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Quelli che “coi talebani non si dialoga” ma in realtà lo fa già tutto il mondo. Compreso Draghi col dittatore Erdogan

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La feroce polemica contro Giuseppe Conte sulla sua presunta (e in realtà inventata) “apertura ai talebani” è una strepitosa patacca che merita di essere studiata con attenzione. Nel senso che è frutto di una operazione di sapiente ritaglio che ha cambiato radicalmente il senso della frase dell’ex premier, prima stravolgendolo, e poi addirittura ribaltandolo.

Nel giro di 24ore, infatti (accade da due giorni, e non ancora è finita) non c’è testata che non abbia riportato una pioggia di critiche a questa frase, che la abbia sottratta al contesto in cui era detta, e privata di quello che prima e dopo Conte diceva nel discorso. Ed ecco il lavoretto di forbici: “(Occorre) “coltivare – diceva Conte – un serrato dialogo con il nuovo regime in Afghanistan che appare, almeno a parole, su un atteggiamento abbastanza distensivo”. Letta così, senza sapere cosa dicesse Conte nel suo discorso, si potrebbe dire: una frase maldestra. Perché l’aggettivo “distensivo”, riferito ad un regime sanguinario, ovviamente stride.

Ma bastava aggiungere la frase successiva a quella incriminata perché il senso del discorso si ribaltasse completamente: 1) “Dopo – diceva Conte – valuteremo se per esempio, gli accordi di Doha fatto dagli americani nel 2020 sono stati sbagliati nei contenuti e troppo concessivi nei confronti dei talebani”. 2) “Dopo valuteremo se si poteva ottenere di più o no, se si poteva prevedere, come credo possibile, un esito così rapido”. 3) Dopo valuteremo “se si poteva insistere di più con le armi della diplomazia e del sostegno finanziario ed economico”.

Aggiungendo questa parte del ragionamento, la frase “ritagliata” di Conte cambia completamente senso. Ovvero l’ex premier non sta dicendo che l’accordo era giusto è auspicabile, ma – piuttosto – sta criticando la trattativa condotta dagli americani a Doha (“accordi sbagliati nei contenuti”) e, proprio partendo da quell’errore americano, che secondo la lettura di Conte aveva liberato il campo all’offensiva talebana, si domanda se (a quel punto) si potesse ottenute di più con le armi della diplomazia. Ed é proprio in funzione di questo obiettivo che il discorso dell’ex premier (giusto o sbagliato che fosse, aggiungo io) spiegava: non bisognava escludere dal tavolo delle trattative non tanto i talebani, ma i paesi che li avevano protetti, o che erano rimasti indifferenti.

E Conte questi paesi li citava esplicitamente: “Russia e Cina”, e “il Pakistan”. Ecco il famoso finale del ragionamento: “L’Occidente deve coinvolgere tutte le comunità per raggiungere l’obiettivo di tenere i talebani in un dialogo serrato”. Ovviamente si tratta di un ragionamento svolto nella lingua tecnica della diplomazia fra Stati, ma si può facilmente chiarire in questi termini: 1) gli americani hanno sbagliato a trattare con i talebani a Doha (e su questo a mio modesto avviso non c’è dubbio che Conte avesse ragione) 2) forse dopo questo errore si poteva ottenere di più con qualche pressione economico-diplomatica (io non ho elementi per dire se fosse possibile, forse lui sí) 3) adesso non bisogna ripetere l’errore di agire da soli (come gli americani che avevano trattato la loro resa con i talebani escludendo addirittura il governo afghano!) e coinvolgere i veri protettori dei talebani (cioè il Pakistan) e le due grandi potenze asiatiche apparentemente “neutrali” (Cina e Russia) per incastrare i talebani e costringerli a trattare. Su cosa? Conte lo ha spiegato molto bene: sui corridoi umanitari, sulla possibilità (visto che ormai controllano il territorio e l’accesso agli aeroporti) di mettere in salvo il più alto numero di dissidenti con un ponte umanitario.

Ora: io non so nemmeno se questa oggi sia sulla strategia giusta (mi pare che sia una saggia idea di “riduzione del danno”), per sottrarre più persone possibili alle brutalità dei macellai vendicativi. So che ritagliando due frasi, con sapienza maliziosa, e omettendo il cuore del ragionamento (un errore la trattativa con i talebani a Doha) si è completamente ribaltato, per due giorni, il senso del ragionamento di Conte: la critica ad una trattativa sbagliata, e l’invito ad una trattativa selettiva (come salvare vite dopo questo errore) è stato trasformato addirittura in un mezzo elogio dei talebani (“distensivi”), e in un invito a mettersi genericamente al tavolo con loro (tralasciando la domanda ovvia: su cosa?).

Ma per ora lasciamo perdere il paradosso: usando lo stesso criterio malevolo, si scopre che anche nel celebre caso della polemica di Mario Draghi su Taryp Erdogan una così spregiudicata operazione di ritaglio avrebbe potuto offrire lo stesso inebriante effetto di possibile ribaltamento di senso. Draghi, infatti, aveva detto (e tutti i media hanno titolato su questo): 1) “Non condivido assolutamente Erdogan, credo che non sia stato un comportamento appropriato”. 2) “Mi è dispiaciuto moltissimo per l’umiliazione che la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dovuto subire”. Ma subito dopo il presidente del Consiglio, parlando del cosiddetto “SofaGate” aveva aggiunto: 3) “Con questi dittatori, chiamiamoli per quello che sono”, aveva detto in un inciso il premier (riferendosi sempre a Recep Tayyip Erdogan), 4) “di cui però si ha bisogno”, 5) “uno deve essere franco nell’esprimere la propria diversità di vedute e di visioni della società” 6) e “deve essere anche pronto a cooperare per assicurare gli interessi del proprio Paese”.

Ecco un esercizio di criticità utile. Trattando il discorso di Draghi con la stessa spregiudicatezza ostile con cui si era trattato quello di Conte, dunque, si potevano fare due titoli del tutto opposti. Il primo, poggiando sui concetti 1) 2) e 3) “Erdogan è un dittatore, non condivido assolutamente quello che ha fatto alla Von Der Leyen”. Perfetto. Ma usando altre frasi dello stesso discorso si sarebbe potuto scrivere anche l’esatto contrario, basandosi sui concetti 4) e 6): “Abbiamo bisogno di Erdogan, bisogna essere pronti a trattare con lui”. Ovviamente nessuno – tranne il popolo della rete, ha fatto questa seconda scelta comunicativa.

Ecco dunque un esempio in cui, manipolando la titolazione, si può ribaltare l’agenda della politica, stravolgere il pensiero di un leader, costringerlo ad difendersi in un angolo, attribuendogli il contrario di quello che pensa (come è accaduto con Conte). Vi lascio per un attimo immaginare cosa sarebbe accaduto – in quel caso – se Renzi e gli uomini del coro di Italia viva, se i principali editorialisti, fraintendendo volutamente Draghi, lo avessero bombardato per un giorno, (ripresi con generosa evidenza da tutte le agenzie) com queste accuse: “Da Draghi un vergognoso invito a trattare con Erdogan”, “il premier elogia un dittatore in nome della più cinica real politik”. Ah, già, non bisogna fare nessuno sforzo ipotetico. È esattamente quello che è accaduto con la frase ritagliata di Conte.

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