Goodbye America! Così la politica di Trump può favorire la rinascita della Cina

Gli Usa non guidano più, semplicemente si ritirano. In questo vuoto può inserirsi Pechino, grazie a infrastrutture, investimenti e diplomazia silenziosa. Ma un’Europa spaesata, davanti a un bivio storico, può scrivere il proprio destino
C’era una volta l’America. Faro del mondo libero, paladina dei diritti civili, baluardo della democrazia liberale e protagonista dell’economia di mercato. Oggi, con Donald Trump alla Casa Bianca, quell’America appare come un’eco sbiadita di un’epoca che fu.
Il recente scandalo del “Signalgate”, in cui si è scoperto che membri chiave dell’amministrazione statunitense discutevano piani sensibili sulla difesa attraverso canali non criptati eludendo la trasparenza istituzionale e quindi il confronto parlamentare, è solo l’ultima goccia di un vaso ormai traboccante all’interno del quale è contenuta l’essenza del fallimento della politica estera americana.
Gli insulti rivolti agli alleati europei – definiti «parassiti che vivono sulle spalle degli Stati Uniti» – segnano un punto di rottura, forse di non ritorno. Rinfacciare al Vecchio Continente di aver pagato per troppe volte il conto della storia offre tuttavia a Bruxelles l’opportunità per capire che Washington ha un’idea fin troppo chiara in questa politica dichiaratamente bellicosa: esternalizzare la difesa del blocco occidentale a noi europei, accollandoci interamente i costi.
Almeno un tempo esisteva un velo di ipocrisia nell’accezione dell’armiamoci e partite, nel senso che noi ci armavano (a caro prezzo rimpinguando le casse Usa) e loro ci proteggevano dicendo di farlo nel nostro interesse. Oggi Trump, che del sistema se ne infischia, ha portato le relazioni Ue-Usa a un livello ancora successivo: non solo ci mollano, abbandonandoci al nostro misero destino di «parassiti», ma nel nome di un interesse geopolitico che rischia di essere tutto fuorché il nostro ci dicono che dobbiamo armarci e combattere per loro senza che loro partecipino più nemmeno moralmente.
L’America non guida più, l’America semplicemente si ritira. I dazi imposti in modo unilaterale e sconsiderato rischiano di essere il più grande flop per gli Usa e per l’Europa, colpendo soprattutto piccole e medie imprese europee, e scatenando guerre economiche di cui solo la Cina può in fin dei conti approfittare. È nel vuoto lasciato dagli Stati Uniti che può inserirsi Pechino, grazie a infrastrutture, investimenti e diplomazia silenziosa tramite la quale sta tessendo la sua tela planetaria. Così la politica del Make America Great Again di Trump può, per paradosso, favorire una nuova rinascita della Cina.
Con la sua dottrina isolazionista e protezionista, Trump sta decostruendo pezzo dopo pezzo l’ordine mondiale su cui si è retto l’Occidente dal secondo dopoguerra a oggi. E mentre le autocrazie si stringono la mano si assiste a un’inedita convergenza di interessi tra potenze che condividono un unico obiettivo: mettere fine al modello liberal-democratico occidentale. Disegno che Trump stesso sposa a pieno. Nel frattempo, le istituzioni multilaterali che un tempo garantivano la stabilità – Onu, Nato, Wto – si trovano svuotate e nel migliore dei casi marginalizzate.
Ma non è solo una questione geopolitica o commerciale. L’America trumpiana è anche teatro di un degrado culturale senza precedenti. L’istruzione è sotto attacco così come lo è la libertà di stampa e di parola. Lo si capisce dalle azioni quotidiane, certo, ma anche dalle parole scelte ogni giorno dalle donne e dagli uomini di questa amministrazione, che più che ministri somigliano a dei gangster con la pistola carica illusi che combattere i simboli ideologici contro cui si scagliano serva a nulla se non a farsi dimenticare più in fretta. È il ritorno del clan, non dello Stato.
Così finisce un’epoca. L’era in cui l’Occidente, a torto o ragione, parlava con una voce sola. Oggi ci troviamo davanti a un bivio storico: da un lato un’America sempre più isolata, rabbiosa e in decadenza; dall’altro un’Europa spaesata, ma potenzialmente in grado di scrivere il proprio destino. È l’era di un nuovo mondo. E forse anche di un nuovo, ed alternativo, Occidente, da costruire senza più dipendere da Washington. Sta a noi europei – se ne saremo all’altezza – riscrivere le regole del gioco. Non sarà facile, ma è l’unica strada per non scomparire. L’alternativa è restare spettatori di un mondo che cambia – senza di noi.