L’enigma del campo largo tra scienza e alchimia della politica
La trasformazione dei metalli comuni in oro è stata per molti secoli una delle ossessioni degli alchimisti. Per secoli, tra ampolle e alambicchi, crogioli e pestelli, in tanti si sono cimentati indefessamente con l’obiettivo di creare qualcosa di luminoso e pregiato da qualcosa di anonimo. Forse è proprio lì, in qualche laboratorio della Praga di Rodolfo II, che potremmo immaginare Enrico Letta e sodali cercare di trovare la formula del tanto auspicato campo largo, di trasformare quello che al momento è un insieme di metalli comuni in una lega (non nel senso salviniano del termine) pregiata e luminosa.
La storia non ci ha consegnato notizie di alchimisti riusciti nel loro intento, ma si sa che questo procedimento rientra nel campo dell’esoterismo: a noi non iniziati non sarebbe permesso saperlo. La chimica ci è riuscita con sofisticati meccanismi, ma quella è una scienza esatta, diversamente dalla politica che, con i suoi meccanismi arcani, si avvicina di più all’alchimia.
Le trasformazioni da una sigla a un’altra sono all’ordine del giorno negli alambicchi della politica, per non parlare dei tentativi di trasformare in politici, o addirittura in leader, personalità e sedicenti tali della società civile. O di trasformare un esponente del mondo anti-sistema in uomo delle istituzioni, pratica ultimamente molto comune. Ma il processo più diffuso, e che più facilmente finisce con il conflitto tra i diversi elementi, l’esplosione dei macchinari e la fuga dal laboratorio dell’alchimista di turno, è quella di cercare di creare un’alleanza da un’accozzaglia dei più disparati metalli grezzi. Che l’obiettivo sia creare oro o più banalmente una “gioiosa macchina da guerra”, si tende spesso e volentieri a valutare esclusivamente la somma matematica dei voti che i sondaggi attribuiscono ai diversi elementi senza valutare la possibilità di un legame alchemico tra di essi.
Ma la politica lo sappiamo non è una scienza esatta. Nessuno scienziato avrebbe potuto prevedere, nel 2018, il susseguirsi dei governi giallo-verde, giallo-rosso e Draghi. Nessuno avrebbe previsto la svolta europeista di Salvini, quella governista di Di Maio, i Cinque Stelle da alleati di nessuno ad alleati (a turno) di tutti, il PD al governo col 18 per cento delle scorse elezioni. E’ l’alchimia della politica italiana, che non avrà trovato la pietra filosofale ma dai suoi alambicchi ha tirato fuori cose ai limiti dell’impensabile.
Ma nonostante questo, che elemento può venir fuori mettendo nello stesso alambicco Conte e Calenda, Renzi e Bersani? L’alchimista Enrico Letta teorizza che possa venirne fuori questo pregiato materiale di nome campo largo, ma l’instabilità degli elementi rischia di prevalere. Forse vale la pena tentare. O forse vale la pena provare a vedere se da qualche parte, magari sotto i suoi piedi, c’è una miniera d’oro. Magari c’è, e toccando i giusti temi in un momento storico in cui ci si batte per i diritti e per sconfiggere le disuguaglianze può finire per averne accesso, senza scomodare le pur affascinanti formule alchemiche, col rischio che troppi elementi vadano in conflitto tra di loro e alla fine, gli elettori, di fronte a tanta confusione facciano altre scelte.