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Lo stile Conte: pacato e rassicurante, capace di dare una prospettiva a questa Italia malconcia

Immagine di copertina
Il premier Giuseppe Conte. Credit: EPA/FILIPPO ATTILI

Lo stile Conte: pacato e rassicurante, capace di dare una prospettiva a questa Italia malconcia

C’è un prima e un dopo. C’è stato il tempo delle polemiche e c’è adesso il tempo dell’unità nazionale. Nessun governissimo, nessun presunto Mandrake a occuparsi di ciò di cui dobbiamo prenderci cura collettivamente, nessuna formula magica né luogo comune né battaglia insensata e fuori luogo. Ci sarà tempo per il dibattito politico ma non ora.

Il governo ha varato ieri sera misure tremende, drastiche come non se ne vedevano dai giorni della guerra: misure talmente draconiane che solo chi ha quasi novant’anni può ricordarsene di analoghe perché ci conducono all’epoca di Kappler e dell’occupazione nazista a Roma. Non ci sono le bombe, non c’è la Linea Gotica, Mattarella è saldamente al Quirinale e di sicuro non fuggirà a Brindisi come fece Vittorio Emanuele III in quella lontana e amarissima stagione.

C’è, però, un’emergenza da fronteggiare e bisogna prendersi per mano. Bando ai cattivismi, a chi propone uno Stato di polizia che neanche nella Romania di Ceaucescu, a chi dice sciocchezze e a chi minimizza quello che è, a tutti gli effetti, un dramma collettivo. Il presidente Conte, nel suo discorso di ieri sera, ha avuto la saggezza di mostrare l’infinita fragilità e, al contempo, la straordinaria forza di cui dispone il nostro Paese.

Se c’è un insegnamento che possiamo già trarre da questa vicenda è che siamo assai migliori di quanto siamo soliti rappresentarci, di quanto amino descriverci certi editorialisti e opinionisti, di quanto siamo convinti di essere noi stessi. Per qualche cialtrone che va a sciare pur abitando nell’epicentro del Coronavirus, infatti, ci sono coloro che vanno a fare la spesa per gli anziani, i volontari, chi si mette a disposizione in vari modi, una solidarietà incredibile e un affetto nei confronti del prossimo che si vede a occhio nudo e che l’informazione farebbe bene a non trascurare.

Ci sono state le file in alcuni bar, certo, ma ci sono anche tanti ristoratori che hanno chiuso autonomamente prima del discorso di Conte, comprendendo che non conveniva loro rimanere aperti e che, per senso civico, pur trattandosi di un danno enorme alla loro attività, era giusto fare così.

Quanto a Conte, ieri ha affermato definitivamente il proprio stile. Pacato, rassicurante, colto, ricco di positività e in netto contrasto con i toni allarmistici di altri esponenti politici: parlando, ha dato voce all’Italia buona e civile, che c’è e alla quale è giusto offrire rappresentanza. Il presidente del Consiglio ha dimostrato in questi mesi, diciamo dallo scorso 20 agosto in poi, toccando l’apice in questa fase terribile, di essere un vero uomo di Stato, una figura capace di fornire rassicurazioni e consigli a un’Italia malconcia e messa ancor più in ginocchio da un evento che nessuno era in grado di prevedere.

Se aveva commesso un errore, fino a quel momento, era stato quello di non spiegare adeguatamente le misure che aveva assunto, di decidere senza dare l’impressione di voler capire e ascoltare le esigenze dei cittadini, comprese le meno serie, quelle apparentemente trascurabili e invece essenziali in una fase così delicata. Ieri sera ha parlato e ascoltato al tempo stesso, ha preso per mano la Nazione ed è stato sincero: umanità, rigore, rispetto, il tutto condensato nei pochi minuti di una diretta Facebook che, senza retorica, rimarrà.

Allo stesso modo, rimarranno le lacrime del sindaco di Bari, Antonio Decaro, al cospetto della sua città resa spettrale dai decreti di questi giorni. Strade vuote, locali chiusi e il profondo dolore di un uomo, prim’ancora che di un amministratore, immerso in una catastrofe senza precedenti. Eppure, in quel gesto, in quella commozione non cercata, non voluta ma spontanea, abbiamo visto un uomo innamorato della sua terra, una persona che non ha avuto paura di mostrarsi fragile, di confessare la sua passione per ciò che siamo stati costretti ad accantonare, di esprimere, nonostante tutto, ottimismo e fiducia nel futuro.

Questa è la buona politica di cui abbiamo bisogno, la politica che può far tornare milioni di disincantati a innamorarsene, la politica che c’è e finalmente fa notizia, che abbiamo il dovere di sostenere e di votare per scacciare via l’altra, quella pessima che giustamente rifiutiamo. Nelle parole e nei gesti di Conte e Decaro abbiamo trovato la normalità e la competenza di cui abbiamo bisogno, una rappresentanza garbata che rende improvvisamente ridicoli gli esagitati di tutti gli schieramenti, con annessi scribacchini al seguito, e che ci induce a guardare con speranza al domani.

Diceva il maestro Enzo Biagi: “Sono contento di essere italiano per l’umanità della mia gente che si rivela quando le cose vanno male. Noi siamo un grande popolo nei momenti difficili”. Lo saremo anche stavolta e, quando questa pandemia sarà finalmente stata sconfitta, saremo senz’altro più forti. Saremo forse la comunità che prima, a volte, faticavamo a essere, in quanto avremo imparato sulla nostra pelle che i diritti non sono mai acquisiti per sempre e che il valore supremo della democrazia va difeso ogni giorno perché è ciò che ci salva davvero e ci consente di andare avanti insieme quando è impossibile ricorrere a soluzioni normali.

 

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