Corea, Trump, Putin ed Europa: cosa ne pensa Michele Emiliano?
L'intervista a Michele Emiliano, politico nelle file del partito Democratico e attualmente Presidente della regione Puglia, su diversi temi di attualità e di politica internazionale
TPI ha fatto qualche domanda a Michele Emiliano, governatore della regione Puglia e membro del Pd. Tra i temi trattati le grandi crisi internazionali, la Nato, le politiche migratorie e l’Europa.
Ecco l’intervista:
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Presidente, negli ultimi mesi stiamo assistendo a una crescente tensione nei confronti della Corea del Nord e a possibili scenari di guerra. Cosa ne pensa?
Ovviamente, siamo preoccupati. Le Olimpiadi potrebbero essere un’occasione per distendere gli animi ma non dimentichiamo che per tanti anni la Corea è stata in una posizione di subordinazione rispetto alle grandi potenze orientali e ora, per ragioni militari ed economiche, vuole esercitare un ruolo centrale e autonomo.
L’intuizione della Corea del Nord di dialogare con il Sud senza intermediari è sicuramente una novità con cui gli statunitensi devono fare i conti, perché l’amministrazione americana non può pensare di risolvere questo problema mostrando a tutti la sua forza militare. Occorre dialogo e diplomazia.
A proposito dell’amministrazione americana, Trump in passato ha affermato che l’Italia avrebbe dovuto investire maggiormente nella NATO…
Io penso che riorganizzare il sistema di difesa comune europeo, anche attraverso maggiori investimenti e in un’ottica di maggiore rilevanza europea in politica estera, sia l’unica soluzione.
Basti pensare all’enorme lavoro compiuto dai padri fondatori dell’Unione europea, i quali sono riusciti a creare, anche giuridicamente, qualcosa di unico. Ma ai giorni nostri, la situazione è cambiata: noi ancora abbiamo dentro di noi questa contrapposizione tra essere uno Stato federale vero e proprio e il concetto di Unione Europea.
Questa contrapposizione si riflette sul nostro rapporto dentro la NATO: noi consideriamo gli Stati Uniti come una guida, ma attualmente loro hanno difficoltà in questo ruolo. Da un lato ci fibrillano quando l’Unione europea fa passi avanti, ma allo stesso tempo si aspettano dall’Europa un maggiore impegno economico, che senza un maggiore prestigio della stessa non è attuabile.
E in tutto questo la Russia?
Putin è l’unico grande leader mondiale che si è recato a Palmi nel 2007 durante il vertice italo-russo. Ho avuto l’onore di affiancarlo durante la sua permanenza.
Lui ha mostrato sempre un grande interesse per la Puglia e abbiamo fatto una trattativa molto proficua per la restituzione di una chiesa che lo Zar aveva costruito qui, che poi è stata consegnata al Patriarcato di Mosca.
Nonostante la nostra obbedienza allo schieramento NATO (che ci richiede le sanzioni contro la Federazione Russa) le relazioni con la Russia sono buone.
Faccio notare che queste sanzioni, non solo non hanno sortito molto effetto ma hanno anche danneggiato gravemente l’economia pugliese. Molte aziende pugliesi hanno interrotto i loro commerci con la Federazione Russa.
Sono frequentemente in contatto con l’ambasciatore russo in carica e abbiamo mantenuto costanti gli scambi culturali. Siamo molto attivi per mantenere forti le comunicazioni tra la Puglia e la Russia (finalmente ci sono voli diretti da Bari a Mosca) e a Bari abbiamo adesso anche un consolato russo.
Tutto questo è avvenuto nonostante le sanzioni e sono contento che Putin e il popolo russo possano contribuire a costruire la pace.
Sicuramente serve uno slancio europeo e italiano, affinché le relazioni tra Russia e Stati Uniti possano riprendere.
Non sono un esperto di politica estera, ma a proposito della crisi ucraina, ricordo il ruolo dell’Italia nella guerra di Crimea e se immagino adesso di negare l’accesso al Mediterraneo alla Federazione Russa, mi sembra una sfida da non portare a termine.
In diplomazia non bisogna mai spingere la controparti a condizioni che non può accettare.
L’emergenza migranti ci pone davanti una sfida senza precedenti. La Lega suggerisce una posizione più rigida e restrittiva verso l’accoglienza, proponendo per esempio rimpatri forzati. Lei cosa ne pensa?
Io ho affrontato da magistrato molte indagini sulla criminalità internazionale, le quali si svolgevano a cavallo dei movimenti migratori: parlo dell’Albania, ex Jugoslavia e ricordo i tempi in cui per arrivare in Italia occorreva un visto e procedure complesse.
Questo ovviamente trasformava il viaggio in una merce preziosa, il quale veniva sfruttato dalla criminalità organizzata.
Le politiche restrittive non fanno altro che dare una mano alla criminalità organizzata: riescono a trasformare un semplice biglietto in un business. Queste politiche sono intrise di stupidità perché stimolano la domanda di viaggi, ne aumentano il costo e sfruttano questo traffico di denaro.
Basti pensare al caso dell’Albania: la gente che si imbarcava verso l’Italia in traghetto non solo veniva identificata ma ci rendemmo conto che gli albanesi non avevano molta voglia di restare in Italia, ma volevano solo un luogo di sopravvivenza.
Io sono per la normalizzazione dei rapporti: se ci fossero traghetti per portare la gente non solo riusciremmo a regolarizzare il flusso ma saremmo anche in grado di identificare le persone a bordo in modo tale da dare una risposta forte alla criminalità organizzata.
Ormai siamo in piena campagna elettorale e il nostro rapporto con l’Europa rimane uno dei temi più trattati. Alcuni partiti (come M5S) nel tempo hanno rivisto la loro posizione sul tema dell’Unione europea, scegliendo una posizione più moderata. Secondo lei come potremmo assumere più rilevanza a livello internazionale?
Con tutto il rispetto per Di Maio io ho l’impressione che i 5 stelle non abbiano un’idea chiara del processo che ha portato dai trattati di pace, dopo la seconda guerra mondiale, alla costituzione dell’Unione europea e questo processo va difeso senza se e senza ma.
Sono consapevole dei difetti e della necessità di evoluzione di questa Europa negli Stati Uniti d’Europa. Questo significa intervenire sui meccanismi elettorali, cercando di determinare la formazione del governo europeo attraverso una più diretta direzione politica del parlamento.
Gli stati nazionali si trasformerebbero in stati della Federazione europea: questo schema consentirebbe più unità ma allo stesso tempo più autonomia.
Una Europa lasciata allo stato attuale crea stati di serie A e di serie B. Cosi si rischia di confondere i cittadini e di lasciare spazio ai populismi.