Autostrade, la sterzata di Conte: cosa rischia il Governo se revoca la concessione ai Benetton
Autostrade, domani cdm su Atlantia: governo diviso, i rischi della revoca
Il dossier Autostrade per l’Italia, che da giorni sta monopolizzando il dibattito politico, si avvicina al giorno della verità: domani, martedì 14 luglio 2020, è stato infatti fissato il cdm che deciderà sulla revoca della concessione alla società Atlantia, gestita dalla famiglia Benetton. Il Governo, però, arriverà spaccato in Consiglio dei ministri: mentre il premier Giuseppe Conte e il M5S spingono per formalizzare la revoca per “grave inadempimento” o far uscire i Benetton dalla controllata, giudicando troppo grave il comportamento della holding prima e dopo il crollo del Ponte di Genova del 14 agosto 2018, il Pd vuole invece un accordo con la società che detiene il controllo della gran parte delle autostrade italiane. Sulla stessa lunghezza d’onda Italia Viva. Al momento, dunque, le varie anime del Governo appaiono su posizioni inconciliabili. Il cdm di domani si presenta in forte salita, soprattutto perché ci sono da conciliare due aspetti fondamentali: la volontà dell’esecutivo di portare rispetto ai parenti delle vittime e quella di evitare alcuni importanti rischi per le casse dello Stato in caso di revoca della concessione ad Atlantia.
Governo diviso su Atlantia
Il Governo, come anticipato, arriva al cdm di domani fortemente spaccato. In un’intervista a La Stampa e a Il Fatto Quotidiano, Conte ha indicato la via che l’esecutivo intende seguire: “I Benetton – ha dichiarato il premier – non hanno ancora capito che questo governo non accetterà di sacrificare il bene pubblico sull’altare dei loro interessi privati. Hanno beneficiato di condizioni irragionevolmente favorevoli per loro: può bastare così. È altrettanto inaccettabile la pretesa di Aspi di perpetuare il regime di favore in caso di nuovi inadempimenti degli obblighi di concessione”. Parole, queste, che hanno provocato anche un crollo della società in Borsa del 12 per cento.
Conte, insieme al Movimento Cinque Stelle, spinge infatti per l’estromissione totale di Atlantia dalla controllata Autostrade. Ciò può avvenire attraverso una revoca oppure attraverso la vendita ad investitori pubblici e privati dell’88 per cento di capitale che la capogruppo detiene nella società concessionaria. Il Pd, invece, appare più cauto e propone di trovare un accordo con Atlantia: la società dovrebbe rinunciare alla possibilità di indire azioni legali contro lo Stato (ricordiamo, infatti, che la convenzione con Aspi scade nel 2038 e non c’è ancora alcuna sentenza contro Atlantia sul crollo del Ponte Morandi. Su questo i legali della holding potrebbero fare leva) e in cambio non ci sarebbe una revoca, ma solo un ridimensionamento interno con l’ingresso di Cassa depositi e prestiti nella società e l’abbassamento al 30 per cento delle quote detenute dai Benetton. Italia Viva, infine, ritiene “surreale” il dibattito sull’ingresso dello Stato in Aspi e si oppone.
Per questo motivo, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, la maggioranza nel cdm di domani sarà complicata da raggiungere. Pare infatti che in caso di voto sulla revoca, non arriverebbe il “sì” di Italia Viva, mentre il Pd potrebbe comunque acconsentire per evitare una crisi. A correre in aiuto della maggioranza, però, sarebbe Fratelli d’Italia, fortemente orientato verso la revoca. Per quanto riguarda il secondo scenario, quello dell’abbassamento del totale delle quote di Atlantia dentro Autostrade, il timore di Conte è che la holding dei Benetton continuerebbe a usufruire di utili e dividendi fino al 2038. Il premier non vuole assolutamente che il Governo sia socio (anche se di minoranza) della società responsabile del disastro di due anni fa.
La proposta di Atlantia
Nei giorni scorsi Atlantia ha recapitato al Governo una proposta di accordo per evitare la revoca della concessione. Il piano proposto dalla società prevede un risarcimento allo Stato di 3,4 miliardi di euro. Più gli oneri per la ricostruzione, le manutenzioni, la conferma di investimenti per 14,5 miliardi e altri 7 miliardi di manutenzioni programmate nell’arco della concessione. Nel testo della proposta c’è anche la rinuncia tombale a qualsiasi contenzioso e la riduzione dei pedaggi, come hanno chiesto i tecnici del dicastero guidato da Paola De Micheli, per ridurre del 3 per cento il rendimento per gli azionisti sul capitale investito portandolo al 7 per cento lordo come prescrive il modello dell’Authority dei Trasporti.
In un colloquio con Repubblica, i manager di Atlantia hanno dichiarato che la revoca porterebbe a un default di 20 milardi di euro: “Dal giorno dopo – hanno spiegato – vanno in default i 10 miliardi di debiti di Aspi nei confronti di banche e mercato, sempre che lo Stato non se li voglia accollare. Atlantia ha poi 5,5 miliardi di bond garantiti di Aspi più altri 5 miliardi di debiti suoi. Quindi nel complesso andrebbero in default circa 20 miliardi di prestiti, più tutti i crediti commerciali”.
Mentre il Pd ha reputato accettabile la proposta dei Benetton, il premier va in tutt’altra direzione: “La mia sensazione – ha dichiarato – è che Autostrade, forte dei vantaggi conseguiti nel tempo e di una concessione irragionevolmente rinforzata da un intervento legislativo, abbia scommesso sulla debolezza dei pubblici poteri nella tutela dei beni pubblici. A un certo punto Aspi si è irrigidita confidando, evidentemente, nella caduta del mio primo governo. Con questo nuovo governo si è convinta di avere forse delle carte da giocare e ha continuato a resistere. Solo all’ultimo si è orientata per una soluzione transattiva. La verità è che le varie proposte transattive fatte pervenire da Aspi non sono soddisfacenti. Lo Stato ha il dovere di valutarle per lo scrupolo di tutelare l’interesse pubblico nel migliore dei modi possibili. Ma adesso dobbiamo chiudere il dossier ed evitare il protrarsi di ulteriori incertezze”.
I rischi per lo Stato in caso di revoca della concessione
La revoca unilaterale della concessione (che, ricordiamo, scade nel 2038) rappresenta in ogni caso un azzardo da parte dell’esecutivo. I rischi giuridici, infatti, sono elevati. La maggior preoccupazione per il Governo Conte riguarda la possibilità che Atlantia ricorra ad azioni legali, visto che il processo sulla responsabilità del crollo del Ponte Morandi non si è ancora concluso. Inoltre c’è il nodo della penale di 7 miliardi di euro che lo Stato dovrebbe versare ad Atlantia per l’interruzione della concessione prima della scadenza. Una somma che, ha dichiarato oggi al Corriere della Sera il viceministro delle Infrastrutture Giancarlo Cancellieri (M5S), dovrebbe essere pagata dal nuovo concessionario.
In queste ultime 24 ore prima del cdm decisivo su Autostrade, l’esecutivo dovrà dunque trovare una soluzione di compromesso tra le varie posizioni. Ciò che è certo è che, se venisse confermata la revoca, avverrebbe l’immediato passaggio della rete autostradale all’Anas, come stabilisce l’articolo 35 del decreto Milleproroghe convertito in Parlamento a febbraio.
1. Ora Autostrade non diventi la nuova Alitalia: la nazionalizzazione non serve a nulla / 2. Caos Autostrade, 10 domande e risposte per capire cosa succede adesso / 3. Su Autostrade il Governo non ha più scuse: se è un bene pubblico, se lo riprenda
4. Ponte di Genova, la Consulta: “Legittimo escludere Autostrade dalla ricostruzione” / 5. Ponte di Genova, il comitato degli sfollati a TPI: “Siamo basiti, gestione ad Autostrade sconfitta della politica” / 6. Polemica per la gestione Autostrade del Ponte di Genova, Conte alle opposizioni: “Mi ricordano Ecce Bombo”