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Home » Politica

Cottarelli a TPI: “Sbagliato che un viaggio come quello di Renzi a Riad sia legalmente possibile”

Immagine di copertina
ANSA/ANGELO CARCONI

Intervista al direttore dell'Osservatorio sui Conti Pubblici italiani sulla proposta di una legge che vincoli le attività extra-parlamentari di deputati e senatori a regole più stringenti

Il viaggio di Renzi a Dubai, di cui il quotidiano la Stampa e noi di TPI abbiamo dato notizia ieri (il senatore ha annunciato di averci fatto causa per le “falsità” riportate, nonostante non abbia smentito di trovarsi negli Emirati Arabi), torna a far discutere della missione svolta un mese fa dal leader di Italia Viva in Arabia Saudita, organizzata dal FII Institute, da cui Renzi percepisce un compenso annuale per sedere nel board. Carlo Cottarelli, direttore per l’Osservatorio sui Conti Pubblici italiani, ha proposto una legge che vincoli le attività extra parlamentari di deputati e senatori a regole più stringenti.

Professor Cottarelli, dopo la partecipazione di Renzi alla conferenza di Riad per la Davos del deserto l’Osservatorio sui Conti Pubblici che lei dirige ha parlato della necessità di una legge che regoli le attività extra dei parlamentari, perché è importante?

Ho fatto una proposta indipendente dalla questione di Renzi e dalle circostanze per cui si è recato in Medio Oriente. A me sembra che il lavoro di un parlamentare sia importante e dovrebbe essere un lavoro a tempo pieno. Quindi come accade per chi è un funzionario pubblico, come è successo a me quando lavoravo al FMI, non deve essere possibile fare due lavori, per due motivi. Il primo sono i potenziali conflitti di interessi, l’altro motivo è che ci sono 24 ore in una giornata e se uno fa cinque o sei lavori non lo può fare bene come se lo fa a tempo pieno. I parlamentari italiani sono pagati bene rispetto ai colleghi europei e quindi non vedo motivo per cui si devono fare altri lavori.

Negli Stati Uniti invece ai parlamentari è vietato ricevere compensi per altre attività.

Anche se in misura minore negli Stati Uniti chi è parlamentare può avere ricavi che derivano da attività fuori dal Parlamento in misura molto contenuta, mi sembra il 25 per cento di quello che è uno stipendio, in Europa è diverso ma il fatto che sia diverso non vuol dire che sia la cosa giusta da fare. Quello di parlamentare è un lavoro a tempo pieno

Nel caso di Renzi parliamo di un compenso annuale pari a 80mila euro che il senatore percepisce per sedere nel board dello FII Institute.

In quel caso ci sono altre considerazioni che rendevano la cosa particolarmente sconsigliabile, ma il problema è più generale.

Perché non c’è abbastanza attenzione rispetto all’importanza di svolgere questo lavoro in maniera esclusiva, e di dare conto di attività svolte in parallelo? 

Siamo in democrazia, l’elettorato dovrebbe rispondere a certi sviluppi, l’elettorato pensa che sia normale? A me come cittadino non sembra normale. Come Osservatorio abbiamo chiarito che all’Estero e in Europa è così, anche in Parlamento Europeo ci sono i doppi lavori, e a me non sembra giusto. Che si applichino le stesse regole che valgono per i ministri. Ancora più rigide poi sono le regole che si applicano per i funzionari pubblici.

Nel caso dei ministri ci vorrebbe l’approvazione del Cdm.

Ci sono altre attività che non sono consentite. Perché un funzionario pubblico deve essere a tempo pieno però non un parlamentare?

La preoccupazione principale è relativa al potenziale conflitto di interessi.

Il conflitto di interessi si ha per tutto, è come quando sei un avvocato e continui a stare in Parlamento: hai a che fare con cause civili e penali che possono avere diretto impatto su come ti comporti da parlamentare. Siccome il Parlamento si occupa di tutto è difficile che non ci sia qualche area potenziale di conflitto d’interessi.

La polemica sulla missione di Renzi dipende dal fatto che l’Arabia Saudita ha una storia di violazione di diritti umani. Recentemente l’intelligence americana ha ritenuto Bin Salman il mandante dell’omicidio Khashoggi.

Quello che ha fatto è legale, ma la questione è di opportunità. Io non l’avrei fatto, e mi sembra sbagliato che legalmente ci sia questa possibilità. Il problema sta anche a monte, ma nel caso di Renzi mi sembra sbagliato che un senatore della Repubblica vada a farsi pagare cifre così elevate da un Paese in cui ci sono alcune questioni di diritti civili. Eppure il fatto è legale.

In questi giorni si è discusso della notizia che il ministero dell’Economia ha contrattato la società privata di consulenza McKinsey per affiancarla nella stesura finale del Recovery Plan. Alcuni parlano di “governo ombra”, per altri invece si tratta di un contratto di poco conto e di attività minime di consulenza. 

Quella del governo ombra è una sciocchezza, ma io non lo avrei fatto per questioni di immagine, avrei chiesto alla Banca d’Italia di destinare alcune risorse al lavoro in quest’area. Mi sembra però una tempesta in un bicchier d’acqua.

L’altra questione sollevata è la seguente: che senso ha aver formato un esecutivo composto in parte da tecnici, se questi stessi tecnici hanno bisogno di un ulteriore supporto esterno?

I tecnici sono tecnici, ma non è che adesso non si possono avere dei consulenti esterni, e 25mila euro è una cifra molto bassa rispetto ai servizi che potrebbe dare McKinsey, però avrei evitato proprio per non provocare questo genere di ripercussioni, per motivi di percezione.

Una società come McKinsey avrà accesso ad informazioni riservate, relative ai nostri interessi strategici. 

Ci saranno dei protocolli per cui nel caso avessero accesso a tali informazioni esisteranno vincoli di condizionalità legali.

Leggi anche: 1. Fratoianni a TPI: “Gravissimo, Renzi querela senza aver neanche risposto ai giornalisti” / 2. 5 domande a cui Matteo Renzi deve rispondere (a un giornalista) / 3. Massimo Giannini a TPI: “Renzi ci fa causa per aver scritto il vero, cioè che è a Dubai. Ma noi andremo avanti” / 4. Marco Revelli: “McKinsey? Così il Recovery diventa un’occasione solo per pochi, non per l’Italia”

 

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