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Stati Uniti, le divisioni interne dei democratici rischiano di travolgere Biden (di A. Stille)

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Credit: Ansa foto

Sul quarto numero di The Post Internazionale, l'opinione di Alexander Stille sulle crisi interne ai dem che il presidente americano Joe Biden deve affrontare dopo il ritiro mal pianificato dall'Afghanistan

Nel suo bellissimo poema apocalittico La Seconda Venuta W. B. Yeats scrive: “I migliori sono incerti, mentre i peggiori sono pieni di furia passionale”. Mi ritrovo a pensare a questo quando contemplo la scena politica americana. L’amministrazione Biden sta cercando di superare la sua seconda grande crisi in due mesi, mentre Donald Trump torna in pista spacciando bugie e odio davanti a folle entusiaste, consolidando la sua presa sul Partito Repubblicano.

Sembra una verità indiscutibile che, almeno negli Stati Uniti, i conservatori restino uniti e compatti nella crisi mentre l’istinto naturale del centrosinistra sia quello di formare un plotone d’esecuzione circolare. I problemi di Joe Biden sono iniziati con il ritiro mal pianificato dall’Afghanistan. Il problema non era
il ritiro in sé: è difficile giustificare un’occupazione americana indefinita e inoltre, per prolungare la missione, Biden avrebbe dovuto stracciare il trattato di pace che Trump aveva negoziato con i talebani, riaccendendo il conflitto e impegnando più truppe (il ché avrebbe solo prodotto più vittime civili).

Eppure si vorrebbe che la gente attorno a Biden leggesse più Machiavelli e meno Pace perpetua di Immanuel Kant. Machiavelli avrebbe consigliato all’amministrazione Usa di aspettare anche solo due o tre mesi, concedendosi il tempo per approvare importanti leggi interne al Congresso e utilizzando il tempo extra per coordinare un ritiro più ordinato e dignitoso.

Invece Biden ora affronta una seconda crisi: le divisioni all’interno del suo stesso partito sulla sua agenda interna, ovvero una grande legge sulle infrastrutture e una legge ambiziosa e costosa che amplierebbe notevolmente la rete di sicurezza del welfare americano. Entrambe le misure sono estremamente popolari tra gli elettori, ma progressisti e moderati nel Partito Democratico sono profondamente divisi e non disposti a scendere a compromessi. Biden sta cercando
di mediare ma, indebolito dal caotico ritiro dall’Afghanistan e dal calo degli indici di gradimento, fatica a mediare.

La posta in gioco non potrebbe essere più alta: se l’agenda legislativa di Biden fallisce al Congresso a causa di litigi interni al partito, è probabile che
gli elettori puniscano i democratici alle urne nelle elezioni di medio termine del 2022. E se i repubblicani riconquisteranno Camera e Senato, Biden
potrà fare poco o nulla: il ché complicherà molto le elezioni presidenziali del 2024 per i democratici. Come ha scritto l’altro giorno Aaron David Miller, un ex diplomatico americano: “Raramente ho visto un partito innamorato del suicidio politico più di questo gruppo di democratici”.
Continua a leggere sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui.

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