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Tagliare i parlamentari non serve a niente. Anzi, peggiora le cose: ecco perché

Immagine di copertina
Credit: Filippo MONTEFORTE / AFP

La riforma costituzionale targata Pd e M5S non farà risparmiare soldi e creerà problemi di rappresentanza e di equilibri istituzionali. Il commento di Luca Telese

Taglio dei parlamentari: ecco perché sono contro (di Luca Telese)

Diciamolo chiaramente: il taglio dei parlamentari è un provvedimento privo di qualunque senso logico, politico e istituzionale. Non porta risparmi, anzi aumenta gli sprechi, (e tra poco spiegherò perché). Diminuisce la rappresentanza, non solo sui territori, ma anche nella società (e questa non è mai una buona cosa). Aumenta di fatto la soglia dello sbarramento elettorale in modo neanche tanto occulto. Impone delle modifiche costituzionali che (spero) dovranno essere varate al più presto, pena il paradosso legislativo e la modifica degli equilibri parlamentari più delicati (ad esempio l’assemblea elettiva della presidenza della Repubblica).

Domanda: ma perché si vota questa legge? Risposta: perché è uno dei primi punti sottoscritti nel patto di governo giallorosso. E se la misura è stata inserita nel patto di governo questo è accaduto essenzialmente per due motivi. Il primo: per i Cinque Stelle, che l’hanno votata, questa riforma è l’ultima bandiera rimasta, tra le tante battaglie identitarie abbandonate in questi mesi nel passaggio dal partito della proposta a quello della protesta. Il secondo: per il Pd, che l’ha avversata in questi anni di iter parlamentare (addirittura votando contro) è stato proprio il taglio dei parlamentari il grimaldello grazie a cui è stata scardinata l’alleanza gialloverde.

Ma questa è la politica, e la storia recente ci insegna che non si dovrebbe mai mettere mano alle architetture istituzionali in nome di una convenienza di parte, o in cambio di una aspettativa di crescita. È invece quello che regolarmente è stato fatto, a partire dall’orrida da riforma del titolo V (che fatta dal Pd per fermare la Lega ha in realtà scatenato la sua battaglia sull’Autonomia), per passare al referendum Renzi (fortunatamente bocciato dagli elettori).

Il primo punto che bisogna spiegare agli elettori, invece, è questo: risparmiare gli stipendi (un pugno di milioni di euro sono nulla, rispetto ai costi della democrazia) non significa affatto risparmiare denaro, ma sprecarlo: tutta la struttura del Parlamento, infatti, è modellata sulla dimensione dei mille parlamentari. E questo costo non può essere tagliato, trattandosi di dipendenti assunti a tempo indeterminato (peraltro molto ben pagati), servizi parlamentari, spazi logistici (ad esempio gli uffici) e servizi.

Tagliare cinquecento parlamentari su mille è come pensare di avere una Ferrari e illudersi di risparmiare riempendo solo mezzo serbatoio, invece di fare il pieno. Ti illudi di aver tagliato cento euro di benzina, ma in realtà il superbollo, la superassicurazione, i super tagliandi e il garage li paghi ugualmente. Quindi, a parità di costi fissi, esattamente come accadrebbe per il parlamento, spendi molto più per ogni chilometro percorso.

E passiamo alla rappresentanza: è il cuore della democrazia, e dovrebbe essere un valore anche per il M5S. Gli stessi pentastellati, se i criteri fossero stati questi – più restrittivi -, non sarebbero potuti entrare nelle assemblee elettive all’inizio della loro ascesa. Senza contare che dei collegi molto ampi, come quelli che verrebbero determinati dal taglio, renderebbero gli eletti più distanti e difficili da raggiungere da parte degli elettori.

Quanto alla soglia di sbarramento: anche se la nuova legge elettorale non la contenesse sarebbe introdotta di fatto per un motivo molto semplice: se dimezzo gli eletti, si raddoppia il numero dei voti che serve per fare un quorum.

E infine l’equilibrio istituzionale: se adesso le regioni esprimono il dieci per cento dell’assemblea che elegge il capo dello Stato, dopo il taglio il loro peso percentuale – rimanendo invariato – verrebbe di fatto raddoppiato. Deve quindi essere votata una modifica costituzionale che riequilibri i pesi e i contrappesi. Dicono i boatos che PD e M5s immaginano di introdurre una legge proporzionale pura per compensare e bilanciare tutti questi squilibri. Ma il Pd è sempre stato a favore di una legge maggioritaria a doppio turno e al momento nessuna proposta è stata ancora presentata, obbedendo alla prescrizione di Di Maio: “Prima facciamo il taglio, poi vedremo tutto il resto”.

Ma questa è una logica che in campo istituzionale non ha senso: sarebbe come dire che per ricostruire una casa prima si parte dal tetto, e poi “si vede tutto il resto”. Come è evidente bisognerebbe invece rifare tutto da capo e in modo diverso. Non accadrà: l’opportunità politica e il calcolo di bottega prevalgono – ancora una volta – sul buonsenso.

 

 

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