Consultazioni nuovo governo, ecco il calendario completo
Si inizia mercoledì 4 aprile con i presidenti di Senato e Camera, e si finisce nel pomeriggio del 5 con il Movimento Cinque Stelle
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Mercoledì 4 aprile 2018 inizieranno le consultazioni del capo dello Stato Sergio Mattarella con i rappresentanti dei partiti (segui la diretta con gli ultimi aggiornamenti sulle elezioni).
In questa occasione, il capo dello stato ascolterà l’opinione delle varie forze politiche su come formare il prossimo governo e al termine, in base al numero di parlamentari eletti da ciascun partito e alla possibilità di essere in grado di formare una maggioranza, darà l’incarico a una figura individuata grazie a questo meccanismo (qui il dettaglio di tutti i passaggi necessari alla formazione del governo).
In questo caso potrebbe trattarsi di una procedura più complessa del solito. Se nei casi in cui una coalizione aveva raggiunto da sola la maggioranza le consultazioni erano quasi una mera formalità, ben diverso è questo processo nei casi in cui le elezioni non hanno portato ad alcuna maggioranza.
Starà infatti al capo dello stato Sergio Mattarella valutare se e con quale maggioranza un esponente politico sarà in grado di formare un governo con una maggioranza.
In ogni caso, non è obbligatorio che il capo dello stato dia direttamente l’incarico a qualcuno per formare un nuovo governo, ma può inizialmente attribuire a una figura politica un “mandato esplorativo”. Questo avvenne anche nel 2013, quando l’allora presidente Giorgio Napolitano dette un mandato esplorativo all’allora leader del PD Pierluigi Bersani che, però, non ebbe esito positivo.
In altri termini, il capo dello stato designa una persona per cercare di formare attorno a questa una maggioranza e, qualora dimostri di averla, può dargli un mandato, mentre diversamente potrebbe iniziare un nuovo giro di consultazioni.
L’extrema ratio in caso di mancate intese su qualsiasi maggioranza è il ritorno alle urne nei prossimi mesi, ma possiamo immaginare che Mattarella voglia cercare qualsiasi soluzione per evitare tale possibilità.
Se le consultazioni andranno a buon fine, e ci sarà un governo in grado di ricevere la fiducia del Parlamento, il presidente della Repubblica emanerà tre decreti: quello di nomina del Presidente del Consiglio, controfirmato dal Presidente del Consiglio nominato, quello di nomina dei singoli ministri, controfirmato dal Presidente del Consiglio, e quello di accettazione delle dimissioni del Governo uscente.
A quel punto, prima di assumere le funzioni, l’esecutivo dovrà prestare giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica e, entro dieci giorni, il governo deve presentarsi davanti a ciascuna Camera per ottenere il voto di fiducia, voto che deve essere motivato dai gruppi parlamentari ed avvenire per appello nominale.
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Il calendario
Le consultazioni avverranno seguendo questo calendario:
Mercoledì 4 aprile
10.30 – Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato
11.30 – Roberto Fico, presidente della Camera
12.30 – Giorgio Napolitano, presidente emerito
16 – Gruppo per le autonomie
16.45 – Gruppo misto al Senato
17.30 – Gruppo misto alla Camera
18.30 – Fratelli d’Italia
Giovedì 5 aprile
10 – Partito Democratico
11 -Forza Italia
12 – Lega
16.30 – Movimento Cinque Stelle
Il premier più gradito agli elettori
Al di là di quelle che potranno essere le scelte di Mattarella, come la pensano gli elettori (non solo quelli di Lega e M5s, anche degli altri partiti)? Vorrebbero come premier Salvini, Di Maio o un altro nome?
Un sondaggio pubblicato dall’istituto Piepoli giovedì 29 marzo fornisce una prima risposta a questo interrogativo. Secondo le rilevazioni, Di Maio è più apprezzato di Salvini e ci sono più italiani che vorrebbero vederlo a Palazzo Chigi rispetto al leader leghista.
Nello specifico, il 25 per cento degli intervistati ha espresso la propria preferenza per il capo politico del M5s. Al secondo posto, forse a sorpresa, non c’è Salvini, bensì il premier uscente Paolo Gentiloni, con il 20 per cento.
Di Maio premier e Salvini vice: la formula più gradita
Un ulteriore dato conferma come Di Maio sopravanzi Salvini nel gradimento degli italiani.
Alla domanda su quale sarebbe la formula di governo migliore in questo momento, il 27 per cento degli intervistati da Piepoli ha risposto un esecutivo con Di Maio premier e Salvini suo vice.
La formula inversa, ovvero Salvini primo ministro e Di Maio vice, è stata invece scelta dal 24 per cento del campione. Il 10 per cento vorrebbe Di Maio a Palazzo Chigi e un vice di Forza Italia.
Resta comunque il fatto che la maggioranza relativa dell’elettorato italiano continua a volere un esecutivo tra Lega e Movimento 5 Stelle (il 37 per cento degli intervistati).
Un governo istituzionale per fare una nuova legge elettorale e tornare a votare raccoglie il 22 per cento delle preferenze. Il governo di minoranza M5s con appoggio esterno del Pd si ferma al 17 per cento, mentre ipotesi di esecutivi di centrodestra senza il M5s sembrano al momento poco gradite.
Chi sarà il premier?
TPI ha analizzato la situazione politica che si è determinata dopo il voto provando a capire quali sono le scelte che potrebbe fare il presidente della Repubblica.
La coalizione di centrodestra è stata la più votata, e secondo quanto ha dichiarato in campagna elettorale, il candidato premier sarebbe stato quello indicato dal partito più votato al suo interno, che si è rivelato essere la Lega. Matteo Salvini è dunque il candidato premier del centrodestra che i partiti della coalizione sosterranno in sede di consultazione.
Il Movimento Cinque Stelle, singola lista più votata d’Italia, è stato molto chiaro su questo: dall’inizio della campagna elettorale ha sempre indicato Luigi Di Maio come candidato premier, in quanto i militanti del movimento lo hanno investito loro leader attraverso una votazione online sulla piattaforma Rousseau.
Tagliato completamente fuori c’è poi il Partito Democratico, che aveva Matteo Renzi come proprio leader in campagna elettorale ma, oggi terza forza del paese, potrà eventualmente – numeri alla mano – giocare un ruolo di “stampella” di un prossimo governo.
Tuttavia, in seguito alla direzione tenuta subito dopo le elezioni del 4 marzo, i dirigenti del partito hanno dichiarato di voler rimanere all’opposizione dopo il tracollo elettorale.
Questo riduce i possibili accordi per il nuovo governo a centrodestra e Movimento Cinque Stelle ma, anche qualora questi dovessero effettivamente avvenire, rimarrebbe una questione ancora aperta: chi farà il premier?
Proprio per via delle rispettive performance elettorali positive, né Matteo Salvini né Luigi Di Maio sembrano al momento intenzionati a cedere la leadership del governo ad altri.
Il 27 marzo il Cinque Stelle Alfonso Bonafede, indicato prima del voto come ministro della Giustizia, ha dichiarato che “un altro candidato premier non eletto dai cittadini determinerebbe il definitivo allontanamento dalla politica” e che il movimento è intenzionato a sostenere esclusivamente Luigi Di Maio.
Intervistato da Tele Lombardia, il leghista Salvini è stato più possibilista, dicendosi pronto a metterci la faccia ma che non si tratta di “o me o la morte”.
Se queste dichiarazioni apparentemente farebbero prendere quota a un’ipotesi Di Maio, c’è un’altra faccia della medaglia che va considerata: Forza Italia. Il partito di Silvio Berlusconi difficilmente accetterebbe di sostenere un governo Di Maio, e lo stesso Di Maio potrebbe porre il veto su molti possibili ministri di Forza Italia (come già ha fatto su Paolo Romani quando è stato proposto presidente del Senato), e qualora Salvini decidesse di proseguire il percorso di accordo con il Movimento Cinque Stelle senza Forza Italia, rischierebbe di spaccare irrimediabilmente la coalizione di centrodestra.
Anche se sia centrodestra che Movimento Cinque Stelle attualmente sembrano non essere disposti a particolari cedimenti, viene per forza di cose presa in considerazione anche l’ipotesi di un premier terzo, trapelata su diversi giornali. Nonostante i Cinque Stelle abbia al momento detto no a questa possibilità, è plausibile immaginare un’ipotesi simile.
Già nel 2013, centrodestra e centrosinistra trovarono un accordo per un governo di larghe intese guidato da Enrico Letta, esponente del PD ma non indicato come premier dal centrosinistra.
Tuttavia, questo aprirebbe un nuovo totonomi su chi farà il premier, dal momento che la storia recente insegna la possibilità di ipotesi sorprendenti che nessuno avrebbe apparentemente preso in considerazione, quali il già citato Enrico Letta o l’attuale premier Paolo Gentiloni.
In questo caso, sarebbe difficile quindi fare una previsione realistica, ma la prima domanda da porsi sarebbe se dovrà trattarsi di una figura più vicina al centrodestra o al Movimento Cinque Stelle.
Prima delle elezioni, quindi in tempi non sospetti, quando non era nota la composizione del parlamento, molti osservatori hanno indicato nell’ex presidente della regione Lombardia Roberto Maroni un possibile nome per un governo di larghe intese.
Maroni, leghista ma più volte critico verso Salvini, attualmente non ha incarichi e il suo profilo può essere considerato terzo nell’attuale contesto politico. Difficile però pensare che il Movimento Cinque Stelle, forte di un consenso altissimo nel Sud Italia, sia disposto ad accettare come premier una persona che ha accusato Salvini di aver accantonato la vocazione nordista della Lega.