“Io, pugnalata dal mio ex, ho lanciato una battaglia per le donne e l’ho vinta: col Codice Rosso 6 mesi per denunciare”
La storia a lieto fine di Lidia, vittima di tentato femminicidio: la donna ha lanciato una petizione su Change.org e la sua richiesta è diventata legge
Codice Rosso, la petizione di Lidia Vivoli
Tra le norme previste dal cosiddetto Codice Rosso, la nuova legge contro la violenza sulle donne, c’è l’aumento del tempo a disposizione della vittima per sporgere denuncia. La donna avrà 12 mesi, non più solo 6, per denunciare chi l’ha maltrattata. La richiesta di aumentare i tempi di denuncia era arrivata per la prima volta all’attenzione della politica grazie a una petizione lanciata sulla piattaforma online Change.org da Lidia Vivoli, 46enne palermitana pugnalata con delle forbici dall’ex compagno nel 2012. La petizione ha raccolto in questi mesi 151mila firme.
Durante la campagna elettorale per le elezioni politiche del 4 marzo 2018, l’appello di Lidia era stato raccolto dal Movimento 5 Stelle, che si era impegnato ad affrontare la questione: “Il programma del M5S sul tema è inequivocabile: aumentare il lasso di tempo in cui è possibile denunciare una violenza,maggiori investimenti sul Piano Antiviolenza, raccolta sistematica dei dati sulla violenza di genere”, spiegavano i Cinque Stelle.
Anche Liberi e Uguali aveva sostenuto la petizione: “Dobbiamo dare a queste donne il modo di ottenere giustizia nel momento in cui sentono sia giunto il momento di parlare e denunciare. Per questo siamo d’accordo con questa petizione”.
Lidia, dopo essere stata aggredita dal fidanzato, aveva chiamato il 118 e aveva subito denunciato l’accaduto. Sebbene lei si sia mossa tempestivamente, dopo l’accaduto ha deciso di battersi affinché venisse esteso il termine di legge entro il quale una donna può denunciare la violenza.
“Ho lanciato questa petizione 15 mesi fa in tempi non sospetti. È un piccolo passo ma per me significa una vittoria. Noi dobbiamo essere tutelate realmente”, racconta a TPI.
Lidia capisce perché alcune donne non riescono a denunciare: “Non è facile, nel mio caso è stato quasi immediato perché mi avevano pugnalata, dovevo spiegare quello che mi era successo. Ma capisco che sia difficile: se una donna ha figli, o sa che chi l’ha aggredita vive a pochi chilometri di distanza, continua ad avere paura”.
Il racconto della violenza
L’ex compagno di Lidia, dopo l’aggressione, ha patteggiato una condanna a 4 anni di reclusione per tentato omicidio, ma ha trascorso in carcere 5 mesi. Poi gli sono stati concessi gli arresti domiciliari e sono ricominciate le minacce e lo stalking.
Lidia racconta che ogni giorno l’uomo la tormentava con continui messaggi e monitorava tutti i suoi spostamenti. La donna ha continuato a denunciare, finché nel 2014 non ha subito una nuova aggressione. L’ex compagno l’ha incontrata per strada e dopo averla insultata l’ha schiaffeggiata, rompendole un labbro. Un anno fa è iniziato il nuovo processo.
“Ogni giorno mi domando: quando sarà finito il processo e uscirà, tornerà a vendicarsi?”, si chiede la donna. “Quand’è che noi donne possiamo dirci fuori pericolo? Lo Stato dovrebbe tutelarci, darci un lavoro lontano dall’aggressore e metterci al sicuro in un alloggio sconosciuto, quello che si fa per le categorie protette, per le vittime di mafia. Io mi sono dovuta pagare persino le visite mediche”.