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Gli Stati Uniti non hanno ancora fatto i conti con il razzismo (di A. Stille)

Immagine di copertina
Credit: EPA/JUSTIN LANE

Il più grande romanziere del sud degli Stati Uniti, William Faulkner, ha scritto che «il passato non è morto, e non è nemmeno passato». Negli ultimi anni molti americani sono diventati più consapevoli di quanto il loro Paese non sia riuscito a fare i conti con il suo passato.

Gli appelli di Donald Trump all’animosità xenofoba, insieme a una serie di crimini di matrice razzista come l’uccisione di George Floyd, hanno chiarito quanto sia radicato il razzismo nella nostra società. Molti di noi sono cresciuti con l’idea che la nostra democrazia fosse sana, ma non avevamo fatto i conti con il livello di permeazione nella nostra società della schiavitù, e del sistema di discriminazione che l’ha sostituita. Il movimento Black Lives Matter ha imposto una sorta di resa dei conti grazie a cui abbiamo iniziato a riesaminare la nostra storia e il modo in cui l’abbiamo rappresentata.

Perché molte basi dell’esercito prendono il nome da generali della Confederazione che hanno tradito il loro Paese? Perché negli Stati del Sud ci sono monumenti pubblici dedicati a persone che hanno difeso la schiavitù? La resa dei conti si è estesa al Nord del Paese, che pure ama considerarsi relativamente estraneo a quegli orrori. Ad esempio, molte delle istituzioni più importanti – come le università – sono state fonda- te da schiavisti o utilizzando denaro generato dal mercato degli schiavi.

l New York Times ha dedicato un intero numero della sua rivista Sunday a una lettura radicalmente diversa della storia, ponendo la vera fondazione degli Usa non nel 1776 – quando le colonie pubblicarono la Dichiarazione di Indipendenza – ma nel 1619, quando i primi schiavi africani arrivarono in Virginia: secondo questa tesi, la volontà di mantenere la schiavitù fu una delle ragioni principali alla base dell’indipendenza dalla Gran Bretagna.

La maggior parte degli storici contesta questa interpretazione sottolineando che molti dei padri fondatori erano abolizionisti e che la Gran Bretagna all’epoca era ancora lontana dall’abbracciare il movimento anti-schiavista. In ogni caso, molte scuole americane in questi anni hanno assegna- to alla schiavitù una parte più centrale del loro insegnamento, senza dubbio con alcuni eccessi.

Il Partito Repubblicano ha scelto di utilizzare questo tema come arma politica, insistendo sul fatto che l’insegnamento della razza è di per sé razzista perché fa sentire i bambini bianchi in colpa per il solo fatto di essere bianchi. Molti Stati repubblicani stanno ponendo limiti all’insegnamento della schiavitù vietando – come in Tennessee – lezioni che provocano «colpa, angoscia o altra forma di disagio psicologico a causa della razza o del sesso». Sarebbe un peccato se la ricerca di una verità più completa finisse in censura.
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