Icona app
Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Banner abbonamento
Cerca
Ultimo aggiornamento ore 19:28
Immagine autore
Gambino
Immagine autore
Telese
Immagine autore
Mentana
Immagine autore
Revelli
Immagine autore
Stille
Immagine autore
Urbinati
Immagine autore
Dimassi
Immagine autore
Cavalli
Immagine autore
Antonellis
Immagine autore
Serafini
Immagine autore
Bocca
Immagine autore
Sabelli Fioretti
Immagine autore
Guida Bardi
Home » Opinioni

Sanremo 2022, le pagelle della finale del Festival

Immagine di copertina
Credit: Ansa foto

Sanremo 2022, le pagelle della serata finale del Festival

SANREMO 2022 PAGELLE – Si chiude un’edizione super. La terza guidata da Amadeus è probabilmente la migliore, la più matura e risolta. Belle canzoni, ritmi serrati, la musica davvero al centro. Ospiti azzeccati e alcune co-coduttrici che hanno dato un valore aggiunto, su tutte Drusilla Foer. Il Festival della liberazione. Trionfano, come da pronostico, Mahmood e Blanco, seconda Elisa, terzo Gianni Morandi. Il pagellone finale.

Amadeus 10 – L’unico 10 di queste pagelle va a lui. Ha confezionato uno dei Festival migliori da diversi anni a questa parte, e non solo per gli ascolti record. Il Sanremo della rinascita, della voglia di ripartire, del pubblico che torna all’Ariston. Un grande cast musicale, che spazia per età e generi. Si mette in gioco, fa un passo di lato quando necessario, è un’ottima spalla comica con Fiorello e Zalone. Mette a proprio agio gli ospiti e dà ritmo alla conduzione. La sua definitiva consacrazione. Perfetto padrone di casa, anche senza la colonna di Fiorello per quattro sere su cinque. Ora l’Ama Quater appare quasi solo una formalità.

Sabrina Ferilli 8 – Il ciclone Ferilli si abbatte sull’Ariston. Ironica, sensuale, verace. Un’attrice che non ha bisogno di presentazioni. Deliziosa quando fa la “romanaccia”, alterna cazzeggio a messaggi impegnati “de sinistra”. Conquista tutti con il suo non-monologo. Tramite il quale lancia anche qualche frecciatina. Non finge di essere quella che non è: “Sono qui per la mia storia. Perché la leggerezza non è superficialità”.

Marco Mengoni 8 – Torna sul palco dove nove anni fa trionfava con “L’essenziale”, ancora oggi un pezzone, o un pezzaccio, come dicono quelli bravi che capiscono di musica. Forte la condanna degli haters e dell’odio sui social con il bravo Filippo Scotti, astro nascente del cinema italiano. Poi quando inizia a cantare non ce n’è per nessuno. Altro livello.

Matteo Romano 7 – Quando passi direttamente da TikTok al palco dell’Ariston, il rischio di bruciarti o risultare inadeguato è molto alto. Questo ragazzo di 19 anni invece ha fatto bella figura e ha dimostrato di avere talento, oltre ad un brano orecchiabile e ben scritto. Il migliore dei tre cantanti usciti da Sanremo Giovani, come conferma la classifica finale. Ora dovrà essere tutelato e protetto, per non perdersi. Un cucciolino dal viso tenero, può fare strada.

Giusy Ferreri 5,5 – Delle sue esibizioni è rimasto soprattutto il meme con il megafono, che ormai domina su qualsiasi social, molto più delle foto dei gattini. Solo per questo va ringraziata. Ci mancherà questo momento. La canzone invece no, nonostante i tanti ascolti, non rimane in testa. Sotto le aspettative. Così come la sua performance, che a tratti appare scocciata e innervosita.

Rkomi 7 – Canzone migliorata con il passare degli ascolti. Vocalmente non sarà impeccabile (per usare un eufemismo), ma conosce bene il mercato discografico e come fare per dominarlo. “Sono un cantante atipico e non becco tutte le note”, ammette con onestà. Nella serata delle Cover si è presentato a petto nudo, questa sera vestito di tutto punto. Le gentili signore che ci stanno leggendo non avranno gradito.

Iva Zanicchi 6 – 82 anni e non sentirli, che grinta! La sua voce è patrimonio dell’umanità. Una delle più belle della storia della musica italiana, insieme a Mina e poche altre. Del brano, beh, non si può dire Ok il pezzo è giusto. La canzone sa di naftalina, come se fosse uscita da un Sanremo di qualche decennio fa. Ma d’altronde ci saremmo meravigliati a sentire Iva alle prese con la trap. Ha una carica e tecnica vocale da far impallidire tanti suoi giovani colleghi.

Aka7even 6 – Qualche stecca qua e là, ma ci mette tanta grinta e spinge forte. L’incoscienza della prima volta a Sanremo. Dimostra talento e di essere un ottimo performer. Uno dei tanti giovani di belle speranze lanciati da Amici. È cresciuto serata dopo serata. Squisitamente pop. Il testo non brilla.

Massimo Ranieri 7 – L’aura e la classe di Massimo Ranieri. E la canzone è molto bella pur nella sua classicità. Poetica e teatrale. Mare e migranti. Magari non subito d’impatto, si apprezza con il passare degli ascolti. Poteva limitarsi a fare il super ospite, invece ha deciso di mettersi in gioco. Dopo una prima esibizione con qualche problema, ha spiccato il volo. Dimostrando di essere ancora un numero uno. Meritata standing ovation dell’Ariston. Premio della critica.

Noemi 7 – Bella, sensuale, bravissima. Partita in questo Festival un po’ in sordina, con il passare delle serate ha preso confidenza con questo brano scritto da Mahmood. E anche noi abbiamo imparato ad apprezzarlo. Impeccabile l’esecuzione nella finale. La sua voce. I suoi occhi. I suoi abiti. Per dirla alla Bruno Pizzul, tutto molto bello.

Fabrizio Moro 6 – La sensazione di già sentito non se ne va nemmeno all’ennesimo ascolto. Moro che fa la cover di Moro. E anche un po’ della Mannoia. I suoi testi sono sempre molto densi – vince il premio Bardotti – e lui canta con il cuore. Una ballad un po’ retorica, scritta per la colonna sonora del suo primo film da regista, in uscita il 7 febbraio. Magari quel giorno avrò pilates (che non so esattamente cosa sia).

Dargen D’Amico 8,5 – La canzone spacca, la sappiamo tutti a memoria ormai. Cassa dritta e quell’irrefrenabile voglia di ballare. Con un pensiero per un settore fermo da due anni. Lui è un personaggio, ironico e brillante. Per il grande pubblico una bella scoperta. Siamo sicuri che ce la porteremo fino a quest’estate, Ana Mena e i Boomdabash permettendo.

Elisa 8 – Una meraviglia da ascoltare, lei e il suo brano. Eterea, dolce e superba. Come si dice in questi casi, potrebbe cantare anche l’elenco telefonico. Divina, sempre di bianco vestita. A prescindere dalla classifica (un grandissimo secondo posto), una delle sue canzoni più belle. E ne ha parecchie. Un classico, di quelli che non passano facilmente di moda e che potremo ascoltare anche fra 20 anni, al Festival di Sanremo 2042, che ovviamente sarà sempre condotto da Amadeus. Dirige l’orchestra il maestro Beppe Vessicchio.

Irama 7,5 – Una canzone che esce dal seminato del suo solito repertorio e conquista. Un pugno nello stomaco, dedicato a chi non c’è più. L’anno scorso era stato costretto dal Covid a seguire il Festival da una camera d’hotel, ora si prende la sua rivincita. Da denuncia chi si occupa del suo look: pensavamo di aver visto il peggio con il centrino all’uncinetto come maglietta, ci sbagliavamo. In finale si presenta pieno di catene come uno pneumatico in partenza per Roccaraso. O se preferite come Ponte Milvio ai tempi di Moccia. Chi gli vuole bene intervenga. Chiude ai piedi del podio.

Michele Bravi 6,5 – La canzone ha un che di prevedibile e di certo questo talentuoso e sensibile ragazzo meriterebbe di meglio. L’aria sempre malinconica e sofferente, il viso pallido. Bravi è ormai diventato quel cantante che ascolti quando hai voglia di piangere. Un po’ di leggerezza e qualche sorriso in più non guasterebbero. E poi non gli ho ancora perdonato come ha torturato Battisti nella sua cover.

La rappresentante di lista 8,5 – Tormentone. Caciara con stile. Leggerezza e intelligenza. Sin dal primo ascolto “Ciao ciao” è entrata in testa e non ha nessuna voglia di uscire. Ci fanno ballare cantando la fine del mondo. Provocatori e ironici, sono credibili e non appaiono ruffiani nonostante le evidenti esagerazioni delle loro performance, a cominciare dagli abiti.

Emma 6 – La sua grinta e la sua voce colmano i limiti strutturali di una canzone discreta, ma non la migliore del suo repertorio. I grandi artisti riescono proprio in questo: una forza interpretativa fuori dal comune, sa come prendersi il palcoscenico. Il brano resta nel solco del mainstream, senza lasciare troppo il segno. Bella l’accoppiata con l’amica Francesca Michielin. Donne al potere.

Mahmood e Blanco 9 – Vincitori annunciati sin dalla vigilia della Festival, non hanno deluso le aspettative. Le loro voci, come si guardano, la perfetta armonia. Brano bellissimo e per niente facile da cantare. Hanno battuto record su record su Spotify. La sentiremo ovunque per settimane. “Ti vorrei amare ma sbaglio sempre”, quando cazzarola è vero. Per Mahmood due partecipazioni al Festival e due vittorie. Blanco a 18 anni è già una certezza, presenza scenica e carisma. Bravi, bravi, bravi. Li rivedremo all’Eurovision.

Highsnob e Hu 6 – I Coma_Cose senza Cose. Questa era cattiva, è vero. Il brano cresce parecchio con gli ascolti, ma il duo non sembra ben amalgamato. Un bel testo, forse sottovalutati in quanto poco noti al grande pubblico.

Sangiovanni 7 – Dimostra sicurezza, centrato come non lo abbiamo visto nelle precedenti serate. Una canzone leggera e pop che si rivolge al pubblico dei più giovani, tra i quali Sangiovanni è una specie di santone. Con il passare degli ascolti ha acquisito forza e dignità. E poi da rossonero ho adorato quando ha messo la sciarpa del Milan intorno al collo di Amadeus. Stava per sentirsi male. Doppietta di Giroud.

Gianni Morandi 8 – Vincitore morale di questo Festival. Un Gianni Morandi in stato di grazia. Canta, balla, corre, si diverte, ci crede tantissimo. E se lo merita, dopo i mesi difficili che ha passato. Si spende tantissimo, coinvolgente e umile, l’energia di un ragazzino. 60 anni di carriera e la voglia di rimettersi in gioco. Gianni, dacci il tuo segreto. Un bel brano dagli echi vintage e le caratteristiche del tormentone. Base allegra e orecchiabile che nasconde un testo profondo e malinconico: “A forza di credere che il male passerà, sto passando io e lui resta”. L’Ariston lo acclama. Medaglia di bronzo.

Ditonellapiaga e Donatella Rettore 6,5 – Alla categoria tormentoni di questo Sanremo si iscrive certamente “Chimica”. Sonorità anni ’80 e un ritornello martellante che funziona. Tra le due artiste però quella chimica necessaria sembra non essere mai scattata, e sul palco si vede. Rettore è un mito almeno dai tempi di “Cobra”, la sua più giovane collega una bella scoperta. Si è giocata al meglio questa chance.

Yuman 6 – La battuta più bella gliela fa la grande Sabrina Ferilli: “Visto che è tardi sei già in pigiama”. La sua voce è interessante e ha chiuso la sua esperienza festivaliera in crescendo. Dovrebbe svecchiarsi un po’, ma la  canzone non è niente male. Sottovalutato. Merita di non finire nel dimenticatoio.

Achille Lauro 5,5 – Questo brano mi sembra di averlo già sentito… ah si è uguale a Rolls Royce, anche se una versione più sgasata. Dopo aver stupito negli scorsi anni con i suoi “quadri”, con i quali ogni volta cercava di alzare l’asticella, quest’anno decide di lavorare per sottrazione. Polemiche per l’auto-battesimo della prima serata, poi rientra nei ranghi e non graffia. Canzone che funziona in radio ma troppo nella sua comfort zone.

Ballo ballo 9 – Doveroso e commovente l’omaggio a Raffaella Carrà. Una perdita enorme di cui ancora non mi capacito. Mai più nessuno come lei. Ma per fortuna ci resta la sua arte come patrimonio indelebile. Tutti etero finché non parte la Carrà.

Ana Mena e Tananai 3 – Ho già inferito abbastanza su entrambi, chiudono agli ultimi due posti. Non adatti a calcare il sacro palco dell’Ariston. Però se sommi i loro voti, 3 e 3, arrivi alla sufficienza. Chi l’avrebbe mai detto fino a qualche mese fa che avrei rimpianto “Sesso ibuprofene” di Aiello. Ve lo ricordate quello che l’anno scorso urlava: “Dovevi portarci me!!”? Ecco. Tuttavia il sosia giovane di Rocco Casalino, nonostante un Sanremo pessimo, ha sotto sotto un qualcosa di interessante. Potremmo sentirne parlare ancora.

Giovanni Truppi 7,5 – La quota cantautorale di questo Festival. Canta bene, specie nella finale. Un brano non facile da apprezzare, se non ci si sofferma un attimo a capire il testo, poetico. Dopodiché emerge nella sua delicatezza. La canottiera d’ordinanza è già cult. Immagino il suo armadio con decine di canotte di tutti i colori.

Le vibrazioni 6 – Sarcina prova a spingere sull’acceleratore, ma il brano scivola via senza lasciare grandi tracce. Hanno cantato di meglio. Ritenta, sarai più fortunato.

QUI TUTTE LE NOTIZIE SUL FESTIVAL DI SANREMO
Ti potrebbe interessare
Opinioni / “L’astensionismo aiuta il potere ma noi, oggi, non abbiamo alternativa”: lettera a TPI
Opinioni / Metamorfosi di atteggiamenti e posture politiche: la “nostra” destra non si smentisce mai
Opinioni / Come il “campo largo” ha strappato l’Umbria al centrodestra
Ti potrebbe interessare
Opinioni / “L’astensionismo aiuta il potere ma noi, oggi, non abbiamo alternativa”: lettera a TPI
Opinioni / Metamorfosi di atteggiamenti e posture politiche: la “nostra” destra non si smentisce mai
Opinioni / Come il “campo largo” ha strappato l’Umbria al centrodestra
Opinioni / L’alternativa all’oligarchia illiberale non è la paura ma la speranza
Opinioni / Astensionismo record anche in Umbria ed Emilia-Romagna: così la democrazia diventa oligarchia
Esteri / Il trumpismo è un filo rosso che unisce “bifolchi” e miliardari
Esteri / Nemmeno a Trump conviene opporsi alla green economy
Opinioni / L'Europa ai tempi di Trump
Opinioni / Ma nella patria del bipartitismo non c’è spazio per i terzi incomodi (di S. Mentana)
Esteri / In Europa può rinascere dal basso un nuovo umanesimo contro la barbarie delle élites (di E. Basile)