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Conte minaccia di querelare Salvini per calunnia, ma il leader leghista può rispondere di quel reato?

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Il presidente del Consiglio Conte può querelare il senatore Matteo Salvini?

Il premier Giuseppe Conte ha minacciato di querelare Matteo Salvini per calunnia. Il senatore Matteo Salvini nella giornata di ieri, in conferenza stampa, aveva detto: “Conte ha compiuto un attentato ai danni degli italiani”, riferendosi alla questione del Mes, il fondo salva-Stati, di cui abbiamo parlato approfonditamente in questo articolo.

Il premier Conte ha replicato poco dopo, dal suo viaggio in Ghana, a Salvini: “Lunedì sarò in Parlamento, in modo trasparente, a riferire tutte le circostanze. Chi oggi si sbraccia a minacciare, io dico: Salvini vada in procura a fare l’esposto, e io querelerò per calunnia”.

“Probabilmente ha la coscienza sporca dei bambini beccati con le mani nel vasetto della marmellata che con la faccia sporca dicono non sono stato io, ti querelo. Non vedo l’ora di trovarmi in tribunale per vedere, anche domani, chi ha difeso l’interesse degli italiani e chi l’ha tradito”, ha replicato poco dopo Salvini a Conte.

Lo stesso Conte poi ha specificato: “Vorrei chiarire agli italiani che io non ho l’immunità, lui sì, e ne ha già approfittato per il caso Diciotti. Veda questa volta, perché io lo querelerò per calunnia di non approfittarne più”.

Ma Salvini potrebbe rispondere di calunnia per le dichiarazioni rese contro Conte? Per capirlo è da tenere presente che la Costituzione italiana all’articolo 68 prevede la cosiddetta insindacabilità parlamentare, che rientra tra le cosiddette immunità parlamentari e impedisce che il membro del Parlamento possa essere chiamato a rispondere giuridicamente dei voti che ha dato e delle opinioni che ha espresso nell’esercizio delle sue funzioni.

E sempre lo stesso articolo, al comma seguente, parla di immunità parlamentare: “I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza”.

Cos’è l’insindacabilità parlamentare

L’articolo 68 della Costituzione introduce la cosiddetta insindacabilità parlamentare secondo cui: “I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”.

L’insindacabilità rappresenta un limite fondamentale all’esercizio dell’azione giudiziale nei confronti dei membri del Parlamento. Per poter applicare l’insindacabilità del comportamento del Parlamentare è necessario verificare che quel comportamento sia legato da un nesso funzionale con l’attività parlamentare. È indispensabile che la dichiarazione sia espressione di attività parlamentare.

La Corte costituzionale con le sentenze numero 10/2000 e numero 11/2000, ha specificato che non è sufficiente un semplice collegamento ma è indispensabile che la dichiarazione sia espressione di attività parlamentare.

La Consulta infatti ha specificato: “L’interpretazione del primo comma dell’art. 68 porta infatti ad escludere, per non trasformare la prerogativa in un privilegio personale che sia compresa nella insindacabilità tutta la complessiva attività politica che il singolo membro del Parlamento pone in essere, rientrandovi invece soltanto quella che si manifesta attraverso l'”esercizio” delle funzioni parlamentari”.

L’articolo 3 della legge numero 140/2003, precisa che l’insindacabilità parlamentare si applica non solo “per la presentazione di disegni o proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni, per gli interventi nelle Assemblee e negli altri organi delle Camere, per qualsiasi espressione di voto comunque formulata, per ogni altro atto parlamentare” ma anche “per ogni altra attività di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parlamentare, espletata anche fuori del Parlamento”.

La giurisprudenza è concorde nel non far rientrare nella fattispecie della insindacabilità gli insulti e le offese gratuite rivolti dal parlamentare nei confronti di terzi.

Secondo la giurisprudenza costituzionale, le dichiarazioni di un parlamentare sono coperte dall’insindacabilità, a condizione che siano legate da un nesso funzionale con l’esercizio di funzioni parlamentari, cioè solo se riconducibili a una dichiarazione resa o a un comportamento tenuto all’interno dell’Aula.

In sostanza rientra nell’insindacabilità il comportamento del membro del Parlamento che illustri in una conferenza stampa il contenuto di un disegno di legge o gli argomenti che sono stati sviluppati nel corso di un’interrogazione. Al contrario, non è sufficiente una generica corrispondenza di contenuto tra le opinioni espresse fuori dal Parlamento e le battaglie condotte in sede parlamentare dal parlamentare.

Negli ultimi anni l’insindacabilità parlamentare, da strumento posto a tutela dell’indipendenza del parlamentare nei confronti degli altri poteri (esecutivo e giudiziario), è stata invocata per coprire qualunque tipo di dichiarazione o di comportamento, anche in situazioni che esulavano oggettivamente dall’esercizio delle funzioni parlamentari.

Che cos’è la calunnia

La calunnia è un reato previsto dall’articolo 368 del codice penale italiano. L’articolo recita: “chiunque, con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’Autorità giudiziaria o ad un’altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, incolpa di un reato qualcuno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni”.

In sostanza, si è in presenza di calunnia quando qualcuno incolpa un’altra persona di un reato nella consapevolezza dell’innocenza di questo. Nel caso della querelle tra Salvini e Conte, il reato in questione sarebbe “l’attentato ai danni degli italiani”.

In base a quanto detto finora, non saremmo dunque in presenza di un caso di insindacabilità, e di conseguenza il senatore Matteo Salvini potrebbe dover rispondere di calunnia, se il premier Conte decidesse di andare avanti con la querela nei suoi confronti.

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