Autostrade, oggi il Cdm: revoca difficile, ipotesi commissariamento
Autostrade, oggi il Cdm decisivo: le ultime notizie
Nella serata di oggi, 14 luglio 2020, è in programma l’attesa riunione del Consiglio dei ministri (Cdm) sul dossier Autostrade. A 23 mesi esatti dal crollo del Ponte Morandi di Genova, il Governo è ancora fermo al bivio: revocare o no la concessione alla società Autostrade per l’Italia (Aspi), controllata dalla famiglia Benetton tramite la holding Atlantia? Sul punto la maggioranza è spaccata. E nelle ultime ore si sta facendo sempre più largo la possibilità che, alla fine, l’esecutivo decida di non decidere, optando per il commissariamento di Aspi.
Autostrade, revoca difficile
Nell’agosto 2018, poche ore dopo il disastro del Ponte Morandi, l’allora Governo Conte 1 annunciò l’imminente revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia, puntando il dito contro la responsabilità oggettiva di Aspi. Due anni dopo, la revoca è ancora oggetto di discussione. Non solo perché sul punto la maggioranza è divisa, ma anche perché la revoca è una strada complicata da percorrere dal punto di vista tecnico. Divorziare da Aspi esporrebbe infatti lo Stato al rischio di una rivalsa legale e la stessa Aspi al pericolo di un default.
In caso di revoca anticipata rispetto alla naturale scadenza della concessione (fissata per il 2038), lo Stato dovrebbe pagare ad Autostrade per l’Italia una penale. Questa penale, da contratto, ammonterebbe a circa 23 miliardi di euro, cifra che però lo scorso febbraio con il decreto Milleproroghe è stata ridotta a 7 miliardi. Gli avvocati di Aspi ritengono che questa riduzione sia illegittima e sarebbero pronti a impugnarla davanti alla Corte costituzionale. I manager di Autostrade, inoltre, paventano il rischio di un crac finanziario da 19 miliardi di euro per la società, che con la revoca non riuscirebbe a far fronte ai propri debiti.
La proposta di Aspi, il No di Conte
Nei giorni scorsi Autostrade per l’Italia ha presentato al Governo una proposta di accordo per evitare la revoca. Il piano prevede un risarcimento allo Stato di 3,4 miliardi di euro per il crollo del Ponte Morandi più gli oneri per la ricostruzione, le manutenzioni, la conferma di investimenti per 14,5 miliardi e altri 7 miliardi di manutenzioni programmate nell’arco della concessione. La proposta include anche la rinuncia tombale a qualsiasi contenzioso e la riduzione dei pedaggi. Il Governo ha risposto no.
“I Benetton non hanno ancora capito che questo governo non accetterà di sacrificare il bene pubblico sull’altare dei loro interessi privati. Hanno beneficiato di condizioni irragionevolmente favorevoli per loro: può bastare così”, ha dichiarato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, si è schierato con il premier.
Governo spaccato
Sul dossier Autostrade la maggioranza giallorossa è spaccata. Il Movimento 5 Stelle spinge per la revoca (la concessione passerebbe in questo caso nelle mani di Anas), mentre Pd e Italia Viva sono più propensi a cercare una intesa con Aspi impostata sull’abbassamento delle quote in mano ad Atlantia. Oggi la holding della famiglia Benetton detiene l’88% delle azioni di Autostrade per l’Italia: l’ipotesi sarebbe quella di procedere con un aumento di capitale in modo da diluire il pacchetto di Atlantia fino a farle perdere il controllo di Aspi. L’aumento di capitale potrebbe essere finanziato, ad esempio, da Cassa Depositi e Prestiti. Il premier Conte, dal canto suo, ha indicato due alternative: revoca della concessione oppure totale uscita di scena dei Benetton da Aspi.
Autostrade, ipotesi commissariamento
Alla luce delle divisioni politiche e degli ostacoli tecnici, il Cdm di oggi potrebbe alla fine decidere di non decidere, commissariando Aspi. Questa soluzione consentirebbe, da un lato, di estromettere i Benetton dalla gestione della rete autostradale e, dall’altro, di scongiurare il rischio di dover pagare cospicui indennizzi e di evitare default finanziari (e conseguenti ricadute occupazionali). Con il commissariamento di Autostrade, insomma, il Governo, prenderebbe altro tempo e rinvierebbe la decisione definitiva. Ancora una volta.
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