Bonus Inps, il Garante della privacy: “I nomi dei deputati si possono pubblicare”
Dal momento che si tratta di personalità pubbliche che hanno richiesto un sussidio pubblico, il diritto alla trasparenza prevale sulla riservatezza
Il Garante per la protezione dei dati personali, in relazione alla vicenda dei deputati che hanno ricevuto il bonus Covid per le partite Iva, ha fatto sapere che le norme sulla privacy non impediscono di rendere noti i dati relativi ai beneficiari del contributo, dal momento che si tratta di personalità pubbliche che hanno richiesto un sussidio pubblico.
“Sulla base della normativa vigente, la privacy non è d’ostacolo alla pubblicità dei dati relativi ai beneficiari del contributo laddove, come in questo caso, da ciò non possa evincersi, in particolare, una condizione di disagio economico-sociale dell’interessato”, si legge in una nota del Garante. “Ciò vale, a maggior ragione rispetto a coloro per i quali, a causa della funzione pubblica svolta, le aspettative di riservatezza si affievoliscono, anche per effetto dei più incisivi obblighi di pubblicità della condizione patrimoniale cui sono soggetti”.
Il Garante ha fatto inoltre sapere inoltre che “sarà aperta una istruttoria in ordine alla metodologia seguita dall’Inps rispetto al trattamento dei dati dei beneficiari e alle notizie al riguardo diffuse”. La condotta dei deputati, quindi, non è protetta dalle norme sulla privacy. Né tantomeno l’atto di richiesta del bonus Covid, da parte di un deputato svela alcun dato sensibile. Prevale piuttosto, in questo caso, il diritto alla trasparenza sulla riservatezza.
Il Garante non fa un riferimento esplicito nella sua nota agli amministratori locali, che in alcuni casi hanno chiesto il bonus Inps. Anche in questo caso si tratta di figure pubbliche, ma di certo la loro carica non comporta uno stipendio pari a quello dei deputati, quindi potrebbero effettivamente versare in condizioni di difficoltà economica e la richiesta del bonus potrebbe nel loro caso essere giustificata.
A invocare sul punto un parere del Garante era stata la vicepresidente dell’Inps, Marialuisa Gnecchi, intervistata dal Corriere della Sera. “Credo che a pronunciarsi debba essere il Garante della privacy. Ma se la legge prevede che la prestazione va erogata, come in questo caso, l’Inps non può fare altro che procedere. Non sta all’istituto decidere se darla oppure no”, ha dichiarato Gnecchi.
“È un problema di etica e responsabilità individuale”, ha aggiunto. “Quelle domande sono eticamente discutibili, ma in caso devono essere i diretti interessati a farsi avanti. Io i nomi non li so e se li sapessi non li direi”. Gnecchi rivela inoltre che “con il primo decreto, quello di marzo, l’intenzione del governo poi confermata dal Parlamento è stata quella di aiutare tutti e subito” ma aggiunge anche che “per fare in fretta non c’è stata nessuna selettività” e questo ha determinato anche qualche “stortura”.
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