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“Promettimi che non mi censurerai mai”: per oggi, il Bestiario di Pansa rinasce su TPI (di G. Gambino)

Immagine di copertina
Giampaolo Pansa e Giulio Gambino

“Promettimi che non mi censurerai mai”: per oggi, il Bestiario di Pansa rinasce su TPI

Controcorrente. Rompiscatole. Cinico. Amaro. Spietato e irriverente. Traditore e revisionista. Libero e sempre indipendente. Su Giampaolo Pansa ne hanno dette di ogni colore. Oggi hanno tagliato le gambe al suo “Bestiario”, la rubrica che da sempre gli appartiene e che è uscita ininterrottamente per circa un terzo di secolo sulle pagine dei quotidiani e dei settimanali italiani. E che è la storia del nostro paese. Sono andato a trovarlo nella casa dove si è ritirato anni fa. Un paesino di 300 abitanti arroccato nelle colline del Senese.

Leggi anche: “Vietato scrivere su Salvini”: così Belpietro ha cancellato il mio Bestiario su Panorama (di Giampaolo Pansa)

Un posto splendido. Qui si respira una pace che a Roma è introvabile. Troppa pace forse. In questa grande casa è circondato da appunti, ritagli di giornale, libri. Ce ne sono 40mila, racconta. Alle pareti sono appese alcune tra le copertine dei suoi libri più importanti. Intorno alla sua scrivania: giornali, appunti, faldoni pieni di materiale per i suoi libri e i suoi articoli. E sigarette. È il Fort-Pansa.

Ho incontrato Pansa per chiedergli di portare il suo Bestiario online, oggi che glielo hanno tolto sul cartaceo, come racconta in un articolo sul nostro giornale online The Post Internazionale (TPI.it). Impresa difficile, per un giornale web, riuscire a far passare l’idea che il pensiero di Pansa possa trovare spazio, ampio e dignitoso, anche sulla rete. Così, qualche ora più tardi, in un bel ristorante di cucina toscana, discutevamo insieme alla sua compagna Adele.

Ma cosa vogliono da me, ancora non l’ho capito, le domandava ad alta voce. All’età di 32 anni, di fronte a un uomo di mezzo secolo più grande di me, e che ha scritto la storia di questo paese con i suoi libri e il suo giornalismo, mi sentivo inadeguato e incapace di trasmettergli il valore e il potenziale del nostro lavoro, ma soprattutto sentivo di non avere uno spazio all’altezza da offrirgli, vittima dell’idea che in Italia ancora oggi un giornale online non ha lo stesso potere e peso specifico di un cartaceo come quelli a cui per anni lui è stato abituato. Così gli ho detto: fondiamo un settimanale. Tu sei scemo, mi ha risposto. A 83 anni non ne ho alcuna voglia. Ma giurami che non mi censurerai mai.

No che non ti censurerò mai, Giampaolo. E non so, Pansa, se il tuo Bestiario troverà spazio per giorni, settimane, mesi o anni sul nostro giovane giornale online. Ma so che, se e quando lo vorrai, sarà la sua casa naturale. Non è adulazione o piaggeria. Letteralmente, è un modo per far vivere e non far morire mai il tuo buon giornalismo. Le tue idee. Il tuo pensiero. Pansa e mio nonno paterno, Antonio, erano colleghi all’Espresso negli anni di Via Po’. Uno, Pansa, importantissimo e celebre già allora, ai vertici del settimanale con Claudio Rinaldi, con il quale aveva ideato il Bestiario; l’altro, mio nonno, commentatore fisso di politica estera sul suo Taccuino Internazionale. Sei un rompipalle come lui. Ridacchia.

Ma li univa molto più di un posto di lavoro: uno stile, un’idea del mestiere, il fatto di essere giornalisti indipendenti e progressisti, laici, mai sottomessi ai poteri. Uomini liberi che amavano la loro professione ed erano orgogliosi di essere parte di un gruppo. Ed è proprio questo il punto. La più grande soddisfazione per me, oggi, è quella di poter offrire a Pansa il prosieguo naturale di questa direttrice. Non importa per quanto tempo, fosse anche un solo articolo.

Un giornale non è solo mettere in pagina ogni giorno articoli, storie, inchieste; pagare gli stipendi alle persone che ne fanno parte, rendere una macchina sostenibile: è anzitutto una comunità, una famiglia, un gruppo. Culturale e sociale, persino politico. Unito da alcuni valori, e lontano da altri disvalori. Nel nome dei quali compie e porta avanti una mission. In questo senso, dunque, un movimento culturale. Questo è vero ed è stato vero per diversi giornali. Lo è stato per quotidiani, settimanali, mensili. Dal tempo della carta al digitale, The Post Internazionale si è posto questo obiettivo dieci anni fa. Sempre nel segno della libertà. Oggi come allora.

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