Perché la proposta di Calenda di “superare il Pd” ha molto senso
L'ex ministro dello Sviluppo Economico ha invocato una svolta, parlando della necessità di andare oltre l'attuale partito
Subito dopo la disfatta elettorale del centrosinistra ai ballottaggi delle elezioni amministrative, l’ex ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, con un tweet, ha esortato il Pd ad andare oltre la sua forma attuale, cambiando la struttura organizzativa e dando vita a un nuovo soggetto politico.
Navigazione a vista sta portando il centro sinistra all’irrilevanza proprio quando l’Italia ne avrebbe più bisogno. Ripensare tutto: linguaggio, idee, persone, organizzazione. Allargare e coinvolgere su una nuovo manifesto. Andare oltre @pdnetwork. Subito! #fronterepubblicano
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) 25 giugno 2018
In molti si sono chiesti cosa intendesse esattamente Calenda. Superare il Pd, ma come? Creare un nuovo partito centrista? Imbarcare altri soggetti politici in uno schieramento più vasto? Guardare più a sinistra?
L’ex ministro, che si è iscritto al Pd poco dopo le elezioni politiche del 4 marzo, e che aveva minacciato di stracciare subito la tessera in caso di alleanza con il Movimento Cinque Stelle per formare un governo, ha chiarito il suo pensiero sui media nazionali tra la serata di ieri e la mattinata di oggi.
In un’intervista rilasciata al Messaggero, Calenda ha innanzitutto spiegato perché, a suo parere, il Pd sta sbagliando nell’impostare la sua opposizione sulla dicotomia razzisti-non razzisti, richiamando alla minaccia fascista e non capendo i veri problemi delle persone.
“Gli italiani non sono razzisti e non sono fascisti, chiedono protezione di fronte agli tsunami continui che li colpiscono: la crisi finanziaria, la crisi migratoria, la crisi da trasformazione tecnologica”.
“Il centrosinistra non può pensare di impostare l’opposizione sulla retorica del ‘fascista dietro la porta’, come ha fatto dal ’94 in poi con Berlusconi e come sta facendo ora, rispondendo a ogni fesseria di Salvini. Bisogna invece ammettere i nostri errori e costruire una proposta adatta al momento storico che stiamo vivendo”.
In merito al superamento del Pd, Calenda ha detto che è necessario creare “una grande lista nazionale che coinvolga il movimento dei sindaci di Pizzarotti, persone che rappresentano mondi importanti come quelli che si occupano di sostenibilità, e penso a Giovannini, la scuola, le parti più avanzate del sindacato con Marco Bentivogli, i sindaci che ha riunito Giorgio Gori, Sala e tanti altri soggetti. A tutti quelli che si vogliono spendere, non puoi offrire un prodotto preconfezionato, ma qualcosa che possano contribuire a costruire”.
Alla trasmissione Otto e Mezzo, su La7, l’ex ministro dello Sviluppo Economico ha parlato di un nuovo movimento che includa “esperienze civiche e personalità che non sono disponibili ad entrare nel Pd stesso”.
Il Pd, insomma, questo il senso del Calenda pensiero, ha un’immagine ormai troppo usurata, viene identificato come un progetto politico in cui molte persone di valore non sarebbero comunque disposte a riconoscersi.
Cambiando il “brand” e la forma organizzativa, però, lanciando il progetto di una formazione di centrosinistra nuova nelle idee e nella struttura, quelle stesse persone sarebbero probabilmente disponibili a salire a bordo.
Se pensiamo a Pizzarotti, uno degli esempi citati da Calenda, è chiaro infatti come il sindaco di Parma, ex Cinque Stelle, per storia politica non accetterebbe di entrare nel Pd, mentre potrebbe essere seriamente tentato da un partito di centrosinistra con un progetto nuovo e più inclusivo.
Ciò che vale per Pizzarotti vale per molti altri, dai singoli alle realtà associative a cui Calenda fa riferimento. Ve la immaginate, ad esempio, un’Anpi (l’associazione dei partigiani italiani) disposta a far parte di un “fronte repubblicano” a guida Pd, dopo le polemiche furiose con il partito all’epoca del referendum costituzionale? Impossibile. Molto più fattibile, invece, se il partito cambiasse connotati e si allargasse alla società civile modificando anche significativamente la propria agenda politica.
Calenda ha anche richiamato alle necessità di una “mobilitazione sul territorio perché, come abbiamo visto in questi ballottaggi, la forza di tenuta del Pd è profondamente minata”.
Anche in quest’ottica, la saldatura con le realtà associative potrebbe servire a far riguadagnare al nuovo soggetto politico di centrosinistra un maggiore slancio. L’immagine del Pd, questo è il ragionamento di Calenda, ormai è troppo compromessa, ma la sinistra per rilanciarsi non può prescindere, specie a livello locale, dalla collaborazione con realtà civiche che devono in qualche modo essere nuovamente coinvolte in un progetto politico.
Il partito da solo, come dimostrano i risultati della amministrative, non può farcela, è troppo isolato, viene percepito in alcuni casi come un centro di potere, specie in regioni dove ha governato molto a lungo come la Toscana.
Come ha rivelato un’analisi dell’istituto Cattaneo, infatti, in quei territori gli elettori M5s si sono riversati tutti sui candidati di centrodestra ai ballottaggi, proprio perché il Pd “è percepito maggiormente come un blocco di potere, come un sistema”.
Un’immagine ormai troppo compromessa, proprio come suggerisce Calenda, un simbolo non in grado di attrarre attorno a sé esperienze civiche e politiche che possano rivitalizzarlo sui territori e in chiave nazionale.
Si possono anche condividere molte delle politiche messe in campo dal Pd negli ultimi anni, da quelle sui diritti a quelle sul lavoro, ma ciò non intacca il senso di fondo del ragionamento di Calenda.
Il Pd può aver ben amministrato, ma si è appunto limitato ad amministrare, è stato troppo timido nella proposta politica, ha preferito vivacchiare, non ha proposto nessuna idea forte, ed è stato travolto prima dal reddito di cittadinanza, poi dagli strilli di Salvini sui migranti.
Proposte forse inattuabili, demagogia, ma in ogni caso idee forti, proprio quelle che il Pd non ha saputo offrire in una chiave meno demagogica, lasciando campo libero a chi oggi è al governo.
È per questo che oggi, se ci si riflette bene, una proposta forte lanciata dal Pd susciterebbe probabilmente risolini sarcastici, verrebbe percepita come un goffo tentativo di imitazione che quasi nessuno prenderebbe sul serio.
Non si tratta ovviamente di vendere fumo, ma di evitare che chi vende fumo sia l’unico interlocutore in grado di offrire una speranza (seppur magari illusoria) a chi è in sofferenza.
Per cambiare agenda, insomma, mettendo al centro i temi sociali, riconnettendosi con i problemi veri delle persone, modificando la sostanza delle politiche che si vanno ad attuare, è difficile in questo momento prescindere anche dal cambiamento dell’attuale forma partito.
“Il tempo incalza e rischiamo che diventi irrilevante il centrosinistra – ha detto Calenda a Otto e Mezzo – Sarebbe un dramma”, chiarendo anche come il perimetro di questo nuovo soggetto politico resterebbe limitato all’area di centrosinistra.
“Quella che intendo io deve essere un’operazione di centrosinistra. Non penso che debba coinvolgere Forza Italia. Penso che il perno del movimento debba essere quello che si è costruito col Pd”.
Il primo compito di questo nuovo soggetto, per l’ex ministro dello Sviluppo Economico, sarebbe quello di cambiare agenda e stile comunicativo, mettendo da parte l’ottimismo ormai anti-storico che ha caratterizzato la narrazione della sinistra riformista dall’inizio della cosiddetta “Terza via”, e che Renzi ha avuto la colpa di abbracciare in maniera eccessivamente ingenua e semplicistica: “Renzi ha commesso errori come altri, ma qui è cambiata una fase della storia in cui i progressisti sono stati spazzati via in tutto l’Occidente, perché hanno raccontato una storia degli ultimi 30 anni semplificata e ottimistica. Non hanno riconosciuto le paure”.
“Noi abbiamo trattato la gente che ha paura come se fosse ottusa e imbecille. Non dobbiamo solo pensare a come rifondare il centrosinistra, ma anche a come darle parole nuove. Tutto questo, secondo me, dal Pd non si può fare”.