“Sono antifascista, alle Sardine ho chiesto un incontro ma hanno rifiutato”: parla il sindaco leghista di Ferrara
Intervista ad Alan Fabbri, primo sindaco leghista di Ferrara: "Mio nonno era partigiano, si suicidò dopo la guerra. Bella Ciao è una canzone figlia di quei tempi e non mi piace chi oggi la strumentalizza. Le regionali? Vi spiego perché in Emilia-Romagna è ora di cambiare"
Alan Fabbri: TPI intervista il sindaco leghista di Ferrara
Il 2019 per Ferrara è stato l’anno della rivoluzione leghista. Per la prima volta nella storia repubblicana la sinistra ha perso le elezioni comunali e il municipio è finito nelle mani del Carroccio. A guidare lo storico cambio della guardia è stato un 40enne originario della Bassa: Alan Fabbri, look trasandato con barba e codino, laurea in ingegneria dei materiali ed ex sindaco di Bondeno. Fabbri è da anni uno degli uomini di fiducia di Matteo Salvini in Emilia-Romagna. Alle ultime elezioni regionali, nel 2014, era stato lui l’avversario del centrosinistra e di Stefano Bonaccini. Allora fu sconfitto, ma a gennaio 2020 la Lega ci riproverà con Lucia Borgonzoni. E questa volta Salvini punta davvero al colpo grosso.
Un conto è la Regione come istituzione, un conto è parlarne come territorio. L’Emilia-Romagna è da sempre una regione ricca, quello che chiediamo noi è di amministrarla in maniera diversa. Cito solo alcuni punti. La sanità: Ferrara ha una mobilità di passiva che costa alla Regione circa 45-50 milioni di euro all’anno di persone che si spostano dal sistema sanitario ferrarese al vicino Veneto, che riesce a offrire tempi più veloci sulle operazioni più semplici e sulle visite specialistiche. Poi le infrastrutture: il nostro sistema produttivo regge nonostante la guida miope del Pd che in questi anni non ha saputo dare risposte, qua aspettiamo la Cispadana da quarant’anni. Infine il welfare: la Regione ha caratterizzato i servizi sociali non tanto per gli emiliano-romagnoli ma per chi viene da fuori. Per noi, invece, i regolamenti sulle case popolari devono essere più vicini ai residenti storici di questo territorio.
Qui a Ferrara ho chiesto loro un dialogo, ma c’è stato un diniego. Questo mi dispiace. Credo che alla fine le Sardine finiranno per compattare tutto l’elettorato di centrodestra: la loro è una protesta così banale che credo resterà confinata a questo movimento. Ci sarà un voto di protesta contro le Sardine.
Mio nonno era un partigiano bianco. Non parlava mai della guerra di liberazione. O almeno così mi diceva mia nonna: purtroppo non l’ho mai conosciuto perché si suicidò quando mio padre aveva 8 anni, per dire quanto il dramma della resistenza sia stato interiorizzato in maniera diversa da alcuni rispetto ad altri. Non mi piace strumentalizzare questa canzone perché è figlia di quel tempo. E oggi non può essere usata per andare contro un avversario. È facile essere antifascisti quando non c’è il fascismo, è più difficile esserlo quando il fascismo c’è.
Certo. Io sono contro il fascismo. Ma sono anche contro chi usa l’antifascismo come copertura mediatica addossando l’aggettivo fascista a chi non è di sinistra.
Il successo è stato di una coalizione ampia di centrodestra: abbiamo vinto principalmente nei quartieri popolari e nelle frazioni, cioè nelle zone abitate dalle persone meno abbienti. Abbiamo fatto una campagna elettorale parlando di temi concreti come la sicurezza e l’economia. A Ferrara si è puntato sulla cultura, giustamente, ma, se non riusciremo a valorizzare anche le nostre industrie, questo territorio resterà sempre il fanalino di coda dell’Emilia-Romagna.
È sicuramente un’elezione anche di carattere nazionale. Il cuore pulsante del Pd è in questa regione: se i dem perderanno queste elezioni ci dovrà essere un’analisi approfondita non solo all’interno del loro partito ma anche all’interno del governo. In più le elezioni diventano nazionali nel momento in cui il governo sta facendo scelte molto impopolari in questa regione, come le tasse su plastica e zucchero.