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Salvini si può battere anche fuori dall’Emilia-Romagna, ma non basteranno le Sardine

Immagine di copertina
Il leader della Lega Matteo Salvini. Credit: Facebook

La sconfitta di Matteo Salvini in Emilia-Romagna e il futuro delle Sardine

La sconfitta di Matteo Salvini in Emilia-Romagna ha ridato fiato a una legislatura che nelle ore precedenti al voto ha traballato non poco. Le facce dei parlamentari che sono tornati ad affollare il Transatlantico appaiono distese e sorridenti, soprattutto quelle degli esponenti del Movimento 5 Stelle: un paradosso, visti i numeri da estinzione del partito della Casaleggio Associati in questa tornata elettorale.

Sì, perché al di là delle tante dichiarazioni della vigilia, un’eventuale sconfitta di Stefano Bonaccini nella regione rossa per eccellenza avrebbe probabilmente riportato gli italiani alle urne in primavera con la vecchia legge elettorale e senza taglio dei parlamentari, un campo di gioco che avrebbe permesso al leader della Lega di assicurare “asilo politico” nelle future liste a quei senatori che gli avrebbero offerto la testa del governo giallorosso, con un po’ di patate al forno, su un piatto d’argento.

La vittoria tonda del governatore dell’Emilia-Romagna assume un significato simbolico che va ben oltre i confini della sua regione: oggi sappiamo che i cosiddetti ‘sovranisti’ possono essere sconfitti e persino “la Bestia” può essere ammaestrata in quella giungla senza regole che sono social network. Tuttavia, sarebbe un errore mortale da parte del Partito Democratico e delle altre forze del centrosinistra sedersi sugli allori e non mettere ordine nella risposta spontanea e disordinata di quella parte di popolo che domenica ha fermato l’avanzata dell’estrema destra.

Salvini ha perso principalmente perché si è fatto accecare dal suo ego smisurato, come un Renzi qualsiasi, personalizzando la sfida e trasformando un voto locale nella madre di tutte le battaglie. È stato lui a creare le Sardine. La scelta di opporre una candidata inconsistente e facile da oscurare in campagna elettorale al governatore della regione più efficiente del Paese si è rivelata un’idiozia politica, così come quella di giocarsela sui temi nazionali e non su questioni locali, condendo il tutto con il solito tour enogastronomico che ha infastidito e non poco chi passa le giornate a produrre ricchezza e non ha tempo di baciare insaccati appesi.

La solita strategia di comunicazione aggressiva del capo della Lega, fatta di citofonate xenofobe e continuo sciacallaggio sui fatti di Bibbiano, ha scatenato due reazioni evidenti: una è stata quella del movimento delle Sardine; l’altra, meno pirotecnica ma altrettanto spontanea, si legge chiaramente nei movimenti del corpo elettorale. Bonaccini ha preso più voti dei partiti che lo hanno sostenuto, la sua sfidante, al contrario, ne ha presi meno. Un voto disgiunto sul presidente uscente è scattato anche tra i residuali elettori del Movimento 5 Stelle, che in Emilia-Romagna sono principalmente i reduci del vaffa-day: sognatori in sandaletto che vogliono un mondo migliore dove ci si possa fare l’aerosol utilizzando i tubi di scarico delle automobili.

Le Sardine sono state indubbiamente la sorpresa, la mossa della gru nel celebre finale di Karate Kid, dove il protagonista, acciaccato e barcollante, manda al tappeto il cattivo di turno con il calcione in faccia che non ti aspetti. Mattia Santori e i suoi compagni, con le loro piazze, sono stati, almeno sulla carta, i principali artefici della sconfitta di Matteo Salvini, il fatto nuovo che ha stravolto i piani della vigilia, sia nel campo del centrodestra che in quello del centrosinistra: ma come tutte le sorprese, funzionano una volta sola (…un paio di volte con Danilo Toninelli). 

I prossimi mesi ci diranno se e come i messaggi arrivati dall’Emilia-Romagna saranno recepiti, soprattutto al secondo piano del Nazareno. La segreteria di Nicola Zingaretti è ora più solida e il suo accorato ringraziamento alle Sardine è stato letto da molti come la saggia discesa dal piedistallo di chi ha capito che in quelle piazze ci sono tanti suoi elettori ed ex elettori delusi che vanno riportati a casa.

Matteo Salvini, uno dei figli dell’onda nera che sta attraversando l’occidente, si può battere; ma per farlo serve una buona politica accompagnata da messaggi chiari e identitari: più Stefano Bonaccini, con il suo buongoverno e la sua barba da hipster, meno litigi ridicoli sul nome del candidato del centrosinistra alle suppletive del collegio Roma 1 della Camera, sarebbe già un buon inizio.

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