Bossi jr., Siri e ora Giorgetti: quando le colpe dei padri in politica ricadono sui figli
Palazzine & assunzioni
Sorte simile è capitata a Cristiano Di Pietro, erede del fondatore dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro. Cristiano fu coinvolto in un’inchiesta Global service, nel 2008. Si dimise dal partito anche prima di essere indagato. Nella lettera in cui annunciava la decisione, mise nero su bianco la sua condizione: «La mia unica colpa è quella di essere figlio di mio padre. Per colpire lui stanno colpendo me, mia moglie ed i miei tre figli». Ma ci sono vicende più recenti. Basti pensare all’ex sottosegretario alle Infrastrutture, Armando Siri, che pensò bene di intestare alla figlia una palazzina, con sette appartamenti a Bresso, comune del milanese. L’operazione finì sotto la lente di ingrandimento per l’ipotesi di reato di autoriciclaggio, perché i mutui concessi dalla Banca agricola commerciale di San Marino, apparivano anomali. Di diversa natura, ma comunque di impatto mediatico, è la storia che ha riguardato il sottosegretario del governo Draghi, Bruno Tabacci, che deteneva la delega all’Aerospazio mentre il figlio Simone veniva assunto a Leonardo. Per evitare la graticola al rampollo, è stato il navigato deputato a rinunciare alla delega governativa che aveva creato più di qualche imbarazzo in famiglia. E seppure non di figli si tratta, c’è un altro scandalo entrato negli almanacchi politici: quello dell’allora ministra dello Sviluppo economico, Federica Guidi, che riceveva pressioni dal suo (ora ex) compagno, Gianluca Gemelli, per ricevere favori ed essere introdotto nel sistema di potere. «Non mi puoi trattare come una sguattera», si lamentò lei. Finendo per dover rassegnare le dimissioni per quelle intercettazioni, non rilevanti penalmente ma imbarazzanti politicamente.
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