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La falsa partenza di Elly Schlein

Immagine di copertina
Credit: Francesco Fotia - AGF

Il leitmotiv di giornali e osservatori politici sembra essere uno: Elly Schlein nel giro di pochi giorni è passata da paladina pronta a guidare la sinistra verso la riscossa a leader in difficoltà, uscita ammaccata dalla tornata di elezioni amministrative e che rischia di dover affrontare, come capitato a tutti i suoi predecessori alla guida del Partito Democratico, qualche regolamento di conti interno.

La verità è che un partito e un’area politica che stanno vivendo un momento difficile in generale, difficilmente possono risolvere i propri problemi nel giro di pochi mesi (Elly Schlein è diventata segretaria del PD alla fine di febbraio), ma è anche vero che alcuni segnali che arrivano dal voto del 14 e del 28 maggio sono un campanello d’allarme che l’intero centrosinistra farebbe bene a non sottovalutare. Così come non va sottovalutato che il lavoro per recuperare quei pezzi di Paese che una volta guardavano a sinistra e nel tempo si sono allontanati è un percorso molto lungo e difficile anche per Elly Schlein, come hanno mostrato alcuni segnali visti già il giorno della sua vittoria nei gazebi che in preda alla sorpresa del momento non hanno forse avuto la giusta risonanza.

L’elezione di Elly Schlein sembrava avere la forza di mischiare le carte e dare un’aria di discontinuità e novità in un partito che sembrava inesorabilmente ingessato: fresca di tessera del PD, ha battuto il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che era arrivato in testa nel voto tra i soli iscritti, e ha costituito una segreteria con molti nomi che fino a poco tempo fa militavano in altre realtà della sinistra italiana. Mentre in tanti storcevano il naso e circolavano battute come “il PD è riuscito a perdere anche le primarie”, altri vedevano questi come i segnali di un necessario cambio di passo e un rinnovato sguardo a quell’elettorato che si sentiva abbandonato da una sinistra sempre più chiusa nel palazzo e lontana da molte esigenze dei cittadini. E i sondaggi sembravano premiare la novità.

Il PD targato Schlein ha infatti iniziato a crescere punto dopo punto, lasciando alle spalle un Movimento Cinque Stelle che fino a poco prima non nascondeva le ambizioni di diventare la principale forza di opposizione ma è rimasto frastornato dalla vittoria a sorpresa della neosegretaria. Tuttavia, questa crescita è avvenuta soprattutto a discapito di altri partiti di opposizione, soprattutto a sinistra del PD: il centrodestra di governo è infatti rimasto in testa in tutte le rilevazioni e Fratelli d’Italia è rimasta saldamente la prima forza politica del Paese, senza che il loro consenso venisse scalfito in maniera rilevante. In poche parole, il PD si è rafforzato ma il centrosinistra no, e l’assenza di dialogo per creare una coalizione ben definita non sembra aver aiutato in questo senso.

Le comunali di maggio, pur non essendo la principale tornata di elezioni amministrative, potevano essere un’importante occasione per Elly Schlein per mettere in mostra i primi passi concreti del suo nuovo PD. Certo, nessuno poteva pretendere una vittoria su tutta la linea a pochi mesi dall’elezione, sicuramente ha ancora tutto il tempo per sviluppare la sua idea di partito e le sue proposte politiche, ma al tempo stesso dire che non avrebbe potuto fare meglio sarebbe troppo indulgente, soprattutto viste le alte aspettative che aleggiano intorno alla sua segreteria.

Per una leadership che ci tiene a riportare a sinistra un PD che sembrava aver perso la bussola, il voto di maggio ha portato con sé un’occasione importante che tuttavia non è stata colta. Pisa e Siena, ad esempio, sono due capoluoghi toscani storicamente di sinistra che cinque anni fa, in piena ascesa salviniana e con un PD guidato dalla debole segreteria transitoria di Maurizio Martina, avevano clamorosamente svoltato a destra. Nonostante questo, Pisa e Siena si sono rivelate due città ancora tendenzialmente di centrosinistra nei voti intermedi degli ultimi anni: persino nel disastro elettorale dello scorso settembre il centrosinistra era riuscito ad avere la meglio nei due comuni. Dare una maggiore importanza alla campagna elettorale in queste due città, provare un lavoro anche comunicativo per cercare di far tornare il centrosinistra alla vittoria poteva rappresentare un piccolo obiettivo simbolico per mostrare alcuni passi verso quell’elettorato che si è perso nel tempo, e che la vittoria del centrodestra in quei due comuni rossi era stata solo una meteora.

Non è stato così. A Pisa il sindaco uscente, il leghista Conti, è stato riconfermato, mentre il centrodestra ha rivinto anche a Siena e si è riconfermato anche a Massa. A Terni, in un’Umbria che non sembra più avere quasi nulla di rosso, il centrosinistra non arriva nemmeno al ballottaggio, mentre ad Ancona per la prima volta si impone il centrodestra.

Elly Schlein si trova dunque a fronteggiare gli stessi problemi dei suoi predecessori che stanno riguardando anche altri partiti della galassia socialdemocratica europea: un elettorato sempre più composto da ceti abbienti in primis nelle grandi città, nonché una distanza sempre più ampia con la provincia, con i centri medio piccoli e soprattutto con quel ceto medio impoverito che non sembra trovare nel PD e nei suoi alleati molte delle risposte che cerca. Un fatto che, come queste amministrative dimostrano, sta portando il centrosinistra a una mutazione nella geografia elettorale che ha già fortemente cambiato il concetto di “regioni rosse” come lo abbiamo conosciuto e rischia di proseguire in questa direzione.

C’era da aspettarselo? Facile parlarne ora, e va comunque sottolineato che per quanto questo voto abbia rappresentato una battuta d’arresto per la segreteria Schlein è ancora presto per avere un quadro più definito della sua iniziativa politica. Andando però a vedere quali sono state le realtà che hanno trascinato la vittoria di Elly Schlein alle primarie dello scorso febbraio contro Stefano Bonaccini, vediamo che i voti sono arrivati in primis da quell’elettorato divenuto suo malgrado uno dei simboli della metamorfosi del centrosinistra, quello delle ZTL delle grandi città, da cui le sono arrivate le percentuali di voto più alte.

I buoni auspici di incoronare Elly Schlein come persona in grado di prendere posizioni radicali e ricucire il rapporto con un popolo che si è progressivamente allontanato dal centrosinistra sono dunque arrivati in parte da un elettorato che è pienamente parte attiva della metamorfosi di quella parte politica e che ha esigenze e aspettative diverse da chi invece se ne è allontanato. E se le posizioni decise di Elly Schlein si sono viste su temi come i diritti civili, diverso invece è il discorso su tasse, pensioni, immigrazione e lavoro, alcuni dei temi più sentiti da quel ceto medio impoverito, da quelle classi meno abbienti che da tempo cercano risposte dalla politica, che in passato hanno votato anche con convinzione a sinistra e oggi guardano altrove.

Se Elly Schlein saprà, nel tempo, dare risposte a quel pezzo di Italia, allora queste amministrative cadranno presto nel dimenticatoio. Diversamente, saranno, nel loro piccolo, una prima avvisaglia di qualcosa che non va, ma soprattutto un’occasione mancata sia per dare un segnale, sia per individuare alcuni nervi scoperti della sinistra di oggi, che in Italia come in Europa ha difficoltà a entrare in sintonia con la provincia e col ceto medio.

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