“Quella è la prova che Berlusconi ha preso i soldi dalla mafia”: l’intercettazione fra i due indagati dello scandalo dossier
“Quella è la vera prova di colpevolezza di Silvio Berlusconi di come ha preso i soldi dalla mafia”. Lo dice Nunzio Samuele Calamucci a Massimiliano Camponovo in un’intercettazione telefonica agli atti dell’inchiesta sulla “fabbrica dei dossier” di Milano scoperta dalla Procura meneghina in collaborazione con la Direzione distrettuale antimafia del capoluogo lombardo. A rivelarlo è il Fatto Quotidinano.
La conversazione risale al 9 maggio 2023. Calamucci e Camponovo sono due tra le figure principali della presunta associazione a delinquere: il primo, 44 anni, è un informatico di Bollate, in provincia di Milano, mentre l’altro è un investigatore privato con esperienza ultratrentennale.
Entrambi sono soci della Mercury Advisor, una società d’investigazioni private che ha sede nello stesso stabile di via Pattari 6 in cui si trovano gli uffici della Equalize, considerata dagli inquirenti la società-perno della banda. È da qui, secondo l’ipotesi investigativa, che partiva l’attività di raccolta di informazioni riservate “per finalità di profitto oppure a scopo estorsivo e ricattatorio, per condizionare e influenzare all’occorrenza soprattutto i settori della politica e dell’imprenditoria”.
La telefonata in questione parte da Camponovo, che chiama il socio per aggiornarlo su alcune cose. A un certo punto l’investigatore domanda: “Ma cos’è quella roba lì invece del…di quella trascrizione?”. Calamucci risponde con una frase che lascia di stucco il suo interlocutore: “Quella è la vera prova di colpevolezza di Silvio Berlusconi di come ha preso i soldi dalla mafia…”.
“Wauuu dopo me la leggo anch’io allora…”, commenta Camponovo. Calamucci ride: “Non l’hanno mai fatta pubblicare…”, dice. Il suo socio riflette: “Porca miseria… eh roba pesante insomma”. “Sì, sì – risponde l’informatico – vabbè era giusto, sai quelle letture così da…”.
“Ma quindi non era vittima”, continua Camponovo: “Quindi era in affari che diverso”. E Calamucci conferma: “Esatto: vittima le palle”. Il socio insiste: “Allora è vero quello che si legge in giro, insomma che era proprio in affari…”. “Sì, sì, sì…”, ribadisce Calamucci.
Camponovo forse non è convinto: “Non era… Non era a rischio di sequestro dei figli per cui passava i soldi… sai che c’era”. “Ah… allora no… non so se… se lo vedi all’inizio ma troverai anche il carabiniere nome e cognome del carabiniere, che per casualità conosciamo anche che… ha fatto questa intercettazione in carcere”, dice Calamucci, riferendosi probabilmente all’autore dell’atto che i due stanno commentando.
Non è dato sapere a quale documento si riferiscano i due intercettati: i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Varese parlano di una trascrizione non meglio identificata. Ma sottolineano che, prima di quella telefonata, Calamucci “aveva inviato alcuni dati” a Camponovo, “tra quelli ricevuti da De Marzio e relativi al database del Ros di Milano”.
Secondo il Fatto Quotidiano, il riferimento è a Vincenzo De Marzio, ex carabiniere del Ros con incarichi nel Sismi (i Servizi segreti militari) che secondo l’inchiesta milanese forniva alla banda di via Pattari “contatti, intelligence straniere, clienti di altissimo profilo, informazioni e documenti riservati nonché un data base esfiltrato a suo tempo di dati di polizia e riservati sottratti con ogni probabilità al database del Ros”.
Negli ultimi trent’anni in più occasioni la magistratura ha indagato sulla provenienza dei capitali da cui è partita l’avventura imprenditoriale di Silvio Berlusconi. Qualsiasi accusa relativa a rapporti economici diretti tra il Cavaliere e la mafia non è mai stata dimostrata ed è sempre stata smentita.
C’è invece una sentenza, divenuta definitiva nel 2014, in cui si afferma che nel maggio 1974, “grazie all’opera d’intermediazione” del suo braccio destro palermitano Marcello Dell’Utri, Berlusconi strinse un “patto di protezione” con Cosa Nostra che prevedeva il pagamento di alcune somme di denaro da parte del futuro presidente del Consiglio in favore della criminalità organizzata in cambio di protezione per sé e per i suoi familiari. Pagamenti che secondo i giudici sarebbero proseguiti “sino a tutto il 1992” ma facendo un percorso inverso a quello di cui parlano Calamucci e Camponovo nell’intercettazione: i soldi andavano da Berlusconi alla mafia, non viceversa.
Per queste vicende – va precisato – Berlusconi è stato indagato, ma la sua posizione è stata archiviata, mentre Dell’Utri, nella sentenza richiamata sopra, è stato condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. I magistrati hanno ritenuto penalmente irrilevante la condotta del Cavaliere perché lo hanno considerato sostanzialmente come vittima di un’estorsione.
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