La videolettera di Riccardo Bocca: “Caro Salvini, dietro il flop del voto c’è il fallimento della sua icona di superuomo”
La videolettera di Riccardo Bocca: 24 settembre 2020
Carissimo Matteo Salvini,
Le invio questa videolettera perché, tra tutte le sciagure che potevano capitarle per questo referendum costituzionale e il voto locale, le è piombata addosso la peggiore. Ovvero risultare opaco, usurato e soprattutto superato. Proprio lei che è il fuoriclasse dello stare sempre sopra le righe, dell’energia brutale contro tutto e tutti, si è ritrovato a balbettare sulla sua seconda rivoluzione fallita: dopo quella dell’Emilia-Romagna, quella nella rossa Toscana, che resta comunque rossa.
Sono trascorsi secoli dall’estate del Papeete, quando sull’onda di un’arroganza e di una goliardia tipica da cinepattone, non puntav a una marcia su Roma ma alla conquista dell’intero Paese. Altro che poteri forti, oggi il suo destino è quello di barcollare tra uno spintone dell’alleata Giorgia Meloni e uno sgambetto del compagno di partito Zaia.
Il fatto, caro Salvini, è che lei sembra sempre spargere pensieri fake. Non è credibile quando riempie di coccole il Meridione dopo averlo massacrato di insulti, non è credibile quando brandisce il rosario in situazioni che sembrano più strumentali che vocazionali. Non parliamo poi di quando dice di essere tranquillo per le sue inchieste giudiziarie. E non voglio parlare assolutamente di come cerca di coprire l’aggressività verso i migranti con un paio di occhiali da “cumenda”.
Tutto odora di marketing e manipolazione. Strumenti profondamente stonati dopo il lockdown e i 35mila morti che stiamo ancora piangendo. Questo è il momento della calma, della ragionevolezza, della progettualità a lungo termine e della condivisione. Tutte materie in cui lei sarebbe non solo rimandato a settembre, ma anche bocciato.
Questo non significa che il suo personaggio sia al crepuscolo politico, né tantomeno che la sua Lega – quella che lei ha portato dal 3 al 30% – abbia esaurito la propria spinta propulsiva. Però dietro a questo dato elettorale c’è qualcosa di più profondo e grave: il fallimento della sua icona di superuomo. Quello che corre da una piazza all’altra. La recita è finita, il circo populista sbanda, è tempo di realtà.
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