Brando Benifei a TPI: “Con il governo Meloni l’Italia ha perso credibilità in Europa”
L'intervista di TPI al capodelegazione uscente del Partito Democratico al Parlamento europeo alla vigilia delle Elezioni Europee
Le Elezioni Europee in programma l’8 e il 9 giugno “determineranno l’orientamento europeo in campi cruciali”: lo afferma a TPI Brando Benifei, capodelegazione uscente del Partito Democratico al Parlamento europeo. Alla vigilia dell’importante tornata elettorale, l’eurodeputato, secondo nella lista dem nel collegio Nord Ovest, ripercorre quanto fatto nell’ultima legislatura senza perdere di vista gli obiettivi da raggiungere nei prossimi cinque anni. E sull’eventuale candidatura di Mario Draghi alla guida della Commissione Europa afferma: “È una figura autorevole ma per la Commissione serve una figura politica”.
Qual è il bilancio di questi cinque anni e quali sono gli obiettivi da raggiungere nella prossima legislatura?
“Considerate sia la gravità delle sfide che abbiamo dovuto affrontare negli ultimi cinque anni, dallo scoppio della pandemia alle guerre, ma anche la delicata fase di transizione tecnologica e ambientale che ha obbligato a scelte difficili e ambiziose sul versante legislativo, credo che ci siano state luci e ombre. L’Europa, infatti, ha dimostrato di saper rispondere presente dinnanzi alle difficoltà, ritrovando un’unità d’intenti che da un decennio sembrava mancare. Next Generation EU e il piano di lotta antipandemico ha segnato un vero balzo in avanti del progetto europeo. Allo stesso tempo sulla capacità dell’Unione di occuparsi adeguatamente del tema migratorio rispettando solidarietà e diritti umani non abbiamo fatto i passi necessari così come sul ruolo dell’Europa nella costruzione della pace.
Io credo che la priorità della prossima legislatura debba essere prima di tutto il cambio di passo in senso sociale dell’agenda europea: dalla lotta allo sfruttamento dei giovani con la direttiva per mettere al bando stage e tirocini non retribuiti, la legge per regolamentare l’uso dell’IA sul luogo di lavoro, una legge europea sul reddito minimo, l’inserimento di un protocollo sociale nei Trattati UE.
La riforma dei Trattati è, appunto, un’altra priorità fondamentale. Bisogna potenziare l’Unione Europea per dare piene competenze in politica sanitaria e in campo sociale, bisogna rendere permanente il meccanismo di finanziamento comune sui mercati che fornisce le risorse al dispositivo per la Ripresa e Resilienza, bisogna costruire meccanismi comunitari per assorbire gli shock dell’economia, come appunto lo strumento SURE, bisogna rimettere mano alla politica migratoria dell’UE e rigettare l’approccio securitario che ha caratterizzato il Patto sulla Migrazione, bisogna portare a termine e mettere in atto la legislazione ambientale e vincere la lotta al cambiamento climatico, la tutela della biodiversità, il taglio delle emissioni – ma trovando le risorse adeguate a tal fine”.
Visto il contesto in cui si svolgono (Guerra in Ucraina, le presidenziali Usa che potrebbero rivedere il ritorno di Trump, l’avanzata della destra nel Vecchio Continente) queste elezioni rappresentano un bivio per l’Europa?
“‘L’Europa è a un bivio'” è un’espressione un piuttosto inflazionata, eppure viene ripetuta spesso proprio perché il contesto geopolitico ed economico degli ultimi anni ha obbligato a scelte davvero critiche per il futuro dell’Unione. Rispondo dicendo che sono elezioni di straordinaria importanza che determineranno l’orientamento europeo in campi cruciali, dalla politica estera alla politica interna. Sono fermamente convinto che l’Unione europea debba continuare a essere un modello di progresso economico e sociale, promuovendo il suo modello democratico di economia sociale di mercato come alternativa sia rispetto a sistemi autoritari all’esterno delle nostre frontiere, sia a una visione dell’economia e della società in senso ultraliberista e capitalista. Io credo in un’Unione europea che metta al centro il benessere dei cittadini, i diritti civili, il welfare, lo sviluppo e la cooperazione internazionale, l’uso della diplomazia e della politica come strumento per regolare i conflitti e costruire la pace. Sarà essenziale in questo senso rigettare il tentativo di costruzione di una maggioranza europea di centro-destra, con i conservatori e con l’estrema destra, fondata sul nazionalismo, sul liberismo estremo e che strizza l’occhio a modelli di governo autoritari”.
Macron è uno dei leader europei che più di tutti si è speso per l’indipendenza e la sopravvivenza dell’Europa. Può essere realmente il “salvatore” dell’Europa?
“Emmanuel Macron ha da sempre spinto per un’Europa forte e sovrana, che non voglia rinunciare a essere protagonista globale, un europeista convinto e una persona competente. Ciononostante, le differenze di vedute con il Presidente francese non mancano, sul fronte sociale, sul fronte ambientale, in politica estera. L’ultima proposta sulla possibilità per l’Ucraina di utilizzare di armi occidentali a scopo offensivo sono un importante esempio che dimostra una profonda diversità di vedute. La leadership europea, piuttosto, va costruita congiuntamente insieme ai leader dei Paesi fondatori. L’Italia purtroppo ha subito una forte perdita di credibilità europea con il governo Meloni, e un ancor più pesante isolamento dai tavoli che contano. Prima di guardare alla leadership di Macron, mi preoccuperei più della totale ininfluenza del nostro Paese nel consesso europeo”.
Urusla von der Leyen ha annunciato la sua candidatura come presidente della Commissione Europea, ma negli ultimi giorni si parla anche di Mario Draghi come possibile candidato. Come si pone il Pd?
“Il Partito Democratico sostiene la candidatura di Nicholas Schmit alla guida della Commissione europea. Un leader esperto e competente che ha dimostrato di aver a cuore i bisogni dei cittadini nel suo ruolo di Commissario europeo al lavoro e ai diritti sociali.
Sicuramente non possiamo sostenere von der Leyen se pensa di poter allargare a destra il suo supporto, mettendo alla guida dell’Europa forze politiche che vorrebbero sostanzialmente indebolire l’Unione. Draghi è una figura autorevole e riconosciuta in Europa ma per la Commissione Europea serve una figura politica”.
Quanto sono importanti anche in ambito nazionale queste elezioni europee?
“Molto. C’è chi vorrebbe tuttavia limitare le elezioni europee a un sondaggio nazionale, cosa che ritengo profondamente sbagliata e per questa ragione sto portando avanti una campagna elettorale fondata sui programmi e sui temi, e non su un generico ‘’mandiamo a casa il governo’’ – cosa che ovviamente auspico ma che non è un atteggiamento rispettoso nei confronti degli elettori. Va però detto che il Partito Democratico vuole fare un risultato importante alle europee, e lo farà, perché chi andrà a votare esprimerà anche un giudizio severo su come il centrodestra in Italia sta governando il Paese e su come si sta comportando in Europa. Un risultato solido del PD insieme alle altre forze di opposizione è la garanzia della costruzione dell’alternativa”.
Cosa ne pensa della decisione della premier Meloni di indicare ai suoi elettori di scrivere solamente il suo nome di battesimo sulla scheda elettorale?
“Una ennesima trovata comunicativa per distrarre dai problemi reali: ma la realtà è un’altra, il suo governo sta scavando un solco tra le istituzioni e il Paese, ne sono dimostrazione le scelte in politica economica, fiscale, la sua strenua opposizione a misure sociali fondamentali per il Paese, dal reddito di cittadinanza al salario minimo, i tagli in finanziaria a università e ricerca, alla sanità, il dimezzamento del supporto alle persone con disabilità, i tagli ai Comuni italiani, solo per citare alcuni esempi. Ma la realtà è più dura della propaganda perché è proprio ‘Giorgia’ la responsabile di questa situazione difficile per tante e tanti”.
Per battere la destra i numeri dicono che serve un centrosinistra unito. Le differenze con M5S e ancor di più con Calenda e Renzi, però, appaiono inconciliabili. Come si appianano queste distanze?
“Lavorando seriamente su politiche che abbiano come fondamenta l’interesse reale del Paese, a livello nazionale e sui territori. Le differenze sono molte, in alcuni casi appaiono nette e forse inconciliabili. Ma siamo sicuri che nell’alleanza di centrodestra ci sia tutta questa unità d’intenti e armoniosa collaborazione? A me sembra più vero il contrario, ovvero che a destra non si perda occasione per dimostrarsi divisi.
Io credo che il Partito Democratico, e la sua Segretaria Elly Schlein, stiano facendo un lavoro importante per creare le condizioni affinché si possa costruire un campo aperto, fondato sul rispetto di posizioni diverse ma partendo dagli elementi che accomunano le diverse forze politiche di opposizione, dal posizionamento europeo all’interno di famiglie europeiste e progressiste fino all’agenda della transizione, dagli investimenti necessari per l’economia fino alla lotta alla povertà e il sostegno al lavoro.
È su questo che dobbiamo lavorare dal giorno dopo il voto europeo”.