere verità in tasca. Le aziende e chi deve prendere decisioni devono fare queste discussioni e trovare un modello. In alcuni comuni come Vo’ si è fatto uno screening di massa e si è stabilito quanta parte della popolazione avesse già avuto la malattia.

Quello che è stato fatto a Vo’ non è replicabile su scala nazionale. 

In Germania, in cui le fabbriche continuano a lavorare, lo stanno immaginando. Se – mettiamo- il 10 per cento di noi ha già contratto il virus, vuol dire che 6 milioni di italiani sono immuni.

Ma non sappiamo neppure ad oggi se chi ha avuto la malattia è davvero immune.

Non è ancora certo, ma gli esperti dicono che nelle prossime settimane si chiarirà.

Ma se non riusciamo a fare i tamponi a chi sta morendo, come si può arrivare in due mesi allo screening di massa?

Questo è il vero tema. Quello che non ha funzionato, va cambiato. Impariamo dagli errori passati. Il cataclisma economico in arrivo tra sei mesi avrà un impatto economico addirittura peggiore di quello che sta avendo il Coronavirus sulle nostre vite.

Qualsiasi tragedia ci attenda non sarà mai peggiore degli ospedali pieni e della gente che muore sola, senza riuscire a respirare.

D’accordo, in Lombardia stanno succedendo cose terribili, enormi. Ho letto la storia di chi è morto scrivendo un sms “Mi danno la morfina”. Ma non c’è solo la Lombardia, c’è anche il resto del paese. L’impatto sociale della crisi economica potrebbe portare a disordini pubblici. Quando la gente muore di fame fa l’assalto ai forni.

Stai dicendo che assalteremo i negozi?

Se non ci muoviamo questo sarà un tema. Non moriremo senza respiratori, ma avremo fame. La politica è arrivata tardi sull’emergenza sanitaria, non può fare lo stesso errore su quella economica. Lo dico con la morte nel cuore perché sto perdendo anche io persone care col Covid, ma è certo: tra poco quello che sto dicendo io lo diranno tutti.

Anche i virologi ti hanno contestato, non solo i politici. Perfino il tuo amico Burioni.

Il ragionamento di Burioni è “restiamo tappati in casa ancora, riaprire a breve è irrealistico”. Io capisco la sua posizione, ma rivendico il fatto che i politici facciano un altro mestiere, non si occupano di virologia. Se seguiamo  solo gli esperti, finché non c’è il vaccino dobbiamo stare fermi. Il modo in cui dovremo imparare a convivere col Coronavirus lo devono trovare i politici.

Hai telefonato ai sindaci più in difficoltà in questi giorni? A Gori, a Sala?

Ho scritto a Giorgio che ha compiuto i suoi 60 anni nel momento più duro della sua vita, penso.

Hai mandato quel famoso messaggino a Fontana, anche.

Sì, e quel giorno chiamai anche Conte. Fontana io lo conosco da anni, faceva il sindaco quando lo facevo anche io. Lo stimo, è una persona perbene, non so che errori ha fatto sulla Lombardia, io gli stavo solo dicendo che avrei dato una mano.

Fontana è anche quello che disse: la razza bianca è a rischio. Dobbiamo ribellarci, ti ricordo.

Ho capito, ma in questa situazione un sms si manda a tutti. Certo, ho un rapporto più stretto con Gori che con Emiliano. Però posso anche dire, che so, che De Luca è De Luca ma sta facendo bene il suo lavoro in Campania. Non si parla di scenari e strategie oggi, c’è solo una vicenda che è più grande di noi e si prova a dare solidarietà.

Cosa imparerà l’Europa da tutto questo?

Noi siamo stati per anni attaccati da un’alleanza sovranista- populista che diceva “no vax”, “chiudiamo Schengen”, “chiudiamo le frontiere”, “gli immigrati sono il nostro problema”. Questo racconto oggi è totalmente sbugiardato dal Covid. Oggi vediamo che un mondo senza vaccini, un mondo con le frontiere chiuse, Schengen chiuso, senza immigrati, con la globalizzazione bloccata, porta le nostre aziende dell’export in crisi, le nostre città d’arte a piangere e tutte le persone chiuse in casa perché non c’è il vaccino. Il mondo sovranista-populista era una menzogna. Avevamo ragione noi, non loro.

La tua quarantena come va?

È come per tutti in casa, con genitori e nonni a distanza. Non ci era mai capitato di stare così tanto insieme, abbiamo la consapevolezza di essere dei privilegiati, stiamo tutti bene, poi certo c’è qualche preoccupazione. Agnese lavora costantemente per la didattica online.

Sei andato a correre, finché hai potuto?

Sì, qui intorno, e pensavo “ora mi fanno le foto!”, chissà le polemiche. Poi hanno vietato anche le corse e mi sono attenuto alle regole. Ora sto a casa e ingrasso a a vista d’occhio. Spero che il ragionamento politico valga a prescindere dalla mia dieta.

Sicuro che non vuoi dire “ho sbagliato”?

Leggevo Ravasi stamattina sul Sole 24 ore, citava una bella frase di Van Gogh: “La normalità è una strada lastricata. Comoda per camminare ma non vi cresce nessun fiore”. Fare politica non è essere sempre buoni, rassicuranti. Io me ne frego. Ho avuto tutto dalla vita, posso dire che il re è nudo. E noi politici non ci possiamo permettere il lusso di commuoverci e basta. Dobbiamo pensare a come evitare che i cittadini piangano ancora.

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