Slowbalization (di G. Gambino)
Dopo due anni di pandemia, proprio quando tutto sembrava tornare alla normalità, ci troviamo di fronte a un altro fenomeno epocale, per la portata delle conseguenze geopolitiche e delle implicazioni economiche che produrrà a livello globale.
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha messo in discussione il sistema che ha sostenuto l’ordine mondiale nell’ultimo mezzo secolo, minandone gli equilibri sotto ogni punto di vista.
Il Cancelliere tedesco Olaf Scholz ha parlato di «Zeitenwende» (momento spartiacque), il premier britannico Boris Johnson ha definito questa «l’età dell’intimidazione».
Con ogni probabilità, stiamo assistendo a una svolta della storia. E a un possibile cambiamento dell’ordine mondiale. Questo potrebbe anche essere l’inizio di una nuova fase della globalizzazione, che non svanirà del tutto ma, forse, dovrà essere riconsiderata.
Alcuni importanti segnali indicano la strada. Partite dalle armi: la repentina corsa agli armamenti, scaturita dall’onda emotiva dell’invasione ucraina, ci dice che l’età della pace potrebbe non durare a lungo, fosse anche solo per conflitti lampo o schermaglie militari. Quale che sia l’intento dell’aumento improvviso della spesa militare, difficilmente quest’ultima porterà a un risultato nell’immediato, forse tra quindici anni, non certo ora, non per questa guerra.
Il Covid ci ha insegnato che un mondo a tripla velocità non è sostenibile: le promesse fatte sulla sanità, affinché si evitasse in futuro ciò che abbiamo pagato, sono state quasi completamente tradite. E lo stesso vale per la crisi energetica: la dipendenza dal gas russo dovrebbe traghettarci alla svelta verso una svolta green e invece si va nella direzione opposta, re-investendo sui fossili, sul carbone e non sull’energia sostenibile che ridurrebbe la nostra vulnerabilità.
La filiera del commercio mondiale si restringe, i trasporti si riducono, le frontiere si chiudono. Quello a cui andiamo incontro sembrerebbe essere un mondo meno aperto e più isolato. Nazioni meno dipendenti fra loro e alla ricerca di maggiore autonomia. Diffidenza e paura faranno il resto, portando a un’inversione a U dalla quasi totale apertura globale degli ultimi anni.
Dovremo dunque rinunciare a fare affari con chi non condivide i nostri valori, limitando il libero scambio con i regimi autoritari? Non è auspicabile. Ma, nel caso, sarebbe opportuno che i nostri governanti rivedessero l’etica della liberal-democrazia prima di voler insegnare agli altri come si fa a governare il mondo.
Nonostante tutto, i russi alle prese con le sanzioni più dure di sempre non sono messi meglio. Che “Zio Vanja” abbia successo o meno, è difficile che Mosca possa ricreare un intero sistema economico-giuridico-
Non solo. Anche la Cina è in apprensione per almeno due ragioni. La prima: non ci sono, per Pechino, motivi importanti a tal punto da giustificare che Xi Jinping continui a flirtare a lungo con Putin il bullo. L’«operazione speciale» lanciata dallo zar per occupare l’Ucraina in appena 2 giorni è ora giunta al suo 30esimo giorno (!). La figura del leader russo sul palcoscenico internazionale complica il fidanzamento con Xi. La seconda: anche Pechino «guarderà all’Ucraina e imparerà molto bene la lezione», per citare le parole dell’Ambasciatore di Israele a Roma in riferimento all’Iran. Se e quando Xi dovesse decidere di fare con Taiwan ciò che Putin ha deciso di fare con Kiev, il ben servito di Europa e Stati Uniti sarebbe quello che oggi sta passando Mosca. E in quel caso sarebbero guai davvero perché l’economia cinese è ben più grande di quella russa.
Quanto accade in queste settimane ha a che fare solo in parte con l’Ucraina, Taiwan, o qualsiasi altro Paese sovrano aggredito dall’invasore di turno. In ballo c’è la sfida per il nuovo ordine mondiale e per guidare la nuova globalizzazione. «There’s going to be a new world order out there, and we’ve got to lead it. And we’ve got to unite the rest of the free world in doing it», ha detto Joe Biden. Eccolo, l’inizio del nuovo mondo.
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