La sfida di Fico: far tornare Renzi e Conte al dialogo. Ma ci sono anche altri scenari aperti
Il presidente della Camera Roberto Fico, chiamato ieri dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella a verificare la possibilità di formare un governo sostenuto dalle stesse forze di maggioranza che componevano l’esecutivo uscente – M5S, Pd, Leu e Italia Viva – si trova ad affrontare una missione difficile ma non impossibile (qui tutte le ultime notizie sulla crisi di governo, qui il calendario completo delle consultazioni di Fico).
Né il Partito democratico né il Movimento Cinque Stelle vogliono il voto anticipato, che consegnerebbe il Paese a un governo di centrodestra e consentirebbe a Salvini, Meloni e Berlusconi di dettare la linea per l’elezione del Presidente della Repubblica. Anche per il fondatore del M5S, Beppe Grillo, andare alle urne adesso “sarebbe una follia”, ma non è detto che questo basti alla frogia del Movimento che vuole escludere Matteo Renzi dalla compagine del nuovo governo, e non è ancora chiaro il peso che potrebbe avere questa componente pentastellata sulle trattative. Una serie di nodi che il presidente della Camera dovrà essere chiamato a sciogliere entro martedì, quando dovrà tornare a riferire a Mattarella.
La spaccatura nel Movimento Cinque Stelle
“Nei prossimi giorni valuterò se sarà il caso di continuare la mia battaglia per il cambiamento. Non escludo però che si diano altri scenari e dovrò valutarli con attenzione“, ha detto in un’intervista al Corriere della Sera il senatore del Movimento 5 stelle Nicola Morra, presidente della Commissione Antimafia, che si è dichiarato deluso per le aperture a Italia viva di Matteo Renzi. Morra ha sottolineato che in Aula “il premier è stato implacabile e duro nei confronti dello stesso senatore”.
“Ho difficoltà a individuare un solo motivo politico, qualitativo, per cui si possa rinnegare quel giudizio, in quanto ritengo Renzi responsabile di una crisi inaccettabile in un momento grave come quello della pandemia che stiamo vivendo”, ha osservato Morra. Ancora più netta la sua collega Barbara Lezzi, che dice: “Se c’è Renzi, non voto la fiducia al nuovo Governo”, mentre Alessandro Di Battista minaccia l’addio al Movimento.
Italia Viva: “Siamo sulla strada giusta”
Di tutt’altro tenore l’intervento dell’ex ministra di Italia Viva Teresa Bellanova, che in un’intervista a La Stampa ha dichiarato “Siamo sulla strada giusta”, ritenendo corretto “ripartire dalla maggioranza del governo uscente” e sottolineando che è ancora “presto per fare nomi”.
A parlare, ancora una volta, saranno i numeri. Con o senza Giuseppe Conte. Il premier dimissionario potrebbe infatti essere l’unico a uscire sconfitto dalla crisi, delineando il successo di quella che alcuni ritengono una strategia del leader di Italia Viva per “farlo fuori” politicamente. Anche se ufficialmente infatti la linea dei Cinque Stelle è “con Conte o voto“, la linea dei grillini potrebbe valutare altri scenari di fronte al veto dei renziani, pur di evitare il ritorno alle urne.
Governo politico senza Conte o governo istituzionale, le alternative al Conte-ter
Sono almeno altri due gli scenari possibili nel caso in cui non si raggiunga l’accordo per un Conte-ter, come sottolinea un articolo di Annalisa Cuzzocrea su Repubblica. Il primo è quello di un governo politico con un nuovo premier, che potrebbe essere un altro esponente grillino: un’operazione che potrebbe passare come un “tradimento” verso Conte e potrebbe incrementare le truppe della “frongia” di Di Battista, Morra e Lezzi.
Potrebbe essere anche lo stesso Fico ad assumere la guida del nuovo governo, una scelta che probabilmente accontenterebbe Renzi. Ma il reggente del Movimento, Vito Crimi, ha detto con chiarezza a Mattarella che “il mandato a Fico va bene, purché porti a Conte”.
Il secondo scenario è quello di un governo istituzionale guidato da una personalità tecnica come l’ex presidente della Consulta Marta Cartabia o l’ex governatore della Bce Mario Draghi. Un esecutivo che potrebbe segnare l’apertura della maggioranza anche ai forzisti e, entro certi limiti, anche a una parte della Lega. Un rischio che anche il Pd vorrebbe scongiurare e che, con tutta probabilità, spaccherebbe definitivamente il Movimento.
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