Lo Stato paghi le bollette: non è solo un giornale che lo chiede, ma 90mila cittadini (di G. Gambino)
Un giornale che è in grado di dialogare e di confrontarsi con i suoi lettori non ha solo il compito di denunciare fatti e storie, magari poco note e grazie ad esso divenute di dominio pubblico, ma anche quello di farsi portavoce di una fetta della società che non ha voce. Di rappresentarne le istanze. E di chiederne conto a chi ha potere decisionale.
Ciò che sta accadendo nel nostro Paese ci riporta a cinquant’anni fa, quando l’inflazione (come oggi) crebbe a tal punto che fu necessario da parte della politica e dei sindacati, d’accordo con le imprese, mettere in campo uno strumento come la scala mobile che compensava in automatico la perdita del potere di acquisto dei salari. Oggi la politica non esiste più, o meglio esiste ma è muta, vittima e preda di chi le garantisce la sua stessa sopravvivenza. Perciò a farsi portavoce delle istanze degli ultimi devono essere anche giornali come il nostro.
L’intento di questa nostra copertina è semplice: chiedere, senza facili demagogie e strumentalizzazioni, un intervento immediato dello Stato affinché si faccia carico del 50 per cento dei rincari delle bollette per le famiglie più bisognose e per le imprese. Senza aumentare il debito pubblico. E attingendo da fondi che lo Stato, cioè la politica, non ha mai voluto intaccare del tutto.
Alle famiglie abbiamo voluto dare voce in un ampio servizio che racconta chi sono, da dove vengono, quali sono le loro storie, e le problematiche che oggi si trovano ad affrontare. Sì, perché il tema dell’aumento vertiginoso delle bollette non ha solo conseguenze sul piano economico e sulle tasche degli italiani (molti dei quali non riusciranno a sostenere queste spese) ma ha implicazioni dirette anche sulle scelte che ciascuno di noi deve compiere nella vita quotidiana. Il che, più banalmente se preferite, significa che Loredana, una delle protagoniste della storia che vi raccontiamo, dovrà scegliere se riscaldare casa propria o la minestra per lei e la sua famiglia. Dualismi di draghiana memoria.
Per le imprese energivore (come la nostra, ad esempio) invece la posta in ballo è forse persino più grave a causa della portata che comporterebbe un loro fallimento: tanto sul piano della tenuta dei servizi che erogano quanto su quello strettamente economico, visto che decine di migliaia di posti di lavoro sono a rischio e con loro l’intero indotto della filiera.
Così, in assenza di una risposta coesa da parte dell’Unione europea, che pare sapersi muovere e marciare unita solo per la corsa folle al riarmo (servendo tra l’altro gli interessi di Washington, non certo i suoi), la Germania decide di fare da sé stanziando 200 miliardi di euro e l’Italia resta a guardare.
In questo modo, ancora una volta, l’indipendenza energetica passa in secondo piano e il tanto ambito “Recovery energy plan” rimane un sogno nel cassetto per quasi 500 milioni di cittadini europei. Un’altra occasione persa.
Anche perché con la recente vittoria in Italia di Giorgia l’Americana, un probabile governo Meloni farà tutto fuorché gli interessi degli europei, cioè degli italiani, perseguendo tanto in politica estera quanto nelle ricette economiche la stessa linea adottata da Mario Draghi.
Una pessima notizia per noi italiani, ottima per Washington. Che così come già fu con Super Mario potrà continuare a non servirsi di un ambasciatore Usa in Italia (posizione vacante da tempo ormai): tanto facciamo tutto noi per loro.
Del resto, se ci pensate bene, questa stessa crisi energetica che stiamo raccontando da mesi, responsabile tra le altre cose anche delle bollette impazzite di cui noi italiani oggi dobbiamo farci carico, nasce dalle conseguenze del conflitto in Ucraina e dalla speculazione che ne è seguita. Una prova ulteriore di come gli interessi europei quasi mai possano coincidere con quelli americani, in ultima istanza.
La nostra proposta, che si è presto trasformata in un appello sul nostro sito e sulla piattaforma Change.org, è stata sottoscritta da oltre 90mila cittadini (al momento in cui andiamo in stampa). Ed è sostenuta da esperti del settore.
Riteniamo che oggi esista lo spazio per intervenire in un’Italia già profondamente affossata dalla mancanza di lavoro, colpita dalle disuguaglianze, da chi negli ultimi anni ha voluto fare la guerra ai poveri come se questi fossero la peste da scacciare via.
Grazie alla nostra petizione, di cui chiederemo conto al Governo e alle istituzioni, stiamo ricevendo moltissime storie dai nostri lettori. Sono esperienze intime di chi ha dovuto chiudere l’attività o è in procinto di farlo, di chi sta rinunciando a qualcosa per via di una bolletta troppo alta. Vi prego, continuate a scriverci.
Lo Stato può intervenire. Lo Stato deve intervenire. E noi continueremo a farci portatori di questa giusta battaglia. Non è solo un giornale che lo chiede, ma 90mila cittadini.