“Scendiamo in piazza e interroghiamoci sui bisogni reali delle persone”: a TPI parla Aboubakar Soumahoro
Aboubakar Soumahoro, attivista sociale e sindacale, racconta a TPI l’emozione vissuta a Milano quando a partecipato alla marcia dei sindaci in difesa di Liliana Segre
Aboubakar Soumahoro: “Interroghiamoci sui bisogni reali della piazza”
“Ho provato un’emozione nel poter stringere la mano a Liliana Segre. Era un dovere stare lì. Era un richiamo alla salvaguardia della memoria che dovrebbe essere collettiva. Stiamo parlando di ciò che il passato ha scritto non sulle onde del mare, ma sulla roccia stessa”.
Aboubakar Soumahoro, attivista sociale e sindacale, racconta a TPI l’emozione vissuta ieri a Milano, quando seicento sindaci sono arrivati da tutta Italia per dire no all’odio, al razzismo, all’intolleranza ma soprattutto per testimoniare la loro solidarietà a Liliana Segre, la senatrice a vita, sopravvissuta ai campi di sterminio nazista, che è sotto scorta dopo aver ricevuto ripetute minacce antisemite.
Il sindaco Sala e il sindaco di Pesaro hanno fatto bene a lanciare questa iniziativa. Dobbiamo ricordare che stiamo parlando dei valori dell’antifascismo, lo ricordo a me stesso e a tutti che sono valori che devono essere condivisi. Fanno parte della nostra Costituzione. C’è poi il quotidiano, c’è quello che bisogna fare all’interno delle scuole, dei quartieri, nelle periferie, tenendo insieme i valori dell’antifascismo, la solidarietà e la giustizia sociale. Vanno coniugati insieme. Come i temi del disagio nelle periferie.
Questa è la dimensione materiale attorno alla quale vengono a volte illuse le persone, senza spiegare loro le vere ragioni del malessere. Stiamo parlando di uomini e donne che hanno vissuto non sono la mostruosità, ma di aver reso normale questa disumanità, come diceva Hannah Arendt.
L’indifferenza è un esempio di questa disumanità. L’indifferenze per i decreti sicurezza, che sono ancora lì. Ci rendiamo conto dell’indifferenza che manifestiamo nei confronti di chi è alla ricerca di una vita migliore, o del vicino di casa che vive forme di privazione dei diritti basilari?
Mettiamo al centro la persona. Nessuno deve vivere queste forme di indifferenza.
Stiamo vivendo un momento molto particolare: da un lato abbiamo processi come quelli attivati dalle nuove tecnologie e internet che avvicinano luoghi lontani, dall’altra parte c’è una sorta di terra di nessuno che è il web dove vivono gli anonimi della tastiera.
È possibile immaginare regole di base per questo luogo? Le basi stesse della democrazia sono messe a repentaglio. Quello che stiamo vivendo a livello della vita reale va analizzato anche considerando le altre dimensioni. Non si può immaginare di leggere i bisogni delle persone senza considerare questo contesto. I giovani vivono una sensazione di vuoto di senso.
Per riportare il virtuale nel mondo reale bisogna portare il mondo reale nel virtuale come veicolo, altrimenti sembriamo tanti, quando in realtà siamo soli.
È una dimensione immateriale, come le dimensioni delle disuguaglianze sociali. Viviamo l’era del consumismo e della pigrizia intellettuale. Proviamo a immaginare invece cosa provano le persone reali, come i pendolari, gli insegnanti ad esempio. Il salario che percepiscono a che punto è? Bisogna interrogarsi su questi elementi. È chiaro che è un insieme di bisogni che vibrano nella società ma che dall’altra parte non sembrano essere osservati con la dovuta attenzione dalla politica.
Ci sono tante iniziative che vengono portate avanti nei vari territori e che hanno varie articolazioni, ma bisogna tenere al centro il cuore che non può prescindere dai temi della giustizia sociale. Ci sono problemi reali: la questione del Mezzogiorno, l’Ilva, la Whirlpool. Cos’è oggi la qualità del lavoro? La precarietà? Attorno a queste domande che giustamente vengono portate sulla piazza, c’è oggi a livello politico la capacità di interpretare questi bisogni, questi desideri?
Parliamo di partecipazione, di connettere queste varie lotte che ci sono. Non vanno dimenticate. C’è chi ha usato il megafono della distrazione, del disorientamento, i venditori di illusioni si fanno sentire. Ma dall’altra parte c’è un ambito silenzioso e rispettoso che usa le parole per creare comunità. Oggi si parla di individui come se si parlasse di numeri, invece c’è carne viva dietro.
Non si può parlare di giustizia climatica scollegandola dalla giustizia sociale o dalla giustizia fiscale. La stessa cosa vale per l’antifascismo. Ma non può essere sventolato così, senza tener conto delle condizioni materiali nelle quali le persone si ritrovano. Tenere insieme diritti civili e giustizia sociale è fondamentale.
Lì dove si parla di giustizia sociale, lì dove si parla di antifascismo, di diritti e dignità delle persone ovunque sia, bisogna avere il massimo rispetto, la massima attenzione e considerazione.